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Api e insetticidi: fanno discutere le deroghe che ci mettono di nuovo in pericolo

Il ritorno dei neonicotinoidi ha riacceso le proteste sui fitosanitari: i loro effetti si intrecciano con fattori quali habitat e clima: «va considerata la complessità in cui vivono le api»

Legge a tutela delle api

Dal 27 aprile 2018 Bruxelles ha messo al bando tre principi attivi della categoria (imidacloprid, tiametoxam e clothianidin) per l’alta mortalità rilevata tra le api e gli altri impollinatori. Il divieto – che vale solo all’esterno, non in serra – può essere però sospeso di fronte a particolari criticità per gli agricoltori non controllabili con altri mezzi ragionevoli e per un periodo massimo di 120 giorni.

Nei casi di Parigi e Londra, l’obiettivo è aiutare gli agricoltori a trattare le coltivazioni di barbabietola da zucchero colpite da una malattia. Ma un’indagine di Unearthed, piattaforma di giornalismo investigativo di Greenpeace UK, ha rilevato che, in due anni, di autorizzazioni di emergenza ne sono state rilasciate almeno 67 diverse nei diversi Stati membri. Tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021, prima la Francia e poi il Regno Unito, hanno concesso due autorizzazioni di emergenza all’uso di alcuni neonicotinoidi (insetticidi) in deroga alle direttive dell’Unione Europea.

Le proteste degli apicoltori

Il ritorno dei neonicotinoidi ha sollevato le proteste di apicoltori, ambientalisti e comunità scientifica, perché la salute degli impollinatori continua a essere a rischio. I dati raccolti dall’Istituto di apicoltura dell’Università di Berna, a capo di una rete di ricerca internazionale, hanno evidenziato che nel Vecchio Continente le morti invernali di alveari sono in aumento dal 5%-10% al 25%-40% e crescono anche le morie durante la stagione estiva.

Secondo l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (Iucn), il 9% delle specie di api e farfalle è minacciato di estinzione e il 37% delle popolazioni di api sta diminuendo drasticamente. I pesticidi continuano a incidere su questo fenomeno che ha ripercussioni negative sulla biodiversità e anche sull’uomo: su scala globale, gli apoidei – la famiglia delle api – impollinano più del 90% dei principali tipi di colture agricole; inoltre, favoriscono la riproduzione di circa l’84% delle specie vegetali e sono responsabili del 76% della produzione alimentare europea, con un valore economico stimato di 14,2 miliardi di euro all’anno.

I neonicotinoidi: cosa sono

I neonicotinoidi sono vietati dall’Unione Europea. Dopo le evidenze scientifiche accumulate negli ultimi 25 anni, recentemente sono emerse altre prove sulla nocività di questi fitosanitari che agiscono sul sistema nervoso degli insetti, causandone il decesso. Uno studio più recente sui bombi, pubblicato su Scientific Reports, ha rivelato che i neonicotinoidi causano un malfunzionamento dell’orologio biologico. In altre parole, gli esemplari che entrano in contatto con tali principi attivi farebbero fatica a distinguere il giorno dalla notte e, di conseguenza, i momenti in cui uscire alla ricerca di nutrimento (nettare, polline, acqua) dalle ore di riposo. Il fenomeno può compromettere la memoria, l’efficienza dei rifornimenti e mettere a rischio la sopravvivenza delle larve.

Tutte cause di spopolamento delle colonie. In passato, i ricercatori avevano dimostrato anche cali nella nascita di regine e il declino delle famiglie di bombi, e la diminuzione della fertilità dei maschi d’ape. Si tratta degli effetti subletali, casi ancora poco noti in cui la tossicità non è acuta, bensì cronica. Il prodotto non agisce in modo immediato, ma influenza negativamente la vita degli impollinatori, conducendoli, nei casi peggiori, alla morte.

Francesco Nazzi, professore di Zoologia e Apidologia e apicoltura all’Università di Udine

Questo accade anche se le dosi che assorbite dall’organismo sono basse. «È difficile determinare le cause di questi fenomeni», riflette Francesco Nazzi, professore di Zoologia e Apidologia e apicoltura all’Università di Udine. «È come nei delitti. Se si trova un cadavere, si eseguono le indagini, si cerca di capire quali sono le cause del decesso e si prova ad accertare il colpevole, al di là di ogni dubbio. Lo si può tentare di fare anche sulle api, ma è più complesso. Su questi insetti non è possibile eseguire un’autopsia. Se sulle api morte si trovano i residui di pesticidi in quantità superiori alle dosi di riferimento, si può affermare con sufficiente sicurezza che le api sono morte a causa di quel prodotto – ma accertare le cause di morte di un’ape resta una sfida».  

Gli effetti degli insetticidi

Non sarebbero solo i neonicotinoidi a portare effetti subletali, ma anche altre molecole chimiche usate in agricoltura con funzioni diverse dall’eliminazione di insetti e parassiti. Qualche ricerca ha provato a dimostrarlo, ma le evidenze sono ancora limitate. Nel 2018, uno studio pubblicato sulla rivista Pnas sollevava dei dubbi sul glisofato, controverso erbicida da anni al centro di un acceso dibattito per le ripercussioni che avrebbe sulla salute dell’uomo.

