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Terapia forestale in Toscana, l’evoluzione dello shirin-yoku

Shirin-yoku – ‘bagno di foresta’: il Consiglio Nazionale delle Ricerche e il Club Alpino Italiano continuano il progetto sperimentale di terapia forestale, in Toscana

Terapia forestale in Italia

«Come con un farmaco, anche un dosaggio di foresta genera conseguenze positive sulla persona, fisiche e psicologiche. Intendiamo provarlo scientificamente», spiega Federica Zabini, curatrice insieme a Francesco Menguzzo del libro Terapia Forestale. Una collaborazione tra il Club Alpino Italiano e il Consiglio Nazionale delle Ricerche. Il termine terapia è congruo per designare la serie di provvedimenti adottabili a scopo di cura dell’ambiente: va proposta da medici e psicologi, seguendo una serie di protocolli. L’obiettivo è misurare e certificare le conseguenze generate dall’esposizione alle emissioni di terpeni e oli essenziali in un ambiente forestale. Con le giornate di osservazione e immersione diretta si può arrivare alla validazione di questa pratica che in altri Paesi è già presente da anni ed è prescritta anche dai medici di famiglia. Il progetto di Terapia Forestale, nato due anni fa grazie alla collaborazione tra il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR – National Research Council) e il Club Alpino Italiano (CAI), può essere considerato come l’evoluzione strutturata del giapponese shirin-yoku o forest bathing – ‘bagno di foresta’. Mentre la pratica del Giappone è una immersione guidata in cui sono stimolati i sensi – l’ascolto dei suoni, il respiro dei profumi e degli oli essenziali, l’osservazione della luce – la versione italiana vuol essere più strutturata e consistere di un programma a lungo termine, organizzato in sessioni in foresta in collaborazione con operatori sanitari. 

Lampoon: l’immersione nella foresta  

Tra l’estate e l’autunno 2020 sono state condotte delle sessioni descrittive in foresta, in cui si sono raccolti dati nell’immediato su centocinquanta persone. Anche per il 2021 sono previste le sessioni di immersione, la prima è stata il 6 giugno. Gruppi di venti persone hanno preso parte alla conduzione seguiti da psicologi, esperti del CNR, del CAI e dalle guide ambientali locali. A differenza di altri tipi di immersioni in foresta, come a esempio quella della forestfulness, questa propone un metodo asettico di conduzione, con poco coinvolgimento emotivo, meno indicazioni da parte degli esperti, meno elementi evocativi e più libertà di stimolare i sensi. Prima dell’esposizione diretta avviene una fase di qualificazione, un sopralluogo sul sito per verificare l’accessibilità dei sentieri, gli spazi per particolari categorie di pazienti e gli elementi strutturali della foresta (come la presenza di acqua, la conformazione morfologica, le tipologie di alberi e la rilevazione della concentrazione di sostanze nell’aria in modo da dedurre anche gli orari e i luoghi migliori in cui immergersi). Lo studio vuole partire dalla rilevazione della concentrazione di composti volatili che si trovano nell’atmosfera e che sono inalati e respirati – variano nel tempo a seconda delle stagioni, del momento della giornata e dalla distanza a cui ci si trova. 

Terapia forestale: effetti psicofisici

Una volta raccolti i dati e ‘immerse’ le persone nell’ambiente naturale, l’obiettivo è rilevare eventuali cambiamenti psicofisici. L’anno precedente durante la sessione sperimentale sono state fatte delle rilevazioni sul benessere psicofisico delle persone tramite questionari, misurazione del battito e della pressione per cercare di carpire l’effetto immediato pre e post. Alcune prove sono durate due giorni, per valutare anche eventuali conseguenze cumulative in periodi più lunghi di due o tre ore. Le potenziali località ottimali per la riuscita di questo progetto sono circa centoventi, distribuite soprattutto nel centro e nord Italia, lungo l’Appennino tra Toscana ed Emilia-Romagna. Nel corso dell’anno 2021, in questa area geografica saranno completati i processi di qualificazione a Reggio Emilia, Parma, Modena, Bologna, Forlì, Pistoia, Maresca, Prato, Firenze, Valdarno Inferiore e Forte dei Marmi.

