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190mila alberi entro il 2030 e 4 progetti pilota: la giungla urbana di Prato

Ripensare il rapporto tra natura ed edilizia, fuori, dentro e intorno agli edifici: il cammino di Prato verso la forestazione, interviene l’Assessore all’Urbanistica Barberis

Prato, primo distretto in Europa e tra i primi al mondo per la produzione di tessuti, ha iniziato il cammino per raggiungere un altro primato: diventare la prima giungla urbana al mondo

Il Comune ha elaborato un piano di forestazione che prevede la piantagione, entro dieci anni, di 190mila alberi e il ripensamento del rapporto tra spazio urbano esistente, edifici e natura. Come spiega Valerio Barberis, Assessore all’Ambiente e Pianificazione Urbana del Comune di Prato e architetto: «Tutto nasce tra il 2015 e il 2018, quando stavamo lavorando alla stesura del piano operativo della città. Pensavamo che il tema ambientale sarebbe stato tra i più sentiti dai pratesi: è emerso che era il primo della lista». Sono gli stessi anni in cui, da Expo 2015 al World Forum on Urban Forest di Mantova del 2018 – passando per l’approvazione dell’Agenda ONU 2030 per lo Sviluppo Sostenibile e Forestami del Comune di Milano – si inizia a parlare sempre più di forestazione urbana. 

«Abbiamo coinvolto Stefano Boeri e Stefano Mancuso per disegnare un piano di forestazione urbana attraverso sei azioni finalizzate al miglioramento della qualità ambientale di Prato». Si disciplinano la gestione delle acque del fiume Bisenzio e l’utilizzo del verde per mitigare gli effetti del traffico; il potenziamento di piccoli parchi e giardini all’interno della città, la creazione di parchi urbani e periurbani e la demineralizzazione del territorio. Il documento, approvato in via definitiva nel 2018, segue l’approccio del landscape urbanism, antitesi dell’urbanistica tradizionale. La città è pensata come una rete di linee verdi al cui interno sono presenti isole di cemento e costruzioni.

Il piano di Prato, Boeri e Mancuso va oltre: «Per la prima volta in Europa, la forestazione entra dentro la progettazione. Non è solo un progetto di assetto, ma è fonte normativa». Le strategie previste dal piano ruotano intorno a una peculiarità di Prato. «È un laboratorio. Un tempo la città era formata da un unico agglomerato urbano circondato da borghi e campagna: il centro storico di oggi. Con il boom del distretto tessile e l’immigrazione prima dal Sud Italia e poi dalla Cina, Prato è diventata policentrica. Non si è creata una periferia, ma più centri strategici. Vista questa conformazione, sono presenti aree verdi non collegate le une alle altre. I piani di azione che abbiamo elaborato si basano sulla presenza di queste zone». 

Gli alberi saranno piantati entro il 2030, in attuazione delle sei strategie del Piano: quasi uno ogni cittadino (a dicembre 2019 la città contava 195.098 abitanti), in un’area cittadina di 97.35 km²

Per Barberis, «Il primo passo è stata l’analisi dei benefici ambientali apportata dagli alberi già presenti in città – circa 30mila, escludendo quelli di proprietà dei privati. L’operazione è stata effettuata da PNAT (la società spin-off dell’Università di Firenze che unisce architetti e scienziati vegetali, co-fondata da Mancuso, ndr.), che ha valutato gli effetti sull’assorbimento di Co2, sulla mitigazione delle isole di calore e su fenomeni come il ruscellamento. Sulla base dei dati ottenuti, lo studio Boeri ha redatto il piano di forestazione».

Per scegliere le specie più adatte da piantare per ottenere i massimi benefici sia in termini ambientali che paesaggistici, il Comune di Prato è al lavoro con il Dipartimento di Agraria dell’Università di Firenze e con il Politecnico di Milano. Per l’acquisto degli alberi la città ha subito pensato a un altro distretto del territorio toscano: quello vivaistico di Pistoia che, colpito dalla crisi economica, potrebbe così beneficiare delle iniziative pratesi.

