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Palazzo Butera
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Collezionare arte equivale a fare ricerca – Francesca e Massimo Valsecchi

Palermo – Fondazione Palazzo Butera: una vocazione alla ricerca a partire dalla collezione di Francesca e Massimo Valsecchi – e la capacità siciliana di accettare le differenze culturali, traendone benefici e non danno 

Il progetto di Palazzo Butera

Progetto avviato nel 1692 da Giacomo Branciforti, residenza dei principi di Butera, passato poi durante la Belle époque alla famiglia dei Lanza attraverso il matrimonio di Pietro Lanza di Trabia con Giulia Florio, dopo essere stato Assessorato Regionale agli Enti locali e luogo adibito a convegni e ricevimenti, oggi Palazzo Butera è ‘casa’ di Francesca e Massimo Valsecchi. Una casa-museo, laboratorio culturale per la città e i suoi visitatori.

Massimo Valsecchi: le origini del collezionismo

«Sono nato a Genova, l’infanzia l’ho passata a Santa Margherita Ligure. I miei antenati erano banchieri, mercanti e anche collezionisti, tra cui Ottavio Costa. Egli ommissionò a Caravaggio  Giuditta e Oloferne, portando l’opera a San Lorenzo della Costa, oggi a Palazzo Barberini. Ho cominciato a collezionare a quindici anni con un quadro di Lino Schenal. L’artista viva a Parigi, partiva da una matrice surrealista. D’estate si spostava a Portofino, lì soggiornavano varie famiglie importanti».

«Ricordo che negli anni Sessanta, a Milano, Mimma Mondadori aprì una galleria in Piazzeta Duse e scelse Schenal per la sua prima mostra. Fino ai miei diciotto anni, a casa dei miei genitori, ho costruito una stanza, ancora esistente, dove conservavo tutte le opere fino a quel momento collezionate. A mio parere, la peculiarità delle case è che un certo punto rimangono come congelate: vengono costruite, riempite in circa dieci anni e poi è necessario cambiarle e ricominciare tutto da capo».

«Siamo arrivati qui nel 2014 per un progetto con l’Università di Palermo. L’idea era la medesima che cercai di realizzare a Milano per circa vent’anni: costruire un grande centro interdisciplinare dove i materiali storico-didattico-scientifici e la ricerca vengono condivisi con le scuole, al pubblico e all’industria. Mai mi sarei immaginato di imbarcarmi nel progetto di Palazzo Butera, anche perché questa idea mi appariva consona per un’istituzione, mentre oggi mia moglie ed io, con la nostra collezione, ne siamo la parte riconoscibile. C’è voluto un anno e mezzo per acquistare il Palazzo, era il 2016. I lavori di restauro partirono a gennaio di quell’anno».

Giovanni Cappelletti, responsabile del progetto architettonico e museografico

«Nel mio lavoro il rapporto con la committenza è determinante. Con Massimo ci conosciamo da venti anni, iniziammo a collaborare a Milano con una mostra su Dresser. Sono stato coinvolto anche in questa avventura palermitana, vedendo per la prima volta la struttura nel 2014. Alcune parti erano meglio conservate, altre vertevano in uno stato d’abbandono. Sono stato guidato dal Palazzo stesso nei lavori di restauro, è stata un’esperienza vissuta. Tra tutti i luoghi, i sottotetti sono sicuramente uno dei suoi punti di forza, in cui si può riflettere sulla capacità tecnologica e costruttiva che soggiace alla realizzazione di edifici come questo. Qui è possibile osservare la reale muratura portante di Palazzo Butera, unita alle capriate lignee e al sistema tradizionale di costruzione dei tetti. Cerchiamo di condividere e far riviere al pubblico che visita le sale anche quella sequenza di emozioni che hanno caratterizzato la nostra prima scoperta del Palazzo».

