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Dettagli nello showroom di Sileno Cheloni
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Profumo, ritualità laica, percezioni: parla il naso Sileno Cheloni

La creazione di un profumo ‘su misura’ e la difficoltà nel tradurre le percezioni del singolo: «Essere un profumiere implica un servizio»

Lampoon cronache: Il lavoro del profumiere

‘Dimenticato l’alfabeto dell’olfatto che ne faceva altrettanti vocaboli, d’un lessico prezioso, i profumi resteranno senza parola, inarticolati, illeggibili’ – Italo Calvino, Il nome, il naso in Sotto il sole giaguaro, 1986

Sileno è una figura mitologica legata alle essenze e gli effluvi della natura, saggio e profetico con gli uomini accompagnava Dioniso servendo i suoi seguaci con vino e piacere. «Sono nato durante la vendemmia del 1970. Alle elementari sognavo di chiamarmi Roberto, crescendo e andando avanti nel tempo ho capito la responsabilità del mio nome. Sileno era colui che dava al popolo la possibilità di entrare nel viaggio, nel mondo del misticismo», racconta Sileno Cheloni – maestro profumiere con base a Firenze. «Essere un profumiere implica un servizio», sottolinea il naso, che prima di avvicinarsi al mondo dei profumi si occupava di fotografia e interior design.

«Mio padre era chef, io in passato ho fatto anche il cameriere. Credo si possa trovare un parallelo tra questo lavoro e quello del profumiere. Il cameriere non ha mai il riconoscimento destinato agli chef, resta in seconda fila quando in realtà si trova in prima linea. Deve capire cosa vuole il cliente, indirizzarlo e farlo stare bene. Allo stesso modo io ho scelto di posizionare l’organo in vetrina (il Profumoir con centonovantotto note olfattive ndr): mostrare lo strumento del profumiere vuole trasmettere che la mia arte è al servizio della persona, attraverso tutte le possibilità che il profumo offre». Il suo approccio con il mondo delle essenze e dei fumi odorosi non ha origine in una scuola francese o in un’accademia internazionale. L’isola di Cipro e un Maestro Sufi, rappresentano l’inizio della sua missione, più di vent’anni fa. 

Sileno Cheloni – maestro profumiere

«Tornai a casa dopo quell’esperienza carico di essenze e trasformai scrivania e lavanderia in un laboratorio. Quando riuscì a creare il mio primo profumo capii la volontà chiara di farne un mestiere. Mi innamorai della leggerezza che è la composizione di un profumo e di come sia possibile acchiappare le note che svaniscono creando accordi distanti dalla materia». La volatilità di un olio essenziale e la sua descrizione, così come il racconto usato per esprimere la profumeria, sono parole rubate, prese in prestito da altre passioni, altri mestieri.

«Non esiste un linguaggio pertinente al naso perché non c’è materia nella profumeria, come nella musica. Per questo spesso si rimanda a termini di questo settore». Dolce non è una sensazione dell’olfatto ma del gusto, così come fiorito e legnoso richiamano la vista. L’immaterialità del profumo è diventata estetica quando Chanel e Dior l’hanno inserita nel mondo della moda. La sua natura indipendente persiste nel campo dell’esperienza, che difficilmente si inserisce in contesti settoriali. 

Nel suo archivio ci sono oltre duemila essenze rare e materie prime naturali, una ricerca che non si interrompe mai, come quella del profumo perfetto

«Quando creo una linea di profumi penso alle mie preferenze, tra le note dei legni. Quando capisco di aver dato il massimo inizia l’insoddisfazione. L’appagamento creativo non l’ho ancora trovato, altrimenti avrei già finito il mio lavoro», continua Sileno Cheloni. «C’è un’essenza che mi porto ovunque, la mono-essenza di rosa. È una sorta di devozione che mi lega al mio maestro spirituale, quando si raggiungono condizioni estatiche si è avvolti dall’essenza di questo fiore. È la mia identità». Come si va a caccia di essenze rare?

«Il viaggio è la sua componente più romantica. Il mercato delle essenze è enorme…la gente non se ne rende conto. I viaggi che faccio sono indirizzati verso le mie passioni – come gli incensi in Oman o la rosa e legni in Egitto. In quei luoghi si trovano persone che condividono quella sorta di feticismo per le essenze. Una in particolare non l’ho mai trovata: il muschio indiano». Si tratta di un’essenza che non si può distillare né raccogliere, ha origine animale e non si trova abitualmente in commercio. In India le famiglie più potenti lo tengono chiuso in casseforti e lo tramandano come bene di famiglia. «Non si vende se non in casi eccezionali. Un profumo realizzato con questa materia prima non può essere che raro e prezioso».