Composti organici volatili biogenici

Le caratteristiche boschive prese in considerazione nel valutare un luogo adatto alle sessioni di terapia forestale sono, ad esempio, la concentrazione di elementi inalati e la tipologia di composti che variano in base alle piante: i terpeni, come ad esempio l’alfa-pinene, o l’alfa-limonene. Questi sono una famiglia di composti organici volatili biogenici BVOC che vengono prodotti da varie piante. Sono emissioni di molecole sprigionate dalle resine e da oli essenziali e fanno anche parte degli aerosol forestali. Sono già note alcune proprietà delle piante, ma esistono ancora pochi studi che mettono insieme questi elementi – la concentrazione, la permanenza nell’aria e gli effetti sul corpo – in ambito forestale, poiché la maggior parte delle volte si tratta di esperimenti condotti in laboratorio per altri fini. Quando si parla di misurare le conseguenze, si prendono in considerazione più fattori che possono portare a certi risultati, che riguardano non solo la componente olfattiva, ovvero i benefici sul sistema immunitario dati dall’inalazione dell’aerosol boschivo, ma anche quella visiva, ad esempio la composizione frattale degli alberi nella foresta che pare abbia un effetto rilassante sul corpo, ma i cui meccanismi e posizioni sono ancora da comprendere a pieno.

Foreste: dove si trovano le foreste in Italia

L’Italia è il secondo paese per foreste in Europa con oltre undici milioni di ettari e il trentotto percento del territorio occupato da aree verdi. In meno di trent’anni la superficie boschiva italiana ha registrato una crescita del venti percento passando da nove milioni di ettari del 1990 agli attuali 11,4 milioni. L’Italia è al secondo posto tra i grandi paesi europei per copertura forestale dopo Spagna (55, 4%) e davanti a Germania (32,8%) e Francia (31,8%). Inoltre, i nostri boschi sono più ricchi di biodiversità rispetto a quelli del Centro Europa e questo li rende più forti. I distretti territoriali con la maggiore percentuale di superficie forestale sono Alto Adige, Trentino, Friuli Venezia-Giulia, Liguria, Toscana, Umbria, Abruzzo, Calabria e Sardegna, mentre quelle meno ricche di risultano essere la Puglia (7.5%) e la Sicilia (10.0%). Il sessantotto percento delle foreste italiane sono subtropicali (querceti, pini e le altre specie mediterranee), il trentadue percento temperate (soprattutto faggeti e boschi alpini). Le categorie forestali più diffuse a livello nazionale sono i querceti di rovere, roverella e farnia, le faggete e i Boschi di cerro, farnetto, fragno e vallonea, che superano ciascuna il milione di ettari. Non è da sottovalutare il contributo che le foreste italiane apportano all’atmosfera: riescono a sottrarre ogni anno circa 46,2 milioni di tonnellate di CO2 e ciò le rende il miglior strumento di mitigazione, grazie alla loro capacità di assorbimento e di immagazzinamento di biomassa. Nei prossimi dieci anni, il nostro Paese è chiamato a piantare più di duecento milioni di alberi come primo contributo alla strategia Europea per la biodiversità 2030.

Il progetto di Terapia Forestale

Nasce due anni fa grazie alla collaborazione tra il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR – National Research Council) e il Club Alpino Italiano (CAI). Il CNR in quel periodo stava lavorando sulle foreste, in particolare sull’estrazione di sostanze bioattive dall’abete bianco e, grazie a Francesco Meneguzzo e Federica Zubini, ricercatori presso il Cnr-IBIMET, National Research Council Institute of Biometeorology, è avvenuto l’incontro con il CAI. Infine, si aggiunge al team Francesco Becheri, psicologo e psicoterapeuta, che aveva iniziato da tempo alcune iniziative per la terapia forestale e si avviano i lavori.

Eleonora Laura Bruno

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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