Stratificazione culturale: elemento in comune tra la città di Palermo e la collezione Valsecchi

Se Palermo è una stratificazione di culture secolari, la collezione Valsecchi rispecchia in un certo qual modo questa commistione di epoche e stili spaziando da pitture del cinquecento, a opere di arti applicate fino per poi raggiungere forme di espressione contemporanee. Apparirà inizialmente straniante ma nessuna didascalia accompagna le opere, sembra si voglia favorire il visitatore a compiere un’immersione totalizzante in una promenade culturale che parte dal piano terra fino a raggiungere i sottotetti che conducono al Belvedere del Torrino sul Golfo di Palermo. Già a partire dall’ingresso, nel Cortile delle Palme, si nota come poetiche attuali dialoghino con l’architettura storica del palazzo attraverso l’installazione site-specific di Anne e Patrick Poirier che, riutilizzando frammenti antichi ritrovati nel corso del restauro del Palazzo, riflettono sui concetti di fragilità, memoria, storia e tempo. 

Ad esempio, in una delle venti sale appartenenti ai diciassette mila metri quadri del palazzo si possono trovare in dialogo tra loro una poltrona disegnata da Godwin per il castello di Dromore (1869 circa), un’opera di Gilbert & George del 1981 che scanzonatamente accosta alla serialità del volto di Elisabetta II argentei pappagalli dal gusto orientaleggiante, una vetrina con le avanguardistiche zupperie, posate, scaldauova e lattiere del designer scozzese Christopher Dresser nella seconda metà dell’Ottocento, per poi passare a un circolare e convesso specchio inglese o alla Veduta di San Marco dell’australiano Mortimer Menpes. 

Palazzo Butera raggiunse il suo massimo splendore nel Settecento

Secondo Valsecchi, «un continuo dialogo tra arti maggiori e arti applicate si lega alla storia di Palazzo Butera, che raggiunse il suo massimo splendore nel Settecento, dove Gaspare Fumagalli si occupò delle quadrature, Gioacchino Martorana degli affreschi e Gaspare Vizzini dei dipinti inseriti nei soprapporta intagliati da Girolamo Carretti, realizzatore anche delle specchiere. L’ambiente è permeato da un’elasticità che trova innovazione partendo dal passato, come può rappresentare la tavola I cinque conoscitori dipinta su ambo i lati da Frans Floris nel 1537. Qui la riscoperta dell’antico si relaziona al presente e alla ricerca sulle fonti. Una dimensione culturale condivisa nell’approccio all’arte promosso da Palazzo Butera». 

«Spero che il progetto di Palazzo Butera sia un’iniezione di apertura e internazionalità attraverso un dialogo tra passato e presente che si configura come futuro, grazie a personalità che scelgono di recarsi qui per realizzare studi, approfondimenti e opere d’arte. Se lo splendore massimo del Palazzo risale al Settecento, ci si augura che, ripartendo dall’eredità ormai storicizzata, si possa assistere a una sua rinascita come polo d’innovazione culturale per i prossimi decenni».

Claudio Gulli, curatore di Palazzo Butera: le collaborazioni internazionali

Dal 2016 al 2020 le opere che compongono la collezione di Francesca e Massimo Valsecchi sono state esposte, attraverso un prestito a lungo termine, al Fitzwilliam Museum di Cambridge e all’Ashmolean Museum di Oxford, due musei universitari. Oggi si trovano riunite a Palermo, nuovo fulcro per collaborazioni con realtà nazionali e internazionali. 

«L’idea, già durante i lavori di restauro, era quella di inserire Palazzo Butera in un circuito virtuoso di dialogo e scambio con le istituzioni museali e culturali del mondo. Si sono creati rapporti molto proficui con l’Università di Oxford, in particolare Jeremy Jones, il quale insegna arte islamica e Jonathan Prag, professore di archeologia. Entrambe stanno conducendo progetti di ricerca in Sicilia e hanno trovato Palazzo Butera come sponda ideale da cui partire. Inoltre collaboriamo con l’Istituito Svizzero, quello Tedesco e Francese, oltre che con la Sapienza di Roma».

