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Per la tintura vengono utilizzate le foglie e le parti apicali della pianta di canapa
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Tradizione tessile del Nord Abruzzo

In Val Vibrata tra lane locali, transumanza e fibre di canapa tessile. VerdefiloLab coltiva la pianta per creare tinture naturali

Coltivazione canapa in Val Vibrata 

Un tempo, in Val Vibrata, provincia di Teramo, trovare una famiglia contadina che non coltivasse canapa era una rarità. Le fibre più nobili erano filate per biancheria da cucina – tovagliati e strofinacci. Quelle più grezze diventavano teli per agricoltura, ci si asciugavano grano e granoturco. Con il restante si intrecciavano corde, vele e cordami: la forza della fibra di canapa sta nella sua resistenza. «Ricordo i tessuti in canapa del corredo nuziale di mia nonna, sposata nel 1932. Mia madre usa ancora quegli oggetti. La canapa non si deteriora facilmente. C’è poi l’aspetto rustico di quei tempi, del lavoro pesante fatto tutto a mano», dice Cesarina di Domenico, fondatrice e titolare di VerdefiloLab, azienda specializzata in produzione di filati di canapa, lana e tinture naturali, raccontando perché ha deciso di dar vita al progetto. 

VerdefiloLab tintura di canapa

Punto di partenza nella storia di VerdefiloLab, la coltivazione di varietà tessile di canapa, il desiderio di ricostruire un’intera filiera, dalla coltura al filato. «Difficile», sostiene di Domenico, «perché in Italia non esistono strutture di prima lavorazione per questa fibra. Avevamo però a disposizione terreni di proprietà e un laboratorio di tintura naturale, così abbiamo provato lo stesso». L’attività dell’azienda è partita ufficialmente nel 2017, dopo anni di ricerca ed esperimenti. «Già nel 2015 avevamo seminato delle piante di canapa, poi è venuta l’idea di sperimentare con la tintura. Il risultato è stato un giallo energico. Se la pianta è più secca si ottiene un ocra ambrato, additivi di varie gradazioni creano alcune tonalità di verde, oppure può diventare color sabbia», racconta di Domenico.

Tutta la quantità di canapa utilizzata da Verdefilo per le tinture naturali – «non parliamo di grandi dimensioni, perché questa attività non le richiede», precisa di Domenico – è coltivata direttamente nei terreni di proprietà dell’azienda. Il colore va a tingere soprattutto filati di lana, «perché le tinte naturali su fibre vegetali come la stessa canapa, il lino o il cotone hanno un effetto diverso. Sono materiali con un potere meno fissante che sfocia in una gamma di colori acquerellati, meno vividi che su fibre come la lana»

Estrazione del colore dalla canapa

Come per ogni altro materiale, per ottenere una tintura di canapa, si inizia dalla mordenzatura: un processo termo-chimico con cui il filato da tingere è preparato per assorbire il colore. «Si utilizzano sali di alluminio non nocivi per la salute umana. L’allume di rocca per le sue proprietà anticoagulanti – lo usavano i nostri nonni per curare le ferite da rasoio – e il cremortartaro, lo stesso lievitante naturale che si usa per i dolci», dice di Domenico. Dopo aver fatto bollire il filato con questi materiali per un’ora, va fatto raffreddare mentre si prepara il bagno di colore. «Sono due le fasi da seguire. Prima la decozione del colore. Il materiale tintorio, solitamente secco, va spezzettato e macerato in ammollo per una notte. Il giorno dopo si fa bollire di nuovo per un’ora. Il colore passa dal materiale all’acqua. Bisogna poi filtrare benissimo, altrimenti i residui potrebbero macchiare il filato. Si arriva all’ultima fase, il bagno di tintura. Il materiale mordenzato bolle un’altra ora con il liquido tintorio. Qui si fissa il colore, che rimarrà indelebile. La parte più debole della tintura naturale è la sensibilità alla luce: mai asciugare i capi al sole».

Per la tintura vengono utilizzate le foglie e le parti apicali della pianta di canapa. Altre parti non hanno un particolare utilizzo tessile, ma sono utili per fertilizzare il terreno: arricchiscono il suolo evitando la pratica delle rotazioni agricole. VerdeFilolab, in collaborazione con il dipartimento di farmacologia dell’Università di Chieti, vuole indagare sui potenziali benefici che la fibra e la tintura di canapa potrebbero avere a contatto con la pelle umana. «La pianta ha proprietà antibatteriche, antinfiammatorie e di regolamentazione della temperatura corporea. Vogliamo capire se queste hanno effetto nel contatto con la pelle», dice di Domenico. 

VerdefiloLab utilizza diverse tinture naturali, oltre a quelle di canapa. Le classiche: robbia, cocciniglia, legno campeggio, reseda. Piccole produzioni di materiale selvatico, reperibile in loco, oppure scarti: bucce di melograno, castagna, ortica, equiseto, edera, fiori di pesco e ballo di noce. «Alcune tinte vengono da piante e arbusti più particolari che hanno però radici nella tradizione storica tintoria, ad esempio il rabarbaro rapontico, la verga d’oro, il crespino, la frangola, lo zafferanone. Oppure la bixa orellana, il tè verde, il salice rosso. A volte le mischiamo. In questi casi serve pazienza. Un bel tono di colore viene fuori con la sovratintura: un’ora per un materiale, un’ora per un altro», dice di Domenico.

