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Carbon neutral e carbon negative: Giappone e Italia insieme

Materie prime naturali, carta riciclata ottenuta da bioscarti per le etichette, vetro riciclato per i flaconi: la cosmesi di WA:IT, in dialogo con la fondatrice Raffaella Grisa

Carbon neutral e carbon negative

Un’azienda carbon negative rimuove più anidride carbonica dall’atmosfera di quanta ne emette. Nel dicembre 2019, durante la conferenza ONU sui cambiamenti climatici, circa cinquecento aziende europee si sono impegnate a raggiungere zero emissioni nette entro il 2050. Su cinquecento aziende, venti sono italiane. ‘Italy for Climate’, iniziativa della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, ha pubblicato un progetto che prevede un taglio di almeno il cinquanta percento delle emissioni nazionali di gas serra al netto degli assorbimenti entro il 2030 e un azzeramento entro il 2050. Il progetto mira a intervenire sulla transizione energetica; l’economia circolare; la decarbonizzazione dei trasporti e la gestione forestale e dei suoli. «Un anno fa ho partecipato a un webinar di un’università statunitense sui materiali sostenibili – racconta Raffaella Grisa, fondatrice di WA:IT, azienda carbon negative di Torino che produce fragranze e prodotti per la cura del corpo. «Al termine della conferenza, una docente mi ha chiesto di aderire a un progetto pilota che avrebbe coinvolto studenti universitari con lo scopo di valutare il grado di sostenibilità di vari brand». Voiz Reviews è una piattaforma che coinvolge migliaia di studenti universitari nel rating di prodotti provenienti da tutto il mondo. «Tutti i prodotti WA:IT hanno ottenuto una valutazione di 2.67 su tre»

Il rating di ‘Voiz Reviews’ è stato il punto di partenza per un’altra ricerca. «Dopo questo studio mi ha contattata l’Università Cornell, che stava mettendo a punto un carbon calculator per calcolare l’impronta di carbonio». Lo studio dell’Università Cornell ha diviso in tre ambiti i dati forniti. «Nel primo sono state inserite le emissioni dirette necessarie per la produzione, nel secondo le emissioni come l’energia elettrica, nel terzo quelle indirette, come il recupero delle materie prime e le spedizioni di prodotti». Dalle analisi svolte è risultato che, su un’impronta di carbonio di 143 tonnellate metriche, WA:IT compensa 145 tonnellate metriche, risultando sia carbon neutral che carbon negative. 

Stoccaggio del carbonio nel suolo

L’Università Cornell collabora a sua volta con Soil Value Exchange, un ente no-profit statunitense (con sede a Houston, Texas, ndr.) che ha messo a punto un sistema di agricoltura rigenerativa. «Soil Value Exchange, di cui WA:IT è partner, offre ad aziende e singoli individui l’opportunità di diventare carbon neutral o carbon negative immagazzinando il carbonio nei terreni di aziende agricole e allevamenti. Questa pratica dura millenni e rende la terra più produttiva». I campi sono sparsi in tutti gli Stati Uniti, ma le aree con maggiore potenziale di stoccaggio del carbonio nel suolo sono quelle con più precipitazioni. Tra gli altri fattori che influenzano lo stoccaggio del carbonio ci sono il tipo di suolo, il microclima e i metodi di gestione del suolo applicati.  Le procedure utilizzate per le misurazioni di carbonio nel suolo seguono i criteri descritti nella metodologia di quantificazione del carbonio nel suolo di Verra (VM0021); lo stoccaggio del carbonio sarà certificato secondo uno standard attualmente in fase di sviluppo presso il Baker Institute of Public Policy della Rice University. «Mi sono chiesta più volte perché fare tutto questo negli Stati Uniti, dato che la mia è un’azienda italiana, però mi sono accorta che in Italia non esistono ancora possibilità analoghe». 

Lampoon in dialogo con Raffaella Grisa – WA:IT 

Come ingegnere gestionale forniva consulenza ad aziende desiderose di entrare nei mercati asiatici. Si trovava a Tokyo, nel parco che circonda il Meiji Temple (tempio shintoista) quando in un momento di meditazione ho avvertito la necessità di dare inizio a un nuovo corso nella mia vita, all’insegna del benessere e mettendo al centro la natura. WA è un ideogramma kangi. Significa ‘pace e armonia’. IT rappresenta la dimensione italiana». Le due particelle compongono il termine inglese, ‘wait’ – rallentare, fermarsi.

