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Materiali capaci di assorbire CO2

Biologia, robotica, tecnologia dei materiali e design computazionale. Interviene Aldo Sollazzo, founder di Noumena e project director di Pure.Tech

Lampoon intervista Aldo Sollazzo, founder di Noumena e project director di Pure.Tech

Pure.Tech è un polimero avanzato che integra CO2Pure, un composto minerale naturale al 100% che ha la proprietà di mineralizzare CO2, NOx, e ridurre i composti organici volatili. Può essere applicato a qualsiasi superficie, convertendola in un materiale di attuazione, programmato per assorbire e neutralizzare gli inquinanti dell’aria attraverso un processo di mineralizzazione del carbonio. Aldo Sollazzo si occupa di tecnologia e di innovazione da più di 10 anni:

«Sono arrivato a Barcellona nel 2010 e qui ho fondato la società Noumena – un gruppo di imprese legate dalla ricerca sulla sostenibilità. Abbiamo sviluppato la tecnologia Pure.Tech, applicabile su tutti i tipi di superfici: strade, pitture, tessuti e plastiche. È la settima volta nella storia del pianeta che si registra un cambio in termine di weather pattern: il 95% degli studi dimostra che il responsabile di questo in atto è l’uomo. Ciò significa che abbiamo nelle nostre mani l’opportunità di ridirigere questo cambiamento»

Materiale 100% naturale

«La storia di PureTech inizia grazie a una delle manifestazioni che abbiamo organizzato insieme a Reshape – una piattaforma che promuove la ricerca e la produzione di idee basate sull’innovative design – nel 2017. Durante un evento tenutosi a Barcellona, il Reshape Forum, siamo entrati contatto con un team di biomolecular engineers che insieme a noi ha lanciato Pure.Tech nel mercato. Nasce quindi da un incontro: un incontro in cui esperti di diversi settori decidono di iniziare a collaborare verso lo sviluppo di un unico prodotto che possa rappresentare un nuovo manifesto di quello che saranno nel futuro le opportunità dell’industria, collegate a una nuova agenda di sostenibilità». dice.

«Questa tecnologia nasce da una polvere minerale. Si tratta di minerali liquidi, che una volta mischiati permettono di assorbire i principali gas e di eliminarli. Da questa eliminazione sono prodotti dei carbonati, ovvero minerali salubri per l’ambiente e per le persone». Grazie all’unione di queste discipline oggi possiamo creare nuovi materiali da fonti inaspettate senza dover stravolgere i metodi tradizionali di produzione: «La tecnologia del materiale è un’opportunità per poter programmare la materia introducendo una nuova agenda nella scala industriale», sostiene Sollazzo.

Dove avviene la produzione?

«La nostra produzione è principalmente basata in Europa. Più precisamente avviene in Spagna, ma stiamo pianificando di spostarci anche negli Stati Uniti e in India. Il nostro team è un team traversale, che si divide in due compartimenti: uno che guarda al futuro e l’altro all’applicazione industriale di idee già mature. Comprende biologi molecolari, progettisti computazionali, Fashion, tech designer, computational designer, esperti in printing and digital fabrication».

Convertire i gas in carbonati 

La maggior parte dei materiali naturali sono ancora emettitori di carbonio. L’industria della moda è attualmente responsabile della produzione di 1.2 miliardi di tonnellate di gas serra ogni anno, più delle emissioni causate dal mondo dell’aeronautica e del trasporto marittimo insieme.

«Il prodotto funziona tramite due processi di eliminazione – quello fotocatalitico e quello catalitico: permette di convertire i gas in carbonati e di conseguenza a materiale di funzionare h24. Non essendo puramente fotocatalitico non ha bisogno di un agente esterno – la luce – per poter attivare la sua azione di eliminazione. Abbiamo una serie di studi che dimostrano che il nostro materiale è anche antivirale e antimicrobico e che ne certificano le caratteristiche – eseguiti da imprese e istituzioni esterne alla nostra, componenti indipendenti che dimostrano le capacità di assorbimento nel tempo.  La cosa più interessante è che il nostro materiale può essere introdotto nella scala industriale di manifattura, non è necessario cambiare quella che è la filatura di una produzione esistente, ma si può introdurre in linee già esistenti. La maggior parte dei nostri competitor basano le loro tecnologie su un effetto fotocatalitico, quindi un effetto di conversione che dipende dalla luce e che in realtà produce comunque CO2, e a livello di performance non equivalgono al nostro prodotto».

