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PITTI EDIZIONE 86
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La trasparenza nel tessile è l’unica strada futura per ogni concetto di moda

Pitti Filati: il direttore Poletto e tre aziende espositrici raccontano i paradigmi sperimentazione, ricerca, riciclo – e trasparenza

Pitti Filati, l’edizione numero 88

«Giuliano Coppini – fondatore di Linea Più – mi raccontò di un gruppo di americani che si erano innamorati di un filato vaporoso. Fecero la campionatura e lo mandarono a lavorare ad aziende con cui collaboravano. Una volta tornato rimasero sorpresi: non aveva più le caratteristiche che li avevano colpiti, era un altro filato». Per Agostino Poletto, direttore generale di Pitti Immagine, questo episodio svela gran parte di quello che c’è da sapere sui filati. «Non stiamo parlando di materia prima, né di un pezzo di stoffa. Il filato è un pezzo di creatività, un semilavorato già vivo di per sé. Dietro c’è l’impegno di chi lo ha lavorato». Quarant’anni di storia, Pitti Filati è all’edizione numero 88. Causa pandemia è forzato ad andare in scena online, sulla piattaforma Pitti Connect. Un tema trasversale attraversa le presentazioni delle circa 50 filature e aziende ospiti. «Lavorando a contatto diretto con la filiera, un campo di ricerca che nel tempo è stato preso, riconsiderato e rielaborato è quello del filato naturale», racconta Poletto. Elena Salvaneschi, proprietaria insieme al fratello di IAFIL – Industria Ambrosiana Filati, è tra i nomi italiani di Pitti Filati 88. Cotoniera dalla nascita nel 1890, l’azienda milanese negli anni ha ampliato la lista di fibre con cui creare i filati: alpaca peruviano, lino, cashmere. «In questa collezione presentata a Pitti abbiamo riscoperto la canapa. La filavamo dal 1950. Pur lavorando in ambito industriale, riscontriamo attenzione a quello che possiamo chiamare ‘artigianato evoluto’. Di recente abbiamo provato a realizzare fibre con proteine del latte oppure con le arance. In entrambi i casi i risultati sono al momento meno interessanti di quello che sta succedendo con la canapa, perché non siamo riusciti ad arrivare al quantitativo di prodotto standardizzato che ci è richiesto, essendo affiliati a Confindustria. Avremmo anche voluto filare coi cascami delle reti da pesca, ma si presenta lo stesso problema», dice Salvaneschi. 

IAFIL per una filiera cotoniera nazionale

Provare, mischiare, testare: ricerca non significa solo indagare su nuovi filati, ma anche modificare i paradigmi di lavorazione tradizionali di fibre conosciute. «Per questa collezione – continua Salvaneschi – abbiamo creato sette fibre che al cotone naturale uniscono filato in argento. È igienizzante, aumenta la resistenza a virus e batteri». IAFIL sta provando a ripristinare una filiera cotoniera nazionale, dalle fasi di coltura della pianta alla nobilitazione del filato. «Fino agli anni Cinquanta il cotone era lavorato in Puglia. Il clima è favorevole. Stiamo facendo una prima prova. Alcuni imprenditori hanno deciso di riprendere in mano questa tradizione e abbiamo iniziato a collaborare con loro. Al momento è in corso la fase di validazione del primo raccolto». 

Filpucci, azienda fiorentina di maglieria

Come sottolinea Federico Gualtieri, presidente di Filpucci, azienda fiorentina di maglieria d’alta gamma e aguglieria, ‘nuovo’ è anche far nascere una filiera italiana di fibre culturalmente appartenenti ad altri Paesi: «È successo con il filone di lana nostrana, simile a quella shetland inglese, oppure con la lana italiana più rustica rispetto a quella merinos, e ancora con la comparsa degli allevamenti di alpaca sul territorio nazionale. La sensibilità del pubblico è aumentata non solo in ottica organica ma anche sociale, guardando all’impronta ambientale della produzione. Anche chi fila sintetico ormai sta realizzando sempre più fibre riciclate». Gualtieri riflette su come l’impatto del riciclo ha cambiato alcuni comparti dell’industria tessile. In riferimento al cashmere, «la produzione. un tempo era relegato al mercato di lusso, poi si è ampliata la platea dei consumatori che mal sopportano il consumismo. Filpucci ha creato la prima maglia in cashmere riciclato nel 2008 quando il mercato era limitato. Oggi forniamo Patagonia, All Saints, Pangaia, Everlane».

Cancellata la possibilità di toccare con mano i filati e di raccontare vis à vis la loro origine e provenienza, si è dovuto rimodulare il modo con cui farlo, spiega Poletto: «Abbiamo cercato di dare la possibilità alle aziende con la piattaforma digitale di raccontare passo per passo il percorso dei loro filati, di far entrare l’acquirente nel loro retrobottega». Per Gualtieri «Quando si parla di filati, il primo pensiero va all’origine della fibra. Ci sforziamo di fornire garanzia della tracciabilità dalla fibra al filato, cercando di lavorare con fornitori che presentino certificazioni riconosciute a livello internazionale, come la RWS- Responsible Wool Standard nel caso della lana o la FSC- Forest Stewardship Council nel caso della viscosa». In alternativa, qualora non risulti possibile, «Lavoriamo con venditori che presentano un’autocertificazione», precisa Gualtieri.

Filmar, la lavorazione dei filati

Michelle Marzoli, marketing manager di Filmar, spiega che «Acquistiamo la fibra e non il filato. Lavoriamo cotone egiziano, e la nostra sede industriale è in Egitto: sappiamo da dove viene la materia prima. I filati FILMAR contribuiscono allo sviluppo dell’iniziativa Cotton For Life. Controlliamo che la retribuzione dei lavoratori sia adeguata alle ore di lavoro e che questi siano formati per conoscere rotazione delle colture e pericoli delle contaminazioni da sostanze chimiche. Ci prendiamo carico della formazione dei lavoratori. Anche questo è controllo della filiera». Le informazioni vanno portate a conoscenza dell’acquirente. 

La blockchain da sola, secondo Piera Francesca Solinas, Corporate Social Responsability Manager FILMAR, non basta: «Il supporto digitale della blockchain facilita la tracciabilità di un prodotto. Per essere efficace deve andare di pari passo con la trasparenza. Non si tratta solo di certificare i passaggi geografici di un percorso, bisogna avvalorare anche quello che è affermato nella blockchain stessa. FILMAR collabora con UNECE – Unite Nations Economic Commission For Europe – a un progetto finanziato dall’Unione Europea per far sì che la filiera sia effettivamente tracciata. Inseriamo in spazi condivisibili con clienti e stakeholder tutte le informazioni sulla vita di un prodotto, accompagnandole alla relativa documentazione: da dove viene la fibra? Come è coltivata? Quale il rispetto dei diritti sociali dei lavoratori coinvolti?». 

Pitti Immagine Filati 88

Presenta le collezioni per la primavera-estate 2022 di alcune tra le più importanti realtà nel mondo dei filati italiane e internazionali. La prima edizione data ormai 1977, tradizionalmente si svolge a Firenze. Quest’anno si svolge in digitale sulla piattaforma Pitti Connect, dove possono incontrarsi compratori e fornitori. 

Giacomo Cadeddu

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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