Hito è una fragranza composta da agrumi di Sicilia, olio di semi dello yuzu giapponese, elemi – resina raccolta dall’albero di Canarium Iuzonicum, originario delle Filippine (oltre a fico, note verdi, pomelia, peonia, rosa, tè nero giapponese izumi, legno di ciliegio, legno di cedro e muschio quercino). Le materie prime provengono da piccoli fornitori, e arrivano via mare dal Giappone e via terra dall’Italia. La produzione avviene nel laboratorio di ricerca e produzione di Angela Laganà, a Granarolo dell’Emilia (provincia di Bologna, ndr.). «Angela Laganà e il suo staff usano formulazioni senza elementi tossici sia per le persone sia per l’ambiente. Per la fragranza, distillano gli olii essenziali in correnti di vapore ottenute con la tecnica dell’enfleurage». Grazie all’olfatto ‘Hito’ agisce sul sistema limbico. «Abbiamo sperimentato con una profumazione che potesse curare l’anima attraverso l’aromaterapia, favorendo la meditazione e il rilassamento», dice Grisa.

I cartoni sono certificati FSC: «Inizialmente avevo pensato di spedire, all’interno dei cartoni, dei semi che potevano essere usati per piantare alberi, ma a causa delle violazioni doganali non è stato possibile». racconta Grisa. L’etichetta è realizzata con una carta ottenuta dalle alghe della laguna di Venezia. «Collaboro con la Cartiera Favini di Rossano Veneto, che produce carte a partire da bio-scarti, come le alghe della laguna veneziana, ma anche le bucce di pomodoro. Ho scelto la carta fatta con le alghe per reimpiegare, preservando l’ambiente, un elemento la cui proliferazione mette a rischio l’ecosistema lagunare». I tappi di legno riciclabile, del profumo come degli altri prodotti, sono realizzati dalla Torneria Todeschini di Bergamo. Il profumo è contenuto in un vasetto di vetro riciclabile. Gli altri prodotti sono contenuti in vasetti di alluminio riciclabile. 

Materiali giapponesi per la cura del corpo

I prodotti contengono un mix di oli giapponesi edibili, utilizzati da secoli in Asia nella medicina tradizionale e nei rituali di bellezza. «C’è l’olio di semi dello yuzu, un agrume giapponese che contiene tre volte vitamina C rispetto al limone. Poi c’è l’olio di tsubaki, una camelia giapponese contenente vitamina A, D, E; l’olio di semi di perilla, chiamata anche menta giapponese, dalle caratteristiche lenitive ed antinfiammatorie. Infine, l’olio estratto dalla crusca di riso, con filtri UVA e UVB naturali». Tutte le formulazioni sono prive di componenti sintetici, ogm, tossine, parabeni, sostanze petrolchimiche, fragranze artificiali e conservanti. Spesso, oltre agli oli giapponesi, ci sono anche ingredienti italiani, come un olio di girasole di provenienza toscana. «Lo scrub, il balsamo di detersione e l’olio sono anidri. Solo il burro idratante ha una piccola percentuale di acqua», specifica Grisa. Quando la vita del prodotto finisce, i flaconi possono essere riciclati o reimpiegati tramite upcycling. «Qualche tempo fa abbiamo lanciato una campagna in cui chiedevamo ai clienti di far vedere come riutilizzavano i nostri vasetti. Il packaging è ha una grafica poco impattante, in modo da essere riutilizzabile per altri scopi, ad esempio come porta oggetti».

WA:IT 

Il profumo è il punto di partenza di un rituale di benessere che si ispira al Giappone. La fase uno è definita come fase di preparazione, costituita dallo scrub corpo ‘Ante’, che esfolia la pelle e migliora la circolazione sanguigna. A questa segue la fase di purificazione, che comprende il burro di detersione ‘Ofuro’, dagli effetti lenitivi e antibatterici. Successivamente, si passa alla fase di idratazione, con il burro a facile assorbimento ‘B-Soffice’. Infine, la fase di luminosità, con l’olio ‘Omni’, utilizzabile sulla pelle e sui capelli, che rinforza la funzione protettiva della pelle e ripristina i danni causati dall’esposizione ad agenti atmosferici ed ambientali. Tra i progetti futuri del brand c’è un’innovazione a livello di packaging. «Stiamo studiando un packaging basico con tappo removibile che permetta di ricaricare i flaconi di olio».In cantiere anche un nuovo prodotto. «Sto elaborando un altro prodotto per continuare il percorso di benessere cominciato con le quattro fasi di body care», chiosa Raffaella Grisa.

Anna Quirino

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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