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Sesso è Potere, Monetizing misogyny: le donne in politica, in Italia e nel mondo

I report Sesso è Potere, Monetizing misogyny: sui social l’odio colpisce sempre le donne in politica; al centro degli attacchi i diritti delle donne, diritti sessuali e riproduttivi

Il doppio standard che affligge le donne in politica

Nonostante oggi in Italia vi siano due donne alla guida rispettivamente del Consiglio dei Ministri (Giorgia Meloni) e del principale partito d’opposizione (Elly Schlein), essere una donna e fare politica continuano a essere due cose che si conciliano con difficoltà e chi ci riesce diventa oggetto di critiche e false informazioni. Alla base di questa tendenza vi sono delle consolidate strutture sociali che si basano sul cosiddetto ‘doppio standard’: gli stessi modi di agire sono valutati in maniera negativa se adottati da donne.

Il potere è in mano agli uomini: il report Sesso è Potere dell’associazione info.nodes in collaborazione con OnData

La realtà della politica italiana evidenzia come le posizioni apicali di Giorgia Meloni e Elly Schlein siano delle eccezioni. Lo illustra il report Sesso è Potere, realizzato nel 2022 dall’associazione info.nodes in collaborazione con OnData. Si legge nel dossier: «L’elezione della prima donna a capo del Governo ha riportato in auge il tema dello squilibrio di potere fra i sessi: in molte e in molti si sono chiesti se la vittoria di Giorgia Meloni non rappresenti anche, in qualche modo, una vittoria delle donne in una società a fortissima impronta maschile». La risposta è no. Basta guardare i dati per rendersi conto che le donne sono quasi del tutto assenti dal governo dell’economia, dell’informazione e dell’amministrazione. Per fare un esempio, Info.nodes scrive: «dei 7.452 comuni censiti sul portale del ministero degli Interni, la carica di sindaco è ricoperta nell’84,96% dei casi da uomini, contro il 15,04% delle donne». 

La ricerca Monetizing misogyny condotta da Lucina di Meco e il progetto #ShePersisted: affrontare la disinformazione e gli abusi contro le donne in politica

Monetizing misogyny. Gendered Disinformation and the Undermining of Women’s Rights and Democracy Globally è una ricerca condotta da Lucina di Meco, esperta di gender equality e diritti delle donne, selezionata dalla piattaforma Apolitical tra le 100 most influential people in gender policy nel 2020. La ricerca è parte del progetto #ShePersisted il cui obiettivo è affrontare la disinformazione di genere in politica e porre fine agli abusi contro le donne nella vita pubblica attraverso una strategia che opera su tre fronti: la ricerca, il supporto alle donne che ricoprono ruoli di leadership e strumenti per un uso più sicuro delle piattaforme digitali. Monetizing misogyny nasce negli Stati Uniti, ma per comprendere i modelli e l’impatto delle campagne di disinformazione contro le donne in politica, prende in esame cinque Paesi: Brasile, Ungheria, India, Italia e Tunisia. I casi studio esplorano come la disinformazione di genere venga utilizzata dai movimenti politici e dai governi per minare la partecipazione politica delle donne, e per indebolire le istituzioni democratiche e i diritti umani. La ricerca esamina anche le responsabilità e le risposte che sia gli attori statali sia le piattaforme digitali hanno preso – o, più spesso, non hanno preso – per affrontare questo problema.

Come si manifesta la misoginia online, dall’hate speech alle campagne di disinformazione 

Sono diverse le forme in cui si manifesta la misoginia online: violazione della privacy, sorveglianza e monitoraggio dell’uso di internet, diffusione non consensuale di immagini intime, cyberstalking, danneggiamento della reputazione e della credibilità di una donna. «Spesso c’è una motivazione politica negli attacchi rivolti alle donne. A volte questi attacchi arrivano dagli avversari politici. Molte donne in politica che abbiamo intervistato ci dicono che vedono questi comportamenti come una strategia per silenziarle», spiega Di Meco. Oltre ai discorsi d’odio ci sono vere e proprie campagne di disinformazione. «Gli attacchi attraverso le fake news dimostrano come quello dell’odio online sia un fenomeno che non coinvolge solo il  misogino della porta accanto, ma dietro le fake news c’è spesso un elemento di coordinazione che richiede motivazione e strategia», aggiunge Di Meco.