Parlando di api il prodotto potrebbe avere riflessi negativi nella digestione del cibo e nella difesa dai patogeni, influenzando un batterio fondamentale nel loro intestino. Più recentemente, Greenpeace ha segnalato nell’edizione 2020 del rapporto Stop Pesticidi preoccupazioni per i fungicidi, in particolari per il Boscalid. Alcuni lavori dimostrano come il suo effetto sinergico con altre sostanze possa causare un inferiore consumo e digestione di polline da parte delle api e una riduzione di concentrazioni di ATP (adenosina trifosfato) nei tessuti muscolari toracici attraverso l’inibizione della respirazione mitocondriale.

Fitosanitari: cosa sono

Reazioni poco evidenti e azioni combinate tra molecole complicano la valutazione dei danni causati dai fitosanitari. Nazzi invita a «non trascurare anche i possibili effetti delle sostanze che gli apicoltori stessi utilizzano per combattere i parassiti. Si tratta di molecole pericolose per le api e che sono diffuse negli alveari. Vanno utilizzate con cautela, per non aggiungere ulteriore stress nelle api». Gli altri fattori che agiscono complicando la comprensione delle morie: il degrado e la frammentazione degli habitat, la morte per fame a causa della ridotta disponibilità o qualità delle risorse alimentari, gli attacchi di agenti patogeni (virus, batteri e funghi) e parassiti (come l’acaro Varroa destructor) e i cambiamenti climatici. «Va considerata la complessità dell’ambiente in cui le api vivono. A seconda dell’episodio, le notizie enfatizzano quella o questa causa. I neonicotinoidi sono stati banditi, ma le api non sono guarite». 

Il caso dell’Apis mellifera

Di storia ne conosciamo soprattutto una: quella dell’Apis mellifera, l’ape domestica che produce il miele che consumiamo. Solo in Europa esistono però altre 2mila specie di apoidei, molte delle quali selvatiche. Su queste le informazioni sono più scarse. «La maggior parte di queste api sono solitarie. Non possono contare su quel salvagente che è la colonia. In casi di morie per avvelenamento, l’alveare può riuscire a compensare le perdite, soprattutto se avvengono in primavera: la regina fa più uova e le foraggiatrici tornano a fare le nutrici. La colonia ha una certa capacità di tamponare questi guai. È, di fatto, più resiliente. Quando a morire sono gli insetti solitari, con loro muore anche la possibilità di generare altri esemplari della stessa specie»

Bee-rap è la rete di rilevamento dati apistici ambientali Piemonte
Bee-rap è la rete di rilevamento dati apistici ambientali Piemonte

Il libro In cerca delle api, Hoepli

Il professor Nazzi, che di questi temi parla nel recente libro In cerca delle api (Hoepli), insiste sul concetto di dipendenza dal contesto: «I neonicotinoidi sono sicuramente nocivi per le api. Tuttavia, sono state condotte delle sperimentazioni in cui famiglie di api, messe all’interno di colture trattate con questi fitosanitari, non hanno apparentemente subito danni. I risultati di questi studi sono stati pubblicati sulle migliori riviste scientifiche del mondo. Altre ricerche, invece, hanno riscontrato gravi danni a carico delle api. Come si spiega? Di certo, queste apparenti contraddizioni non dipendono dalla mancata pericolosità intrinseca delle molecole in questione. Il fatto è che le api hanno una certa capacità di fronteggiare minacce come queste. Tuttavia, se a questo stress aggiungiamo anche un po’ di Varroa, un po’ di virus e magari togliamo anche il nutrimento, allora vedrà che le api non ce la faranno».

Proprio per sensibilizzare l’Europa sulla necessità di considerare tutti i fattori di stress e tutte le specie di api, il docente, in collaborazione con altri colleghi, ha recentemente scritto un contributo sulla rivista Science.

Come tutelare le api

Per comprendere meglio questo scenario e studiare soluzioni per tutelare le api, è necessario accumulare una grande quantità di dati. I biomonitoraggi possono essere una risorsa. Si tratta di prelievi, rilievi e analisi di laboratorio sugli alveari eseguiti a cadenza regolare su un determinato territorio per verificare la salute delle api e, più o meno indirettamente, anche dell’ambiente in cui vivono. Un esempio virtuoso in Italia è quello di Aspromiele, l’Associazione dei produttori apistici del Piemonte.

Dal 2017, conduce un’indagine annuale in regione grazie a una rete di centraline, ciascuna composta da due alveari, distribuita in tutte le province. Nel 2020 erano 22, mentre nel 2021 saliranno a 42. Parte di queste saranno incluse anche tra le 300 postazioni di BeeNet, progetto triennale di monitoraggio su scala nazionale che sarà riattivato dopo una sospensione di sette anni. Durante la stagione di attività delle api – in genere, da marzo a settembre –, ogni mese Aspromiele raccoglie dai nidi piccole dosi di miele, cera ed esemplari delle stesse api per far eseguire diverse verifiche in laboratorio.

