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Set Gomorra 2, Fotografia Emanuela Scarpa
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Cinema e serie tv promuovono un territorio anche quando ne parlano male

Avremo una Saga Nazionale italiana sul modello di The Crown? Cinema, serie tv e territorio, interviene Riccardo Tozzi, presidente della società cinematografica Cattleya 

Il turismo legato a film e serie tv

Nel dicembre 2003 andava in onda la prima stagione della serie Elisa di Rivombrosa, ambientata nel Piemonte del Settecento e tratta dal romanzo Pamela di Samuel Richardson, protagonisti Vittoria Puccini e Alessandro Preziosi. Pensata per essere girata in Irlanda, dopo tre mesi di sopralluoghi con scenografa e regista, la produzione decise di spostarla in Italia per ragioni di costi. Si scelse il Piemonte perché era l’unica regione italiana in cui si aveva memoria di un Regno, in particolare il castello di Agliè, nel Canavese, a una trentina di chilometri da Torino. Nel 2003 il castello di Agliè staccava 8.549 biglietti di ingresso di visitatori, nel 2004 sono diventati 92.091, 58.495 nel 2005, 57.056 nel 2006. Il turismo legato a film e serie tv non è un fatto recente e non è iniziato con Netflix. In Italia il fenomeno vanta una storia, raccontata dal volume La città di celluloide tra vocazione turistica ed esperienze creative (2016). 

Film e serie tv italiani di successo

Tra le serie tv italiane in cui i luoghi hanno un ruolo centrale ci sono Il commissario Montalbano, ambientato nel ragusano; Don Matteo, a Gubbio e Spoleto; Un’altra vita, a Ponza; Un paso dal cielo, tra le cime altoatesine. Luoghi già a vocazione turistica, che all’apparenza non avrebbero bisogno di una serie tv per essere promossi, ma in cui il turismo è cresciuto anche grazie a queste. La ricercatrice della Corvinus University di Budapest Anna Irimiás ha studiato il caso di Un passo dal cielo come leva di marketing territoriale. Non sono stati svolti monitoraggi sull’impatto turistico della produzione, ma la ricerca sul campo ha mostrato che questi luoghi cercano di trarre beneficio dalla popolarità della serie. Alberghi, negozi di souvenir e malghe utilizzano per il proprio marketing le inquadrature del paesaggio realizzate dalle produzioni e l’immagine dell’attore protagonista Terence Hill. Si propongono pacchetti e itinerari nei luoghi della serie.

Lampoon intervista Riccardo Tozzi

Riccardo Tozzi è a capo di Cattleya, casa di produzione cinematografica e televisiva indipendente italiana (ha prodotto Un tè con Mussolini di Franco Zeffirelli, Il gioco di Ripley di Liliana Cavani, Io non ho paura di Gabriele Salvatores, Caterina va in città di Paolo Virzì, Non ti muovere di Sergio Castellitto, Tre metri sopra il cielo di Luca Lucini, Romanzo criminale di Michele Placido, Mio fratello è figlio unico di Daniele Luchetti, Educazione siberiana di Gabriele Salvatores. Serie tv come Gomorra, ZeroZeroZero, Romanzo criminale). Prima di fondare Cattleya, nel 1997, Tozzi ha curato la coproduzione e vendita internazionale di film per la consociata Rai Sacis e ha curato la produzione Mediaset (dal 1986 al 1997). «La serialità è in genere più potente del cinema, salvo eccezioni come Benvenuti al Sud o La grande bellezza: Roma non era sconosciuta, ma il film ne ha proposto un’immagine diversa».  

