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Veneno, una storia iberica di lotta e resistenza transgender

Rivendicare l’identità per esistere: la crew della mini serie HBO racconta la storia di Cristina Ortiz Rodríguez, prima donna a definirsi pubblicamente trans 

MiX, il festival internazionale di cinema cultura LGBTQ+

La discussione sulle rivendicazioni delle minoranze nel mondo della cultura e del cinema è viva anche in Europa. Le posizioni sono distanti – si finisce spesso a parlare di cancel culture e della cancellazione del Columbus day – un presunto approccio distruttivo alla storia e alle tradizioni. Nelle maglie della polemica si dimenticano i dati e i fatti, l’esistenza dell’invisibilità delle persone appartenenti alle minoranze e lo squilibrio nella rappresentazione di tutti i soggetti minoritari. Dalla rappresentazione dipende infatti una parte del riconoscimento individuale e comunitario della persona. Al MiX, il festival internazionale di cinema cultura LGBTQ+ e queer, appuntamento alla 35° edizione a Milano, ha preso parte la crew di Veneno, la mini-serie tv HBO presentata in esclusiva al pubblico italiano. La storia racconta la vita di Cristina Ortiz Rodríguez – meglio conosciuta con il soprannome di La Veneno – prima donna pubblicamente transgender in Spagna.  

Veneno – serie tv HBO

Veneno è una serie tratta dalla biografia pubblicata nel 2016 dalla giornalista Valeria Vegas, ¡Digo! Ni puta ni santa. Las memorias de La Veneno. I registi e sceneggiatori Javier Calvo e Javier Ambrossi – compagni anche nella vita –  hanno volutamente cercato un nuovo metodo per portare all’attenzione del pubblico non solo la storia di La Veneno, ma anche alcune rivendicazioni. Alla domanda sulla loro personale pratica ‘sovversiva’ quotidiana per cambiare le cose, i registi rispondono: «Tutte le storie che raccontiamo con i nostri film, hanno l’ambizione di realizzare un mondo migliore: non è sovversivo ma aiuta a cambiare. In Veneno abbiamo fatto anche cose ‘pioniere’: ogni gruppo tecnico, dietro alla cinepresa, ha una persona transgender. È un atto rivendicativo». 

Lola Rodríguez – Valeria Vegas

L’attrice Lola Rodríguez interpreta la giornalista Valeria Vegas, che ha un rapporto personale con la protagonista.  Anche questa scelta rientra nel metodo ‘rivendicativo’ perché è una donna transgender nel ruolo di una donna cisgender – di una persona che si riconosce nel suo genere assegnato alla nascita. Sulla sua carriera racconta di non aver mai pensato di diventare attrice  «perché la mia vita è stata una lotta costante contro qualcosa che non ho mai potuto controllare. Sentendomi un cliché continuo, non sentivo di poter avere uno spazio sicuro dove essere artista»

Cosa vuol dire essere transgender

Anche se le persone transgender vivono una realtà di ostacoli e pregiudizi – soprattutto sul luogo di lavoro – Rodriguez e i registi di Veneno credono nel cambiamento, anche nel mondo del cinema: «La pressione sull’immagine che hanno le persone trans non è percepita da altre comunità. Non ci meritiamo di essere valutate per l’aspetto quando si tratta di avere un lavoro. Stiamo creando ponti perché milioni di persone trans abbiano l’opportunità: spesso senza opportunità le persone non possono formarsi e non si forma nemmeno il talento. Le attrici e gli attori si formano con la pratica», afferma l’attrice. Ambrossi e Calvo hanno scelto di raccontare la vita di La Veneno, perché rappresenta quell’ideale di rivendicazione che fa delle istanze LGBTQ+ una spinta verso l’evoluzione della società e dei diritti. «La Veneno fu la pioniera che disse ‘sono così’ quando nessuno sapeva cosa significasse essere trans. Ci ha fatto vedere le poche opportunità delle persone che si prostituiscono, degli strati più svantaggiati della popolazione», spiega Calvo.  

La rappresentazione mediatica delle vite transgender avviene con parole sbagliate, discriminatorie, che contribuiscono a fossilizzare il pubblico su immagini stereotipate. Come la credenza di una definizione univoca dello spettro transgender – una “vera” trans diventerebbe tale solo se “operata”. Trans nell’accezione latina vuol dire “al di là”, “oltre”, significa passare attraverso un processo. Il processo può restare per sempre sospeso e mai compiuto, un aspetto che si scontra con la necessità di definire, tipica del mondo eteronormativo. Per Rodriguez, la cattiva narrativa dipende da un problema fondamentale, «a scuola non si insegna l’educazione sessuale». Calvo ricorda invece che «per fortuna non tutti i giornali utilizzano un linguaggio scorretto. Con i social abbiamo imparato: ci hanno insegnato a parlare in modo migliore e in modo più appropriato. La gente sta cercando di fare lo sforzo di migliorare. Sembra difficile ma è facilissimo: si tratta di capire cosa si vuole dire e chiedere all’altra persona come si sente, il suo pronome. Il metodo è lo stesso della lotta femminista». 

Hollywood: il 2020 è stato l’anno della diversità.

Nel 2020 il mondo della cultura ha reagito alle sollecitazioni della società, sui temi dei diritti, del razzismo e delle disuguaglianze, scosso dalla morte di George Floyd e dal movimento Black Lives Matter. Un’onda d’urto che ha aperto il vaso di Pandora – negli Stati Uniti e di conseguenza nel mondo – sugli attacchi razzisti e xenofobi contro le minoranze e sulla violenza della polizia. In particolare, a Hollywood, il 2020 è stato l’anno della diversità. Secondo un’analisi condotta dall’Università della California (UCLA) sulla presenza di minoranze in 185 film in lingua inglese, le donne e le persone appartenenti a minoranze etniche  hanno ottenuto spazio in tutte le categorie analizzate e in particolare tra gli attori. 

Il punto di rottura con il passato è ancora lontano, perché  queste categorie riescono a ottenere pochi e insufficienti finanziamenti, restando sotto rappresentate in ruoli chiave come la regia e la produzione. Due ruoli di responsabilità che restano prerogativa di relazioni di potere e – di conseguenza – di uomini e bianchi. La soluzione, per la crew di Veneno resta la resistenza positiva: «Appoggiare sempre le persone svantaggiate in tutti i posti del potere. Essere direttori, direttrici, produttori, produttrici, politici: la guerra è questa».

Lola Rodríguez

Born in 1998, a spanish actress, model, and LGBT rights activist

Emanuela Colaci

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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