Pane d’api, il polline grezzo lavorato e conservato nelle cellette dell’alveare

È il pane d’api, il polline grezzo lavorato e conservato nelle cellette dell’alveare, la matrice che fornisce più informazioni. «Le osservazioni possono essere anche dirette, verificando se ci sono esemplari morti davanti alla centralina oppure se il livello numerico della colonia è normale per il periodo», spiega Luca Allais, coordinatore dei tecnici di Aspromiele. «Per quanto riguarda le analisi di laboratorio, con le multiresiduali andiamo a cercare pesticidi, erbicidi e fungicidi. Sui campioni che risultano positivi a certi principi attivi, facciamo le palinologiche per analizzare la composizione pollinica e capire su quali piante le api sono andate a bottinare quel polline inquinato. Si eseguono analisi sui metalli pesanti e sulle sostanze azotate dei pollini per capire se l’ambiente è abbastanza ricco di proteine per le api»

Il glisofato secondo Aspromiele potrebbe essere presente in maniera diffusa nel suolo piemontese

I risultati mostrano che negli alveari insetticidi, erbicidi e fungicidi sono una presenza fissa. Tra questi, compare con costanza il glisofato che, secondo Aspromiele, potrebbe essere presente in maniera diffusa nel suolo piemontese e trasferito nel polline anche dalle piante di origine boschiva. Anche in questo caso, tuttavia, l’ipotesi non è supportata da un mole di dati sufficiente per la scienza. «Nessun principio attivo è presente in quantità così alta da superare la soglia di tossicità per le api. Non ci sono rischi per l’uomo», fa presente Allais, ricordando che l’azione di filtro delle api: i residui chimici restano soprattutto nel nido, dove vivono gli insetti, e solo nei casi di contaminazione pesante passano nel melario, il cassetto inserito nelle arnie per la raccolta del miele.

«Tuttavia – aggiunge il tecnico di Aspromiele –, non sono ancora stati fatti studi sull’effetto combinato di queste sostanze. E noi abbiamo sempre gli alveari spopolati. Quelle legate allo spopolamento, sono mortalità più difficili da diagnosticare. Ci sono voluti dieci anni per provare che i neonicotinoidi causavano problemi, perché queste molecole agiscono a basse dosi, in maniera subdola e scompaiono dalle api che muoiono». 

Api e impollinatori, quali tutele

Anche a livello continentale stanno aumentando le iniziative per tutelare api e impollinatori. L’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, ha avviato il progetto MUST-B: focalizzato sulle api domestiche, prevede la realizzazione e la collocazione di alveari sentinella in zone climatiche e naturali rappresentative all’interno dell’Ue che serviranno per raccogliere informazioni sulla salute delle api domestiche, sui residui chimici e sugli altri fattori ambientali che le minacciano; questi, successivamente, saranno dati in pasto a un modello sviluppato negli ultimi anni (l’ApisRAM model) cui spetterà il compito di simulare il comportamento delle colonie per aiutare gli esperti a comprenderle meglio e possibilmente prevenire gli effetti negativi dei diversi fattori che le minacciano. 

PoshBee, il progetto di ricerca

PoshBee, progetto di ricerca europeo che coinvolge decine di associazioni, enti e università di diversi Stati membri, Italia compresa, sta analizzando invece le vicissitudini di tutte le api, comprese quelle selvatiche, e dei bombi. «Il lavoro è incentrato sui rischi derivanti dai pesticidi ma con un approccio finalmente olistico. Serve a valutare i rischi causati alle api dai prodotti chimici tenendo presente gli altri numerosi fattori di stress. Il nostro scopo è mettere tutto insieme per aiutare a gestire meglio i problemi, a partire dalla creazione di modelli che permettano di fare valutazioni appropriate».

Strumenti più adatti a comprendere la complessità del fenomeno, in altre parole. Chi vuole passare all’azione per aiutare le api, può iniziare evitando di sfalciare il giardino con frequenza, permettendo alle piante di fiorire, oppure tenendo fiori sui balconi. C’è la possibilità di influenzare il mercato come consumatori scegliendo prodotti biologici. A un livello superiore occorre un controllo delle istituzioni. Soprattutto il tipo di agricoltura che incentivano. «Sono anni che consumiamo suolo e trasformiamo il paesaggio agrario, eliminando siepi, boschi e boschetti», conclude l’entomologo. 

Il libro In cerca delle api di Francesco Nazzi

Edito da Hoepli, propone un viaggio all’interno del complesso mondo delle api – dall’individuo alla colonia, dall’alveare all’ecosistema – per cercare di fare comprendere i problemi che affliggono questi insetti fondamentali per gli ecosistemi naturali  e le produzioni agricole minacciandone la sopravvivenza.

Marco Rizza

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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