Cerca
Close this search box.
  • EDITORIAL TEAM
    STOCKLIST
    NEWSLETTER

    FAQ
    Q&A
    LAVORA CON NOI

    CONTATTI
    INFORMAZIONI LEGALI – PRIVACY POLICY 

    lampoon magazine dot com

Copertina Balena HR - Cover
TESTO
CRONACHE
TAG
SFOGLIA
Facebook
WhatsApp
Pinterest
LinkedIn
Email
twitter X

Scrittura autobiografica in Italia: esigenza, moda o terapia?

In espansione il mercato editoriale dell’autobiografia, dell’autofiction, del romanzo famigliare – ma raccontare di sé non è facile come si pensa. Intervengono Nadia Terranova, Sabrina Efionayi e Giulia Muscatelli

Tante storie, pochi lettori

In Italia sono 90.195 le opere date alle stampe nel 2021, secondo gli ultimi dati Istat. Una media di oltre 250 libri al giorno. Mai come in questo momento siamo circondati da offerte narrative, con una esplosione del mercato editoriale dell’autobiografia, dell’autofiction, del romanzo famigliare. I risultati sono variegati, se si pensa alla differenza che passa da Adrenalina. My Untold Stories di Zlatan Ibrahimovic a L’evento della Premio Nobel Annie Ernaux. 

Chi sono i lettori di tutte queste storie? «In Italia si pubblicano tanti libri, ma non si legge molto. Nel nostro Paese prevale il desiderio di scrivere e di parlare, su quello di leggere e di ascoltare», ammette Francesco Izzo, coach narrativo e direttore del progetto “Il mestiere di scrivere”.

Scrivere di sé come trend e necessità – Francesco Izzo, coach narrativo

A partire da Le Confessioni di Sant’Agostino, passando per Il milione di Marco Polo, approdando a Yoga di Emmanuel Carrère, l’esigenza di scrivere di sé e del proprio vissuto ha accomunato da sempre gli esseri umani, fino a diventare oggi, nell’era di influencer e content creator, un trend editoriale che sembra dare spazio a chiunque. «Dopo anni di pandemia abbiamo necessità di raccontarci, di entrare in relazione, di generare empatia di fronte a questioni e temi vissuti in termini sociali»

Autobiografie: il ruolo delle case editrici

Non basta voler raccontare di sé per aggiudicarsi un posto sugli scaffali delle librerie. Agli editori spetta il compito di valutare e selezionare. «Dovrebbero lavorare più sulla qualità che sulla quantità» osserva ancora Izzo e assumersi qualche rischio, per amore della cultura. «Ernaux, pubblicata da una piccola casa editrice semi-sconosciuta, L’Orma, è un esempio di coraggio e di scommessa vinta». A volte la necessità di far quadrare i conti spinge verso scelte di più facile presa e di sicuro successo, a scapito della qualità, come nei casi di alcune autobiografie di personaggi noti. «Si tratta di puro marketing. Libri che vendono di sicuro. Per le case editrici rappresentano un basso investimento a fronte di una facilità di guadagno».

Autofiction: una rielaborazione del vissuto con valore letterario

Su autobiografie e romanzi autobiografici c’è un falso mito, mette però in guardia Izzo: «Si pensa spesso che scrivere un’autobiografia sia facile. Non è così. Scrivere un’autobiografia o una autofiction è difficile come scrivere un romanzo. Per questo si crea un percorso di selezione naturale: si parte dall’urgenza di raccontare, da aspettative di facilità di accesso alla scrittura autobiografica, si passa attraverso un percorso interiore di rappresentazione, rielaborazione e ricollocazione del vissuto. Rispetto alla quantità di persone che avvia questo percorso, pochi riescono ad arrivare alla pubblicazione». Oltre alla volontà, alla tenacia e al talento qual è il discrimine che porta alla pubblicazione? «Il valore estetico-letterario dell’opera, nelle diverse gradazioni. Con estetico-letterario intendo la capacità di un’opera di entrare in sintonia con un lettore, di far sì che l’esperienza, per come è narrata, riesca ad abbracciare un pubblico». 

La scrittura autobiografica ha regole in comune con la scrittura letteraria, utilizza codici e tecniche narrative. «L’autobiografia ha sempre una parte di autofiction, con la possibilità di mescolare le carte della propria vita. Carrère gioca molto sugli aspetti di rielaborazione del vissuto in cui il confine tra fiction e autobiografia è labile, non può essere conosciuto dal lettore». 

