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Il libro di tutti i libri, Roberto Calasso, edizioni Adelphi Lampoon
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Per chiunque voglia scrivere, rimarrà un sogno: l’Adelphi di Roberto Calasso

Adelphi: genesi e futuro di una casa editrice di ‘Libri unici’: «sono quelli in cui si riconosce che all’autore è accaduto qualcosa e quel qualcosa ha finito per depositarsi in uno scritto»

Adelphi: una breve storia dalla fondazione nel 1962

«Una buona casa editrice sarebbe quella che pubblica solo buoni libri, libri di cui l’editore tende a essere fiero piuttosto che vergognarsene». Me lo disse Roberto Calasso quando lo incontrai e intervistai per la prima volta. Era il febbraio del 2014 e la Adelphi – la casa editrice da lui fondata nel 1962 con Roberto Balzen e Luciano Foà – aveva da pochi mesi compiuto cinquant’anni. Fu festeggiata con un colpo di scena ‘alla Calasso’: la pubblicazione di un libro – L’Adelphiana, «un libro da leggere e da guardare da cima a fondo – precisò – come fosse una lunga storia a puntate» e poi via da Milano, direzione Roma.

No cene, no torte, figuriamoci le candeline, solo un incontro pubblico all’Auditorium Parco della Musica – un bel posto, ma decisamente pop per celebrare milioni e milioni di pagine pubblicate in tutto quel tempo e contenute in libri che hanno sin dall’inizio colpito per le copertine. Un pot pourri di colori pastello nelle varie gamme su carta opaca utilizzata (l’imitlin), immagini scelte secondo il procedimento dell’ecfrasi al rovescio, «tentando cioè – come mi spiegò – di trovare l’equivalente o l’analogo di un testo in una singola immagine».

Roberto Calasso, il carattere e la cultura

Calasso era così: amava stupire e nel farlo, con nonchalanche, si chiedeva sempre cosa si aspettasse da lui la gente per poter fare poi il contrario. Viste le premesse, e vista anche l’aurea e quel senso di mistero che lo accompagnava prima ancora di arrivare in un posto, cercava di sorprendere anche i più scettici, a tal punto che quando lo si incontrava dal vivo – vestito con una semplice giacca, di solito scura, quasi sempre senza cravatta e con una camicia bianca e pantaloni color panna – ci si chiedeva: ma quello è davvero Roberto Calasso?

Era davvero Calasso quell’uomo col riporto sbandierato come un accessorio qualunque che mi concesse poco meno di due ore del suo tempo, divise tra il suo studio pieno di oggetti, libri, foto e ricordi in via San Giovanni sul Muro – sede della casa editrice – preferendo svagarsi davanti a una pizza nella vicina Quattro Mori, con vista sul Teatro dal Verme, invece che alla Brisa, poco più in là, dopo Corso Magenta? Era Calasso quell’uomo di piccola statura che, da una grande poltrona rossa, rispondeva con pazienza alle banali domande del pubblico romano o – cambio di scenario – alla Fondazione Cini, sull’isola di San Giorgio, a Venezia, a quelle di librai e scrittori al seminario organizzato dalla famiglia Mauri? Calasso: tutte le volte, ognuna a suo modo.

Roberto Calasso, Immagine Adelphi Lampoon
Roberto Calasso, Immagine Adelphi

Adelphi: la linea editoriale di Roberto Calasso

Oggi che non c’è più, fa ancora più strano, perché uno così – trattato dai suoi dipendenti e dagli adulatori come una divinità (non è un caso se Adelphi, nella foto ufficiale che ha fatto girare sui social dopo la sua scomparsa, abbia scritto: Roberto Calasso: 1941 – per sempre) – era più semplice di quanto si potesse credere, la sua unica regola di vita l’understatement e – proprio per questo – ancora più snob. Non amava parlare di sé con chi non era suo amico e a tutti gli altri dava solo l’illusione della concessione tra racconti di esperienza e tanta cultura, senza aggiungere nient’altro.

La sua sfida – riuscita – fu quella di attraversare più di duemila titoli, lasciandovi filtrare l’aria del tempo: di ieri, di oggi o – chissà – sicuramente di domani. Libri con argomenti diversi l’uno dall’altro, «ma libri di qualità e per questo da fare», ci spiegò. ‘Quei fantastici tre’ decisero di chiamarli ‘libri unici’, testi di vario genere che proprio perché avevano rischiato di non diventare mai dei libri, riuscissero a fermare dentro le loro pagine un qualcosa di unico. «Libri unici sono quelli in cui si riconosce che all’autore è accaduto qualcosa e quel qualcosa ha finito per depositarsi in uno scritto», mi disse Calasso. 