Benvenuti al Sud, prodotto da Cattleya nel 2010 con regia di Luca Miniero, è stata girata tra il borgo medievale di Castellabate e le frazioni marine di S. Marco e S. Maria nel Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, patrimonio Unesco. Le visite al Castello dell’Abate sono passate da 3.600 nel 2010 a 12.400 nel 2011, e ogni anno ci sono 150 prenotazioni di matrimonio. La ricettività alberghiera non è aumentata in modo rilevante, ma le strutture extralberghiere (agriturismi, b&b) sono passate da 17 per 2.469 posti letti nel 2009 a 41 per 2.869 posti letto nel 2011 (dati Ente provinciale per il Turismo di Salerno). Mete turistiche sono diventate la piazzetta sede nel film dell’ufficio postale, la casa di Claudio Bisio, il ristorante, la lapide dove è incisa la frase di Gioacchino Murat ‘Qui non si muore’, ripresa nel film con un ramo che copre il ‘non’. 

Location per film: la scelta è dettata da ragioni economiche

Come dimostra il caso di Elisa di Rivombrosa, la scelta delle location è dettata da fattori economici. Alla fine degli anni Novanta in Italia sono state create diverse Film Commissions, cioè agenzie no-profit create da regioni o province per attrarre produzioni audiovisive. In altre parole, intermediari tra produttori e territorio che in cambio di visibilità offrono incentivi fiscali o servizi gratuiti alle produzioni. «In Italia, per una tradizione che ora sta venendo meno, film e sceneggiati erano girati a Roma. Questo significava che potevi formare troupe solo lì, altrove avresti dovuto portare troupe in trasferta, con un costo aggiuntivo», spiega Tozzi. «Per rimediare, diverse regioni hanno creato Film Commissions e fondi di sostegno in due direzioni: compensare i costi aggiuntivi delle trasferte fuori Roma, fare formazione sul posto». 

Film ambientati a Milano

Diverso il caso di Milano: «La città è un po’ indifferente al cinema, credo non l’abbia mai sentito suo. Ha le sue peculiarità e ha lavorato alla sua immagine negli ultimi anni, capisco non sia sentita come esigenza. Mi è capitato di girare a Milano e son sempre stato sostenuto: quando facemmo esplodere la bomba nella Banca nazionale dell’agricoltura per Romanzo di una strage, venne l’allora sindaco Giuliano Pisapia. La città non è ostile, solo un poco indifferente». Le autorizzazioni rilasciate dal Comune per utilizzare Milano come set di film, serie tv, pubblicità, documentari, videoclip sono aumentate, passando da 342 nel 2010 a 745 nel 2019.

Nel 2020 le autorizzazioni rilasciate sono state 487, con un aumento di documentari culturali e scientifici (70, cioè 41 in più rispetto al 2019) e serie tv e fiction (con 54 set, uno in più rispetto al 2019), mentre sono crollati i lungometraggi (da 53 nel 2019 a 18 nel 2020). «Questo accade per due ragioni», spiega Tozzi, «i set in generale in Italia sono aumentati, quindi anche a Milano, e la città si è posta al centro dell’attenzione, quindi c’è voglia di raccontarla»

Le serie che parlano dei lati oscuri di un territorio

«I non specialisti del racconto pensano che un film o una serie promuovono un territorio solo se ne parlano bene. La paternità politica di questa idea appartiene a Giulio Andreotti, che a proposito del neorealismo italiano avrebbe detto ‘I panni sporchi si lavano in famiglia’, affermazione che si rivelò sbagliata visto che quei film imposero l’Italia a livello internazionale.

Questo perché il racconto del positivo è noioso, con alcune eccezioni. Fino a un paio di decenni fa la Scandinavia era vista come un luogo con alto welfare, ma in cui non succedeva niente, salvo l’alto tasso di suicidi per depressione e noia. Da quando sono cominciati a uscire libri e serie su serial killer, stupratori, nazisti sterminatori, è aumentato l’interesse per questo paese anche da un punto di vista culturale e turistico. Anche il paesino inglese dove è stato girato Broadchurch, cittadina di poche migliaia di abitanti in cui accadono crimini efferati, è diventato una meta turistica». 