«Il verde urbano abbandona la valenza ornamentale – continua Barberis – e diventa un tassello del welfare state. Si tocca la sfera sanitaria, ad esempio rendendo alcune zone circondate dalla natura a essere adatte per fare attività fisica. Entra in gioco il concetto di resilienza urbana, riutilizzo degli spazi già edificati. In Italia non si può demolire una città e riprogettare intere aree in poco tempo, come è possibile fare in altri Paesi. Lo spazio urbano, denso e già esistente, deve diventare un supporto alla forestazione». Il Comune di Prato nel 2019 vince un bando promosso dalla Commissione Europea nell’ambito di UIA – Urban Innovative Action. Si arriva così a Prato Urban Jungle, rappresentazione secondo Barberis, «di una fase più avanzata del principio di forestazione urbana, perché interviene non solo sulla città a terra ma anche sugli edifici stessi: dalle facciate ai tetti e dagli spazi interni alle loro pertinenze».

Per Prato Urban Jungle – che ha ottenuto 3 milioni e 800mila euro di finanziamento da Bruxelles – sono stati messi a punto tre progetti pilota in diverse zone del perimetro urbano

«La prima è il quartiere Soccorso, area periferica ad alta densità urbana. Si è intervenuti sull’edificio che è sede della società Consiag-Estra. La seconda area di intervento è quella dei complessi residenziali di via Turchia, dove sono presenti 102 alloggi di edilizia popolare: in tutto, tre blocchi collegati da una piazza pedonale su cui affacciano due edifici bassi destinati a cantine. L’obiettivo finale è restituire suoli naturali e spazio pubblico alla collettività. Con questa operazione vogliamo capire come poter collegare forestazione urbana e edilizia già esistente e a che costo: a differenza del primo progetto dove l’azienda si fa carico delle spese e può decidere quanto investire, i fondi qui sono pubblici. Il terzo esperimento avrà sede nella nostra Chinatown. L’edificio scelto è il Macrolotto Zero, un fabbricato industriale con cui vogliamo capire in che modo revitalizzare vecchi edifici in ottica ambientale».

Approvati da poco i progetti preliminari, entro il prossimo aprile dovrebbero essere pronti quelli esecutivi. La fine dei lavori è prevista nel 2022. Nel frattempo è già nato un quarto progetto. Spin-off dell’intervento di via Turchia, tra i complessi residenziali oggetto di intervento, nascerà una serra idroponica, con la volontà di «creare redditività attraverso la coltivazione».

Due i concetti chiave: NBS – Nature Based Solutions e PBS – Plant Based Solutions

Le prime sono tecniche legate all’utilizzo di vegetazione in architettura ed edilizia. Per modellarle sulle esigenze concrete del luogo, «abbiamo installato una serie di centraline, sviluppate dai ricercatori del CNR, con cui sarà monitorata la salute dell’aria prima, durante e dopo le operazioni di forestazione: così saremo in grado di calcolare l’impatto ambientale del progetto», spiega Barberis. Lo scorso maggio il sindaco di Prato Matteo Biffoni, Barberis, Boeri, Mancuso e il gruppo di progettazione di Prato Urban Jungle hanno lanciato un appello al governo e al Parlamento per inserire le NBS tra le pratiche detraibili secondo la disciplina dell’ecobonus 2020.

Le PBS prevedono la centralità delle piante negli interventi di costruzione e manutenzione di aree urbane ed edifici, senza limitarle a luoghi canonici come giardini, viali e parchi, ma inserendole in un piano più ampio che tocca la città verticalmente e orizzontalmente, negli esterni e negli interni delle costruzioni. A giovarne, la qualità dell’aria dell’area metropolitana, ma anche quella all’interno di fabbriche e uffici, unendo benefici ambientali a salute psico-fisica dei cittadini.

L’ iniziativa UIA – Urban Innovative Actions, promossa dalla Commissione Europea, promuove lo sviluppo urbano degli Stati membri attraverso il finanziamento di progetti innovativi per diverse aree di criticità che vengono finanziati con fondi europei. Le risorse stanziate per il periodo 2014-2020 ammontano a un totale di 371 milioni di euro. Tra i temi di interesse: transizione digitale, sicurezza e povertà urbana, uso sostenibile del suono. Prato Urban Jungle ha vinto il bando in quest’ultima categoria nell’ambito della quarta edizione di UIA, nel 2019.

Giacomo Cadeddu

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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