La vocazione di Palazzo Butera per la ricerca e le tematiche socio-politiche –  Navire à venir di Sébastien Thiéry

Per Valsecchi l’arte equivale a ricerca: il da poco concluso cantiere di Palazzo Butera cede il posto a un nuovo recupero dell’adiacente Palazzo Piraino, futuro Centro Studi pensato per ospitare cinquecento studenti al giorno con aule dedicate al piano terra a varie attività di studio e approfondimento. Al secondo piano una biblioteca e al terzo sei residenze per studiosi che soggiorneranno a Palermo per periodi di ricerca. Appartamenti che si sommano alle sette foresterie già in uso e che sono assegnate tramite bandi di concorso. I lavori termineranno nel 2024.

Prosegue Gulli, «quest’anno abbiamo ricevuto settecento domande di partecipazione. Attualmente ospitiamo il francese Sébastien Thiéry che, su impulso del Centre Pompidou-Metz, dopo già un anno di residenza all’Académie de France di Villa Medici a Roma, continua a Palazzo Butera la realizzazione del progetto Navire à venir: la prima nave interamente concepita per salvare migrati nel Mediterraneo, dotata di uno spazio ospedaliero a bordo, che vedrà luce nel 2024. Thiéry nel 2012 ha fondato, assieme al paesaggista Gilles Clément, PEROU – Pôle d’Exploration des Ressources Urbaines, che implementa la ricerca-azione nelle periferie urbane con i gesti, le forme e gli atti di ospitalità che si producono». Secondo Massimo Valsecchi, «si tratta di un progetto europeo che dimostra come la questione dell’immigrazione non debba essere solo d’interesse strettamente locale ma condiviso».

L’educazione alla diversità all’interno del miglio dell’arte palermitano 

Una cifra identitaria di Palazzo Butera è, dunque, il concetto di accoglienza e scambio, che si fonde alla capacità secolare dei siciliani di accettare e introiettare in sé le differenze socio-culturali, traendone benefici e non danno. Per Valsecchi «l’ideale invasore o occupante può lasciare in un luogo tutto il meglio della sua conoscenza che viene metabolizzata dall’identità locale, la quale rafforza il suo gradiente di umanità e tolleranza. C’è da considerare però che negli ultimi tre mesi, dopo la pandemia, la quesitone ucraina rischia di azionare un freno a mano di cui temo la durata». 

Laboratorio per la città e centro di saperi interdisciplinari, Palazzo Butera si configura come tappa culturale di un ideale “miglio dell’arte” palermitano, che si concentra nello storico quartiere della Kalsa, sorto sotto dominazione islamica. 

Afferma Gulli, «Giacomo Amato, architetto del barocco siciliano, a fine Seicento ha costruito la Chiesa di Santa Teresa alla Kalsa, il Noviziato dei Crociferi, il primo progetto per il duca Branciforti a Palazzo Butera e la Chiesa della Pietà, che si affaccia su Via Butera. Il Palazzo vuol quindi avviare una riqualificazione di tutto il quartiere della Kalsa che, tra i suoi edifici più iconici, vede l’intervento del medesimo architetto. Inoltre, affianco si trova il trecentesco Palazzo Steri, Palazzo Abatellis, l’Oratorio dei Bianchi, Santa Maria dello Spasimo e l’Orto Botanico: c’è un miglio ideale di monumenti e musei che può sempre più divenire un epicentro per la città e per chi la visita». 

La collezione e la partecipazione a Manifesta 2018

Rispetto alla varietà della collezione dei coniugi Valsecchi, Claudio Gulli afferma: «nel Palazzo abbiamo un deposito e periodicamente avviene una turnazione di alcune opere, per quanto ve ne siano alcune che restano centrali nel percorso espositivo. Sul piano curatoriale, la proficua contaminazione che si è attivata nel processo di collezionismo crea varie suggestioni storico-artistiche e permette di innescare nuovi dialoghi tra opere apparentemente distanti tra loro. Tentiamo di proporre nuove letture e nuovi approcci all’arte. Con le nuove acquisizioni poi si innesca una modalità con cui fare ricerca». 