Libri Adelphi: i primi pubblicati e i successi

I primi volumi pubblicati furono i Classici: Büchner, Defoe, Gottfried Keller, Carlo Dossi, Machiavelli e Stendhal. Nel 1965 cominciano le Opere complete di Nietzsche, nell’edizione diretta da Colli e Montinari e sempre nello stesso anno, nacque la prima collana, la Biblioteca Adelphi con L’altra parte di Alfred Kubin, «unico romanzo di un non-romanziere che Balzen vide stampato», il numero due, Padre e figlio di Edmund Gosse, e, ancora, La nube purpurea di M.P. Shiel e tanti altri che seguirono come Joseph Roth, nel 1974, con La cripta dei Cappuccini.

Leonardo Sciascia, Robert Walser a Bruce Chatwin, Milan Kundera, Mordecai Richler, Thomas Bernhard, Cristina Campo, Sándor Márai, Herman Hesse, Wislava Szymborska e Irène Némirosky, fino alla saga di 007 e a George Simenon, molto amato da Federico Fellini, di cui ne sono stati pubblicati più di cento e vendute due milioni di copie equamente divise tra Maigret e i romanzi senza di lui.

Alcuni autori erano già conosciuti, altri furono delle vere e proprie scoperte dirette o indirette, attraverso autori della casa editrice, come nel caso di Elias Canetti (autore, tra gli altri, di Massa e Potere) che gli fece conoscere Johan Turi e il suo Vita di un lappone. Cosa dire, poi del calassiano Le nozze di Cadmo e Armonia o dei due ultimi che ci ha lasciati, Bobi e Memè Scianca, usciti nel giorno in cui se n’è andato compiendo ottant’anni? Tra tanti autori pubblicati, ci sono stati e ci sono anche molti autori rifiutati, «perché pubblicarli sarebbe stato come introdurre un personaggio sbagliato in un romanzo, una figura che rischierebbe di squilibrare l’insieme o di snaturarlo», tenne a precisare. 

Disporre i libri in libreria 

Nello scegliere quello o quelli da leggere, anche qui, stupì non poche persone: «Si può far riferimento anche alla copertina, perché no? Varia in base ai propri gusti e al risvolto che, quando si è in una libreria senza un’idea, verrà sempre in aiuto». Del resto, «in quel momento – scrisse pochi anni fa ne L’impronta dell’editore il lettore sta aprendo una busta e quelle poche righe esterne al testo del libro sono di fatto una lettera, una lettera a uno sconosciuto». Ordinarli in una libreria, poi, non è cosa facile, soprattutto se si hanno in grandi quantità, ma lui mi diede la soluzione:

«l’ordine comincia proprio dal suo aspetto, da come si presenta, nel gusto dell’arredamento e nel corretto uso di luci, nell’assenza di musica di sottofondo – molestatrice del prossimo – e nella presenza di sedie. Chi sfoglia libri in piedi – aggiunse – ha sempre un’aria furtiva, diventando così fastidioso per gli altri clienti. Ordiniamole come si deve, perché solo così facendo esse diventeranno un luogo speciale dove si ha voglia di entrare, un po’ come accadeva nei club inglesi dell’Ottocento, solo che al posto dei soci ci sono i libri».

Capito librai, proprietari o gestori di ‘librerie-emporio’, come le definì e che tanto odiava? Del libro e non solo, ci ha insegnato ad averne cura, perché «sono esseri autosufficienti. Non richiedono nulla attorno, se non un caffè o una tazza di tè». Un vero e proprio browsing, un navigare ma a vista, direbbero gli inglesi, a Calasso tanto cari in questo ‘gioco’ che è l’editoria, «uno di quelli che fino a quando durerà, sono sicuro che ci sarà sempre qualcuno pronto a giocarlo con passione». 

Adelphi, proprietà

Roberto Calasso ha assunto la guida della casa editrice come direttore editoriale dal 1971, consigliere delegato dal 1990, presidente dal 1999. Nel 2006 il 48% di Adelphi era di proprietà del Gruppo RCS. Il 4 ottobre 2015, in seguito alla vendita della divisione libri di RCS alla Mondadori, esce la notizia che Roberto Calasso avrebbe esercitato un’opzione di riacquisto del 58% dell’Adelphi, uscendo dal gruppo, diventando azionista del 71% del capitale; i soci di minoranza sono Francesco Pellizzi e Elisabetta Zevi.

Giuseppe Fantasia

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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