La sostenibilità nei profumi

Si ritrova nelle produzioni piccole che possono garantire essenze selettive, con un prezzo fuori mercato. «Per restare nel mercato è necessario creare strade alternative, io divido il mio lavoro: da un lato le persone, dall’altro le mie piccole vigne (persone che condividono e apprezzano la cultura del profumo) con le quali si ottengono vendemmie uniche». Da un punto di vista tecnico esistono delle regole che certificano il ruolo di garanzia per il profumiere, come le linee guida dell’I.F.R.A. (International Fragrance Association) e quelle dell’I.O.F.I. (International Organization of the Flavor Industry). Secondo l’ultimo studio di Pwc per I.F.R.A. il valore aggiunto totale generato dal settore a livello globale è 7.2 miliardi di euro. Le combinazioni e gli accordi di note delle essenze per creare un profumo sono potenzialmente infinite.

Sono le persone, attraverso le loro memorie olfattive e il loro racconto che creano abbinamenti nuovi: «da loro imparo», sottolinea il naso originario di Barga, in Toscana. Il suo approccio sartoriale e la creazione di un profumo su misura necessitano di indagine, senza diventare invadenti. Il naso è il senso più privato di ognuno. «Bisogna saper fare un passo di lato, mettersi di parte e dare la propria esperienza come bagaglio di conoscenza della materia, per il naso dell’altra persona. Nel momento in cui faccio sentire una fragranza cerco di leggere il viso della persona, la sua espressione e riporto questi in percentuale nella formula del profumo che andrò a creare. Tradurre è la parte più difficile e quella in cui si imparano accordi che si pensavano impossibili». Si parte con delle domande e si chiedono le verità della persona, «che spesso non corrispondono alle essenze». 

Branding olfattivo 

Solo dopo aver creato una connessione e un senso di fiducia, si possono creare profumi. L’intimità che si genera durante la creazione di un profumo personale non ha filtri. «Ci sono persone che si commuovono davanti a me svelando la loro parte più intima, anche personaggi pubblici impenetrabili. Le essenze hanno un grande potere, ti smascherano e ti espongono». In altri momenti, a esempio durante workshop organizzati per delle aziende, il Maestro Profumiere ha notato come l’immediata sincerità di alcune essenze ha unito persone distanti: «chi non si sopportava iniziava a giocare insieme». Lo stesso approccio vale per il branding olfattivo.

Sileno Cheloni ha racchiuso lo spirito e l’essenza di maison all’interno di un flacone. «Per il logo olfattivo serve preparazione e conoscenza. Servono molti dati e informazioni. Penso a Cavalli e Gucci, due marchi che hanno un archetipo diverso e per i quali ho realizzato dei profumi distinti. Cavalli è ‘the out of law’, il ‘party’. Il suo imprinting olfattivo è diverso dall’alchimia e dal mago che si trova in Gucci». Ciò che non deve mancare è l’approccio esperienziale, per comprendere il valore e la cultura dei profumi creati con essenze e raw materials. Per questo è difficile paragonare il mondo dei profumi a quello della moda, in termini di commercio digitale. «Come il lusso per l’abbigliamento si ritrovava nel negozio in cui si prendeva tempo per spiegare l’origine del tessuto, la cura nelle cuciture e nei dettagli, così il profumo». Da qui la necessità di internazionalizzarsi aprendo delle realtà all’estero a breve, tra cui New York, 

Firenze è e resta il cuore della sua arte, S. Niccolò la sua fucina e fonte di ispirazione. Insieme a Sileno Cheloni (L’OL Factory in via S.Niccolò) nella stessa città si trovano Lorenzo Villoresi, Dr.Vranjes e l’Officina Profumo Farmaceutica di Santa Maria Novella. È la cultura del profumo che incontra il mondo e attraverso le persone continua a generare essenze.  

Sileno Cheloni Maestro Profumiere

Oltre alla sua attività ‘sartoriale’, dedicata alla creazione di profumi alchemici personali, ha progettato l’identità olfattiva per diverse aziende e brand tra cui Gucci (per Gucci Garden Museum e per tutti i negozi Gucci nel mondo), Cavalli, Tonino Lamborghini. Ha realizzato fragranze per Papa Francesco, Helen Mirren, Anna Lee Fisher. Nel 2018 è insignito del premio MAM-Maestro d’arte e Mestiere della Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte.

Mariavittoria Zaglio

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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