L’odio online contro le donne in politica – anonimato, deresponsabilizzazione e disinformazione

Ad agire sono perlopiù persone che si nascondono dietro identità fittizie, ma l’anonimato è solo un’illusione. In secondo luogo, a far acquisire maggiore sicurezza negli haters è la percezione del pubblico: una platea amorfa che rende il mondo digitale uno spazio dove gli utenti si sentono liberi di fare qualsiasi cosa. Questo comportamento porta alla deresponsabilizzazione che, a sua volta, alimenta le dinamiche di odio in rete. La tematica della partecipazione femminile in politica è un tema che sta a cuore a Di Meco. La ricerca si focalizza «sulle narrazioni disinformative di carattere sessista. Spesso si tratta di immagini; a volte è possibile trovare bufale o immagini usate fuori contesto». Di Meco precisa: «in questo studio non ci siamo focalizzati sul tema dell’odio, delle minacce e degli insulti, ma sulla disinformazione».

L’odio è attratto da specifici temi, non dall’orientamento politico. Laura Boldrini e i migranti; Elly Schlein e la sessualità

«Entro in politica nel 2013, vengo eletta e dopo due giorni sono presidente della Camera», è Laura Boldrini a parlare nel documentario I fili dell’odio nel quale racconta l’inizio di una serie di episodi di odio online: «Beppe Grillo decide di fare una domanda, apparentemente innocente, sul suo blog. Dopo un video dove c’è un ragazzo in macchina che guida con la mia sagoma accanto».  La domanda che Grillo pone è: ‘Che cosa fareste alla Boldrini in macchina?’. «Da quella semplice domanda esce fuori un mare infinito di sconcezze, di schifezze, di minacce di ogni genere, quasi sempre di matrice sessista». Non diversa la situazione per Elly Schlein, che durante il comizio di presentazione della sua candidatura come segretaria del Pd ha affermato: «Non è sano sostenere che mi occupo di diritti civili solo per il mio orientamento sessuale».

Gli attacchi d’odio 

All’acquisizione di una posizione ai vertici non corrisponde un’automatica conquista di tutele. O meglio, non è così per le donne. A confermarlo è Valeria Fedeli che più è andata avanti nelle sue posizioni più è diventata oggetto di campagne di disinformazione e di odio. Valeria Fedeli, ex ministra dell’Educazione, oltre a essere stata vittima di diversi attacchi online per le battaglie di avanzamento per la parità di genere in Italia, si è trovata al centro di «campagne mirate a ritrarla come una sciocca, una bugiarda, un’incompetente e non istruita, e a essere etichettata come ‘mostro’», si legge sempre in Monetizing misogyny. Lo studio condotto da Di Meco (di cui l’analisi del caso studio italiani sarà pubblicata il 14 marzo 2023) analizza «le narrative disinformative di donne in politica come Monica Cirinnà, Maria Elena Boschi, Valeria Fedeli, Laura Boldrini e Alessandra Moretti. Ognuna di loro è stata attaccata in merito alle proprie posizioni sui diritti civili. Gli attacchi contro Cirinnà avevano a che vedere con le sue posizioni in favore dei diritti delle donne e dei diritti della comunità Lgbtqia+. Anche le altre donne erano vittime di attacchi quando assumevano il ruolo di portavoce di questi temi. L’unica eccezione è Boschi: attaccata in un modo sessista e sessualizzato solo per il fatto di essere una donna giovane e considerata avvenente che ricopre un incarico di potere. In questo caso si giocava molto sull’aspetto fisico». 