VerdefiloLab tessuti di canapa

Sempre a base di canapa sono i filati che l’azienda produce e commercializza. A differenza delle partite impiegate per le tinture, per questo segmento di attività non si affida alla propria coltivazione ma ai rifornimenti del Linificio e Canapificio Nazionale. «Quest’anno la materia prima è orientale, quella del lotto precedente veniva invece dalla Francia. Alcune fasi di nobilitazione del prodotto hanno luogo in Italia, negli stabilimenti di Bergamo e Vincenza del Linificio e Canapificio», spiega di Domenico. Trovare fibra di qualità a livello merceologico non è facile.

Per di Domenico, uno dei motivi è che molti agricoltori europei avrebbe perso la competenza a trattare nello specifico la varietà tessile di canapa. La fibra grezza sul mercato ha un valore commerciale inferiore a quello del lino, molto coltivato in Paesi del Nord Europa, come il Belgio, l’Olanda e la Lituania. Così, per molti agricoltori e produttori, viene meno l’interesse nel coltivare la canapa. Riguardo la tracciabilità del prodotto «sono i fornitori a darci una serie di certificazioni. La EKO TEX STANDARD 100 garantisce la salubrità del filato. La ISO 1004 certifica una buona gestione ecologica dell’attività, che utilizza energia rinnovabile al 100% evitando la produzione di 342mila tonnellate di anidride carbonica l’anno», dice di Domenico.

Lampoon sulla filiera della canapa in Italia

In Italia non si può ancora parlare di una filiera di coltivazione della canapa che inizi e finisca all’interno dei confini nazionali. «Ci sono dei tentativi, soprattutto in Emilia-Romagna, ma alcune fasi della lavorazione, quelle di nobilitazione della fibra, sono difficili e in molti casi manca una conoscenza adatta. Altro difetto diffuso della produzione artigianale è che non sempre si riescono a raggiungere alti standard di qualità del filato e continuità nella fornitura», spiega di Domenico.  Dal punto di vista storico, i Paesi europei con una solida e continuativa tradizione nella coltivazione e lavorazione della canapa sono quelli del Nord, specializzati nella produzione di lino, perché le due fibre sono simili e le condizioni climatiche ne favoriscono la crescita, anche se la canapa è più resistente e più capace di adattarsi a diverse temperature.

Su tutti, racconta di Domenico, la Lituania, dove «studi archeo-botanici hanno rilevato la presenza di insediamenti con semi e pollini di canapa coltivata appartenenti al seimila-settemila avanti Cristo. Il primato per la presenza di canapa selvatica è detenuto dal Giappone. Le prospettive per lo sviluppo dell’industria in altri Paesi europei ci sono, a partire dai finanziamenti previsti dal Recovery Fund per favorire una maggiore biodiversità in agricoltura».

Filati in lana prodotti in Abruzzo

La canapa non è l’unico elemento tradizionale dei territori della Val Vibrata, nord dell’Abruzzo, su cui VerdefiloLab ha deciso di puntare. Nelle alture tra le Marche e l’Abruzzo sono secoli che i pastori locali allevano le loro pecore. Dal vello degli animali, nascono i filati in lana prodotti dall’azienda. Due le razze scelte da di Domenico: la sopravissana e la gentile di Puglia, «le famiglie italiane con i filati di miglior qualità. La gentile è una razza antica, incrociata con pecore merinos già nel 1500, mentre la sopravissana è nata dall’incrocio tra la vissana e le merinos francesi nel 1700, ad opera dello Stato Pontificio». Diverse le condizioni in cui vengono allevate queste due razze di ovini. La gentile di Puglia, dell’Alta Murgia, cresce in un ambiente ostico: paesaggi desolati, sterpaglie e poca erba. I greggi di sopravissana seguono invece i ritmi della transumanza verticale.

Passano il giorno in quota, la sera in valle, «sempre all’aperto – dice di Domenico – e questo continuo contatto con la natura si riflette nella qualità del filato». Le pecore vengono portate dai pastori a Macerata, alla Fiera Raci -Rassegna Agricola Centro Italia – dove vengono tosate. Lì si selezionano i velli di miglior qualità, poi consegnati al lanificio di Lanciano, che organizza le fasi del lavaggio e della cardatura. Spesso le lane italiane vengono spedite in altri Paesi per essere lavate, causa la mancanza di strutture adatte o che accettino di maneggiare lana sucida e grezza. Di Domenico spiega che, fino al 2020, le partite di fibra che acquistava venivano lavate in uno stabilimento di Prato, che adesso ha chiuso: «Non sappiamo ancora cosa succederà con il prossimo lotto».

Una volta lavata, la lana viene riconsegnata al lanificio, dove viene lavorata.  Si eliminano le ultime tracce vegetali e le impurità rimanenti. La fibra si infila nella carda, dove è aperta. Il sottile velo che ne esce passa in un altro macchinario e diventa un nastro arrotolato. Dopo il passaggio in un’altra rotativa, nasce il primo filato: il capo, enormi rocche di circa un metro. Da lì si passa alla torcitura, l’accoppiaggio dei capi di lana, ritorti in modo che formino un’unica anima. Sono così pronte le matasse di fibra, da tingere o vendere direttamente a chi intende lavorarli. 

Fiera RACI

La fiera RACI è la più importante rassegna agricola del Centro Italia. Si tiene a Villa Potenza, Macerata. Promuove l’identità e le tradizioni del territorio marchigiano e di quelli confinanti, dall’agricoltura al cibo. Lì si svolge anche la tosatura pubblica degli allevamenti dei pastori locali. Per l’occasione, spesso arrivano tosatori da diverse parti del mondo, dalla Nuova Zelanda alla Bulgaria

Giacomo Cadeddu

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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