Nel 2018 palazzo Butera, ancora durante i lavori di restauro, partecipa alla biennale itinerante Manifesta 12, aprendo per la prima volta alcuni dei suoi ambienti al pubblico. Nel primo anno e mezzo di apertura, il Palazzo è stato visitato da più di trentamila persone. «La partecipazione a Manifesta è stata un’esperienza che ha offerto una grande vetrina culturale alla città di Palermo. Vogliamo che quest’ultima non sia più la bella addormentata d’Europa. Negli ultimi trent’anni si sono registrati miglioramenti consistenti. Sono nato nel 1987 e, a seguito delle stragi di mafia, ricordo ancora la prima volta che vidi turisti nel centro storico che era diventato quasi inaccessibile. C’è anche però da domandarsi quale sia stato il lascito a lungo termine di Manifesta sul piano identitario della città che conserva tutt’oggi un tessuto sociale molto autentico e molto stimolante». 

Massimo Valsecchi 

Dal 1971 al 1973 dirige la Galleria Bertesca di Milano. Nel 1974, apre la Galleria Massimo Valsecchi in via Santa Marta 11 a Milano. Promuove il lavoro di artisti internazionali e italiani (tra cui Anne e Patrick Poirier, Claudio Costa, David Tremlett, Tom Phillips, Elisabeth Scherffig, Eugenio Ferretti, Gilbert and George). Dal 1975, vive a Londra, New York e Milano e dagli anni Ottanta incomincia a organizzare mostre come quella nel 2001, per la Triennale di Milano, Christopher Dresser, un designer alla corte della Regina Vittoria o Il Tesoro della Statale alla Rotonda della Besana nel 2004.

Dal 2005 al 2012 tiene un corso di Storia del design industriale alla Scuola di Specializzazione dell’Università di Siena. Nel 2014, dopo la prima visita a Palermo, nasce un progetto con l’Università e con il Comune. Nel 2016, assieme alla moglie Francesca Valsecchi, decide di acquisire Palazzo Butera. Dà vita a un progetto pilota di riqualificazione e rigenerazione di tutto il quartiere della Kalsa.

Claudio Gulli 

Claudio Gulli (Palermo, 1987) ha studiato Storia dell’arte all’Università degli Studi di Siena e alla Scuola Normale Superiore. Fra 2009 e 2011, ha lavorato al Département des Peintures del Louvre. I suoi contributi su Leonardo da Vinci hanno riguardato la fortuna letteraria del San Giovanni Battista (Skira, 2009) e della Sant’Anna di Leonardo da Vinci (Officina Libraria, 2011). Per il Perfezionamento, alla Normale, ha studiato la collezione Chiaramonte Bordonaro. L’esito di questo lavoro è stato pubblicato da Officina Libraria (La collezione Chiaramonte Bordonaro nella Palermo di fine Ottocento). A partire dal 2016, lavora a Palermo come storico dell’arte presso Palazzo Butera. 

Giovanni Cappelletti 

Giovanni Cappelletti (Saronno, 1960) ha studiato presso l’istituto Universitario di Architettura di Venezia (IUAV). Nel 1987 entra nello studio di Mario Bellini. Nel 1994 diventa responsabile di progetto presso la Mario Bellini Associati (MBA) dove si occupa principalmente di allestimenti di mostre temporanee e di museografia. A livello museografico progetta, tra gli altri, l’allestimento delle collezioni della National Gallery of Victoria di Melbourne, inaugurata nel 2003 e quello delle collezioni del Museo della città di Bologna a Palazzo Pepoli Vecchio, inaugurato nel 2012 ma iniziato nel 2009. Attualmente svolge libera professione ed è impegnato nel progetto architettonico e di allestimento museografico di Palazzo Butera e dell’adiacente Palazzo Piraino a Palermo.

Federico Jonathan Cusin

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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