Nadia Terranova: «Scrivo, saccheggiando parti della mia vita»

Su questo confine si muove, anche se in modo diverso da Carrère, Nadia Terranova, autrice e docente di scrittura all’accademia Molly Bloom, finalista nel 2018 al Premio Strega con Addio fantasmi. Il romanzo è la storia di Ida Laquidara, di ritorno nella casa natale a Messina dove, circondata dagli oggetti e dalle persone del proprio passato, affronta il trauma dell’abbandono del padre, avvenuto ventitré anni prima.

«Addio fantasmi non è un libro autobiografico, è un romanzo che saccheggia alcuni elementi e dinamiche della mia vita. Non è la storia della mia famiglia». La protagonista scrive «finte storie vere» per un programma radiofonico. «Scrivere finte storie vere è anche la sintesi del mio approccio alla narrativa. La letteratura che ho scritto finora non è mai completamente autobiografica. Non scrivo mai fatti e accadimenti così come sono successi. Scrivo finte storie vere. Prendo spunto dalla mia vita, inventando. Nel fare questo non so se la scrittura sia salvifica o terapeutica. Scrivere saccheggiando parti della propria vita apre e riapre conflitti, è una forma di lotta che ingaggi con te stessa e il tuo passato. In ogni caso ha più a che fare con la letteratura che con la terapia». 

Sui social vediamo il cattivo gusto legato all’autobiografismo

Autobiografismo o meno, Terranova tiene a ribadire il potere e il valore della narrativa: «Mi interessa la scrittura come fatto letterario che non prescinde dalla conoscenza di precisi strumenti. Credo nel talento, nella vocazione e nei ferri del mestiere, indipendentemente dal genere letterario. Quando il meccanismo del racconto di sé non è mediato dalla narrativa si riscontra una morbosità, un desiderio di guardare dentro le vite degli altri. Sui social vediamo il cattivo gusto legato all’autobiografismo, un racconto di sé senza filtri, tendenzioso». 

Dal suo osservatorio di autrice e docente, Terranova nota due tendenze: «C’è una gran voglia di vedere e leggere storie, scritte attraverso una lente letteraria. Quando legge un libro in cui vengono trattati, anche in modo crudo, fatti personali attraverso un filtro letterario il lettore trae una sorta di sollievo, sente di non essere solo. Il Premio Nobel ad Annie Ernaux è il riconoscimento a una scrittura di sé potente nell’esposizione e precisa». Dall’altra parte: «C’è una voglia di parlare di sé che spinge molte persone alla scrittura. Raramente questo desiderio assume una forma narcisistica: è un desiderio di scoprire qualcosa di sé attraverso il racconto. L’ostacolo maggiore su cui dobbiamo lavorare in classe è la paura di svelarsi e delle reazioni che potrebbe suscitare in chi legge ciò che viene scritto». 

Addio, a domani di Sabrina Efionayi

Paure che anche Sabrina Efionayi ha dovuto affrontare prima di arrivare alla pubblicazione di Addio, a domani, romanzo in cui racconta la propria storia di ragazza campana di origini nigeriane, del rapporto con le due mamme, quella biologica e quella che l’ha cresciuta, e con il contesto sociale e culturale di riferimento.

Nei primi tre romanzi young adult OVER, OVER 2 e #TBT Indietro non si torna, pubblicati tra il 2016 e il 2017 sotto lo pseudonimo di Sabrinex, Efionayi aveva raccontato le vite di personaggi molto distanti da lei: le protagoniste sono bianche, l’ambientazione il Regno Unito o gli Stati Uniti. Nel 2020 però, con la morte di George Floyd e le manifestazioni del movimento Black lives matter qualcosa cambia. «Mi chiedevano di scrivere articoli, di parlarne ma non riuscivo a toccare quel tema, mi faceva stare male». 

Fino a che l’urgenza di non ignorare più la discriminazione e la violenza verso le persone nere e il tema personale del rapporto con la madre biologica prendono il sopravvento e Sabrina decide di non nascondere più la propria storia. «Le mie vicende personali erano sempre state tenute da parte, non erano state affrontate neppure con amici e famigliari. Ho capito che non potevo aspettare, mi sono sentita in dovere di raccontare. Un’operazione che ha necessitato anche di un percorso terapeutico». 

Efionayi prende posizione, trova la propria voce. La scrittura si fa autobiografia e nello stesso tempo atto politico e denuncia. «La scrittura anche di un fatto personale mi permette di affrontare temi rispetto ai quali sento di poter e voler dire la mia. Ho iniziato a scrivere “Addio, a domani” in prima persona. Poi è subentrata la necessità di prendere la giusta distanza da quello che scrivevo. Nella versione andata in stampa ho adottato la terza persona, parlo della mia storia come se non fossi io. Vedermi da fuori mi ha aiutato a recuperare la memoria, a ricostruire, a cogliere aspetti nuovi di quanto mi è accaduto».