Le narrative disinformative contro le donne in politica colpiscono chi è a favore dell’estensione e della tutela dei diritti civili

«Le donne non sono in politica non perché non siano capaci o perché non interessi loro, ma vengono messe così sotto pressione che non tutte sono disposte a intraprendere una carriera di questo genere. Questo è il prodotto patriarcale del nostro Paese» sottolinea Flavia Restivo, candidata nel 2021 nella lista del Pd alle elezioni comunali della Capitale. Di Meco chiarisce che: «Non è l’orientamento politico a scatenare l’odio online e la disinformazione, ma sono determinate tematiche: per esempio i diritti Lgbtqia+ a cui si contrappongono i movimenti che sono a favore della cosiddetta famiglia tradizionale e che cercano di limitare diritti come l’aborto, i diritti sessuali e riproduttivi, i diritti delle donne, l’educazione di genere o sessuale nelle scuole, ossia tutto quel filone che etichettano come ideologia gender».

Il ruolo dell’immagine negli attacchi contro le donne da parte degli haters sui social

Nel binomio politica-donne, l’immagine gioca un ruolo di preminenza, soprattutto nelle dinamiche dei social media. Di Meco torna su questo punto facendo riferimento a dei casi concreti. «Abbiamo visto tutti, purtroppo, foto di Maria Elena Boschi modificate per farla vedere nuda o per far sembrare che indossasse un certo tipo di biancheria intima. È girata anche una foto manipolata per far sembrare che Boschi leggesse il giornale al contrario, per rappresentarla come una donna incapace anche solo di leggere il giornale». Poi aggiunge: «Forse non abbiamo categorizzato come disinformazione di genere queste immagini, ma dovremmo farlo perché in realtà sono un contenuto disinformativo che cerca di mettere lei e la sua agenda politica in cattiva luce e di conseguenza si rischia di oscurare la partecipazione politica femminile in generale». Di Meco sottolinea: «Se un uomo in politica fa un pessimo lavoro nessuno pensa a mettere in dubbio la capacità del genere maschile di fare politica. Non appena una donna viene criticata per il suo agire politico viene subito messa in dubbio la capacità di leadership di tutto il genere femminile».

Il modus operandi dei discorsi d’odio; gli attacchi ai diritti delle donne, diritti sessuali e riproduttivi

Analizzando quanto accade in diversi paesi e continenti, la ricerca Monetizing misogyny è in grado di evidenziare un modus operandi che supera distanze e culture. «C’è uniformità sulle modalità di attacco nei confronti delle donne. Queste dinamiche disinformative cercano di mettere le donne in cattiva luce giocando su degli stereotipi sessisti: donne sciocche, donne come persone delle quali ci si può fidare poco, traditrici della patria». Al centro degli attacchi ci sono sempre i diritti delle donne, i diritti sessuali e riproduttivi: «La tematica che abbiamo visto sempre attiva è quella dei diritti delle donne: in tutti i paesi in cui abbiamo condotto interviste le donne ci hanno detto che vengono attaccate di più quando si fanno portavoce dei diritti delle donne e in particolare dei diritti sessuali e riproduttivi».

Digital Resilience Toolkit: per le donne in politica uno strumento contro doxxing, trolling, campagne diffamatorie e abusi 

Uno strumento concreto per contrastare la misoginia online, le cui conseguenze si ripercuotono nella vita reale di chi la subisce, è il Digital Resilience Toolkit, strumento ideato da #ShePersisted che riunisce informazioni sulla sicurezza digitale e tattiche per prevenire e gestire i danni online più comunemente subiti dalle donne leader come doxxing, trolling, campagne diffamatorie e abusi. I consigli sono rivolti in particolare alle donne elette in ruoli politici e di rappresentanza, alle attiviste, alle consulenti elettorali e alle giornaliste.  «Queste accortezze sono utili, ma bisogna mantenere una dose di scetticismo: nel momento in cui esiste un accorgimento questi attori, in particolare se politicamente motivati, riescono a modificare l’attacco e a sfuggire». Di Meco conclude: «La regolamentazione del funzionamento delle piattaforme sarà l’unica soluzione reale».

Francesca Polizzi

Giorgia Meloni e il compagno Andrea Giambruno alla Prima della Scala, 7 Dicembre 2022
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Giorgia Meloni in Parlamento, circondata da colleghi uomini
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L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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