Tra le produzioni di Riccardo  Tozzi, Gomorra

«L’unico articolo dedicato a Napoli in positivo sulla prima pagina del New York Times che ricordi uscì per via di Gomorra, e ne raccontava la straordinarietà. In parallelo, quella serie ha anche spinto altre. produzioni cinematografiche a muoversi in Campania e a Napoli». Nonostante le evidenze, è difficile spiegare che una produzione cinematografica promuove un territorio anche quando ne parla male. Per evitare polemiche, Tozzi non chiede finanziamenti pubblici quando il racconto è controverso: «Credo che altri colleghi facciano la stessa cosa, tuttavia non succede mai che in Italia sia negato il permesso a girare in un luogo o siano negati i fondi a causa dei contenuti del girato: sarebbe censura preventiva. Sono sicuro che se chiedessimo i fondi per prodotti controversi, e ci fossero i requisiti, nessuna Film Commission li negherebbe». 

L’unico problema a girare in seguito ai contenuti della produzione, Tozzi l’ha incontrato in Messico: «Stavamo girando ZeroZeroZero. La mattina in cui avremmo dovuto iniziare a girare, nella città di Monterrey ci hanno revocato le autorizzazioni. A breve ci sarebbero state le elezioni e il sindaco ha avuto paura delle conseguenze politiche dei contenuti della serie. Siamo intervenuti anche con l’ambasciatore ma non c’è stata soluzione. Abbiamo dovuto fermare la produzione e rimodulare tutta la programmazione». 

Il caso di The Crown,una saga nazionale

Guardando The Crown si potrebbe ipotizzare un’analoga saga nazionale in Italia. «Alcuni tentativi ci sono stati, penso a La meglio gioventù, che ebbe anche due seguiti di cui si è parlato meno, ma che portavano il racconto dagli anni Sessanta a oggi. È un tema su cui ho riflettuto molto e fatto tentativi che non sono mai andati in porto. In Italia non abbiamo un elemento catalizzante come la corona, così come non c’è in Francia o Germania. I tedeschi ci hanno provato con il costume in Babylon Berlin che però si colloca tra gli anni Venti e Trenta. Da noi sarebbe una storia di famiglia. Ci stiamo avvicinando perché anche in letteratura stanno uscendo opere che vanno in questa direzione, penso a Prima di noi di Giorgio Fontana o Ragazzo italiano di Gian Arturo Ferrari»

È più facile se alle spalle c’è un libro, che già offre strutture narrative. «Gli spagnoli hanno fatto da poco una serie che ho apprezzato. Un racconto di famiglia ma anche politico sul terrorismo basco, tratto da Patria di Fernando Aramburu. Noi stiamo facendo un tentativo in questa direzione con l’adattamento italiano di This Is Us, serie americana che nel titolo afferma di raccontare una famiglia e, dietro, gli Stati Uniti. Il capo scrittore dell’adattamento italiano, Noi, coprodotto con la Rai, è Sandro Petraglia, che non a caso è stato, con Stefano Rulli, autore de La meglio gioventù. Sarà la storia di una famiglia che racconta l’Italia dagli anni Settanta a oggi, tra Torino, Napoli, Roma, Milano». 

La città di celluloide tra vocazione turistica ed esperienze creative. Atti della giornata di studio 

La pubblicazione più recente e approfondita sul cineturismo è La città di celluloide tra vocazione turistica ed esperienze creative. Atti della giornata di studio (Macerata, 26 marzo 2015), a cura di Enrico Nicosia (disponibile online sul sito dell’Università degli Studi di Macerata). La ricercatrice della Corvinus University di Budapest Anna Irimiás ha analizzato il caso di Un passo dal cielo nel paper Un passo dal cielo. Una serie tv come leva di marketing territoriale in Alto Adige. Altri studi in In viaggio con la fiction. Serie televisive e creazioni di flussi turistici, supplemento di Cinema & Video International Gennaio-Febbraio 2007.

Nicola Baroni

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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