Balena di Giulia Muscatelli

Processo inverso è avvenuto per Giulia Muscatelli, autrice di Balena, storia di un corpo di bambina che si allarga quanto più diventa imponente il dolore per la morte del padre. «Ho iniziato a raccogliere il materiale da cui è nata Balena sette anni fa. Un editor si era interessato ad alcuni miei scritti. “Stai scrivendo sempre la stessa storia”, mi ha detto. Balena era già lì. Negli anni la narrazione ha subito tante riscritture. Fin dall’inizio una cosa però era chiara: avrei voluto pubblicare quel romanzo. Volevo che le persone lo leggessero, volevo avere modo di parlarne». 

Non la ricerca di una pubblicazione a tutti i costi però. «Ho cercato e trovato gli editori giusti, che potessero accogliere la mia storia con la delicatezza necessaria. Le precedenti stesure erano in terza persona. Quando sono arrivata a edizioni nottetempo c’è stata l’intuizione che ha fatto fare un salto alla storia: riportarla in prima persona e renderla un memoir». 

Era quello che mancava. «Quegli avvenimenti non avrebbero avuto senso scritti in altro modo. Una storia cruda, vera, che scava nei dettagli più reconditi che potessi ritrovare o ricostruire». Una storia in cui la verità, anche quella autobiografica, è messa al servizio della storia. «È stato più difficile di quanto avessi pensato fare una selezione sulla mia vita. A un certo punto la verità era troppa per stare dentro quella pagina: c’erano esperienze o eccessive o non interessanti, che ho scelto di non includere». 

La narrazione, e torniamo a quanto espresso anche da Terranova, proprio per esercitare pienamente il proprio potere, resta mestiere. «Certo, non siamo automi e il nostro agire come scrittori parte anche dalla nostra emotività. Oggi ho la certezza di avere elaborato il dolore, trasformandolo, di avere potuto lavorare sulla mia esperienza, guardandola da un altro punto di vista. Ma non credo che quando la scrittura è mestiere debba essere catartica o rappresentare un modo per svuotarsi dei propri problemi. Quando è così, è dannoso», ribadisce Muscatelli.

Editoria ed educazione: il potere politico e sociale dei libri

Raccontare una storia come quella di Balena, che parla di morte e di vita, di corpi che cambiano, di bullismo e rinascita, è un’operazione trasformativa. Per chi scrive, ma anche per chi legge. «Credo nel potere politico e sociale dei libri. Mi sono chiesta: che strumenti ho per entrare in contatto con le altre persone? La risposta che mi sono data è: raccontando una storia»

«Nella mia testa ho sempre avuto una lettrice ideale – confessa Muscatelli – Una ragazza di circa vent’anni che ho visto un giorno in centro a Torino in una via patinata, tra borse e negozi. Ferma, imbacuccata, con lo sguardo perso. Non stava facendo nulla. Ecco, ho pensato: sta aspettando di leggere “Balena”». 

Il pubblico che segue Balena è per lo più giovane, composto da ragazze e donne. «Mi scrivono su Instagram, si commuovono alle presentazioni, si confidano. Sono diventata depositaria di alcune loro storie. Ero convinta che il tema del corpo, di attualità, avrebbe smosso l’attenzione più di altri. Invece, mi vengono restituite molte osservazioni e racconti personali sui temi del lutto, della perdita, della mancanza, del sentirsi inadeguate, anche per motivi lontani da quello che ho vissuto io. Di fronte a una storia vera, le persone si sentono legittimate a raccontarsi».

Francesco Izzo

Coach narrativo, consulente editoriale, direttore e coordinatore del progetto “Il mestiere di Scrivere”.

Nadia Terranova

Autrice, finalista al Premio Strega nel 2018 con Addio fantasmi (Einaudi, 2018), docente all’Accademia di scrittura creativa Molly Bloom e alla Scuola Holden.

Giulia Muscatelli 

Balena (nottetempo, 2022) è il suo primo libro. Scrive articoli di approfondimento per diverse testate. Si occupa di progetti di comunicazione per le aziende, di archivi e musei d’impresa. È consulente per la direzione creativa e artistica di alcuni centri culturali. 

Sabrina Efionayi

Autrice di Addio, a domani (Einaudi, 2022) e di Storia del mio nome, serie podcast prodotta da Spotify Studios in collaborazione con Chora Media. Frequenta il corso di laurea in Scienze Politiche presso la Federico II di Napoli. 

Elisabetta Molteni

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

SFOGLIA
CONDIVIDI
Facebook
LinkedIn
Pinterest
Email
WhatsApp
twitter X