L’analisi del ciclo di vita è uno strumento per valutare l’impatto ambientale di un materiale o di un prodotto – prendere in considerazione ogni fase della vita di un indumento e il suo eventuale smaltimento.

«Abbiamo fatto test sui livelli di lavaggio sui tessuti: dopo cinquanta lavaggi il materiale è ancora attivo, quello che perde è un 25% di performance rispetto al 100% dall’inizio–il che è un buon risultato. La produzione avviene in piccoli paesi sparsi per l’Italia – in Lombardia e nelle Marche. Stiamo cercando anche di utilizzare questa tecnologia per poter rivitalizzare le piccole e medie imprese italiane e spagnole, creando un circuito a filiera corta e favorendo le realtà locali. In Italia c’è energia per ciò che riguarda lo sviluppo di tecnologie di disegno computazionale e di fabbricazione digitale. Questa energia si sta incanalando nelle università, e si comincia a fornire una formazione accademica molto più completa. A Barcellona sono già stati lanciati master legati al Fashion Tech e al Computional Design, e Milano è sulla stessa strada»

Pure.Tech: obiettivi

Indossare capi Pure.tech permette di assorbire 3 grammi di gas serra per ogni kg di materiale. Fino ad ora sono stati sviluppati una giacca, un pantalone, una t-shirt, uno zaino e anche un cappotto che ha permesso al team di vincere il primo premio al concorso Digital Made alla Fashion Digital Night della Fashion Week di AltaRoma nel 2020.

«Abbiamo la possibilità di applicare il prodotto in una serie di forme diverse, come polvere o come prodotto additivato su superfici come plastiche e pitture – quindi come prodotto finale per chiudere l’intero ciclo. Ogni applicazione ha una sua logica industriale: una volta testato il prodotto è mandato in laboratorio per poterne misurare il grado di assorbimento. L’ultimo test che abbiamo effettuato è stato con North Sails, a cui abbiamo mandato la nostra polvere per applicarlo nella loro filiera industriale: ci è stato rispedito e poi è stato misurato in laboratorio per confermare la capacità di assorbimento di C02 e NOx. Questa è una delle parti più entusiasmanti del nostro lavoro. Adesso stiamo preparando con i nostri partner una serie di capsule, sempre con l’obiettivo di arrivare su larga scala. Quello che possiamo fare è assorbire con dieci milioni di magliette quanto assorbe Central Park a New York: sono più o meno 207 tonnellate di C02 all’anno».

In termini di applicazioni, invece, «quest’anno abbiamo lanciato pop-up store Calzedonia a Parigi, siamo alla Biennale di Venezia, e venerdì abbiamo inaugurato il padiglione di Spagna della EXPO di Dubai. Abbiamo introdotto un padiglione che in realtà è una foresta di alberi disegnati digitalmente e tutti includono il nostro materiale, creando un nuovo manifesto del futuro».

Non previsioni ma speranze per il futuro

Smettere di fare le cose non è un’opzione: «Tra vent’anni non penso che il problema sarà come si muove l’industria della moda. Probabilmente il problema sarà: dove li spostiamo? Dove sposteremo le popolazioni di Cina e India, a chi apparterrà la Groenlandia? Abbiamo al massimo otto o nove anni per eliminare 1.5 gradi di innalzamento della temperatura mondiale. Sono pochi. Spero però in cicli di produzione più rispettosi dell’ambiente, in movimenti di prodotto nella supply chain ridotti, e che ci siano dei nuovi sistemi di comunicazione meno contaminanti. La tecnologia deve servirci per poter riconfigurare un processo già esistente».

Aldo Sollazzo

Aldo Sollazzo è un architetto e ricercatore fondatore di Noumena, uno studio che abbraccia il data-driven design tra i confini dei nuovi paradigmi digitali e le strategie di design applicate all’architettura, alla robotica e alla fabbricazione, e di Reshape, una piattaforma focalizzata sulla ricerca di nuove idee nel campo della wearable tech e del fashion design. Nel 2019 ha ricevuto la medaglia di Cavaliere dell’Ordine della Stella d’Italia, concessa dall’Ambasciata d’Italia a Madrid in ragione del suo merito come creativo e imprenditore e per aver aiutato l’Italia ad affermarsi come un paese di grandi talenti che lavorano dentro e fuori dal territorio nazionale. Nel 2020 è stato il volto del Fashion Tech Talk per 080 Barcelona Fashion, presentando Pure.Tech come case study.

Francesca Fontanesi

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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