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Acquaponica: processo perpetuo e circolare

Coltura idroponica integra acquacoltura creando un ecosistema equilibrato. Bologna, tra i primi casi in Europa – riduce i consumi d’acqua al 95% e produce due alimenti contemporaneamente

Acquaponica – una trattazione su Lampoon

C’è un equilibrio circolare che regge il sistema di acquaponica, unione di idroponica (coltura in acqua di specie vegetali) e acquacoltura, allevamento di pesci. Nessuno comanda ma tutti gli elementi collaborano alla creazione di un ecosistema condiviso. Si tratta di un sistema di produzione alimentare sostenibile e intensivo che produce contemporaneamente due alimenti agricoli (pesce e verdure) attraverso un’unica fonte di azoto, che proviene dagli stessi pesci. L’utilizzo di acqua è ridotto del 95% rispetto all’agricoltura tradizionale, non richiede terreno, vieta l’utilizzo di fertilizzanti o pesticidi di sintesi e offre rendimenti più elevati su produzioni di qualità – rispettando il binomio quantità e qualità. È controllata, utilizzabile anche in zone aride o con suoli degradati, salati o sabbiosi e crea pochi rifiuti. Non a caso la FAO (Food And Agriculture Organization) promuove l’acquaponica come una delle soluzioni più sostenibili per incrementare l’acquacoltura e rispondere alle esigenze del futuro.

Secondo le stime dell’Associazione, «nei prossimi dieci anni si prevede che la crescita della popolazione umana determinerà l’aumento del consumo di pesce di circa l’1,2% all’anno. Entro il 2030 la produzione di pesce e prodotti ittici dovrebbe superare i duecento milioni di tonnellate». La produzione mondiale di pesca di cattura oggi è stabile sui novanta-novantacinque milioni di tonnellate all’anno con circa un terzo delle risorse ittiche esposto a sovra-sfruttamento. Se non sono adottate misure per ridurre e gestire perdite, sprechi e inefficienza il margine di incremento della produzione sarà scarso. Per questo ruolo dell’acquacoltura deve essere anche quello di proteggere e migliorare le risorse genetiche acquatiche, la FAO raccomanda di «focalizzarsi su programmi mirati di allevamento selettivo a lungo termine». L’acquaponica veicola la pescicoltura garantendo anche produzione agricola. 

Inn-Acqua, ricerca e sviluppo a Marzabotto

«L’Acquaponica è un sistema naturale, una tecnica poliedrica con molte sfaccettature e senza ambiti negativi. Io credo che sia un passaggio necessario per adeguarsi e rispondere ai cambiamenti climatici e al surriscaldamento globale. Prima di andare su Marte forse è meglio risolvere le problematiche legate all’ambiente che abbiamo sulla Terra», racconta Davide Mazzella, fondatore di Inn Acqua, specializzato in Biologia Marina (a cui è seguito un Master sulla acquacoltura e l’allevamento di pesci) e ricercatore di Scienze Naturali. «La passione per la biologia marina l’ho avuta da subito, forse perché mio padre è originario dell’isola di Ponza e quando a cinque anni tutti disegnavano la casetta, io prediligevo balene e mondo marino», continua Mazzella.

Dopo gli studi all’Università di Ancona segue un progetto di ricerca europeo sull’isola di Creta che seguiva l’allevamento di Sarago Pizzuto, poi la partecipazione ad un concorso per startup della Regione Marche (Ecapital Business Plan Competition), insieme a dei colleghi. L’acquaponica il loro progetto, premiato fra i migliori il 29 aprile del 2016. «Decidemmo di non proseguire oltre insieme, io invece continuai convinto della rivoluzione dell’acquaponica, mi ha fatto piacere notare che la FAO l’abbia inserita nelle tecniche più futuribili, anche se in Italia è ancora conosciuta da pochi».

Nel 2018 fonda Inn-Acqua, una ricerca e sviluppo con sede a Marzabotto, sulle colline bolognesi. Formalmente non si può parlare di Azienda Agricola, perché non c’è terreno coltivato e non c’è una normativa specifica che regola l’acquaponica, bisogna muoversi nelle zone grigie. È un capannone di 100mq, di cui dodici coltivati con piante, «potrei coltivare canapa in acquaponica anche sotto il Duomo di Milano».

La scelta della canapa in acqua

La decisione della coltura di canapa in acquaponica non è stata una prima scelta ma frutto di un’analisi razionale di natura economica. «Ho elencato tutti gli ortaggi possibili che possono essere coltivati in maniera estensiva e che possono essere adatti all’acquaponica (potenzialmente molti come tutti gli ortaggi da frutto, ortaggi a foglia verde ndr). Il problema nasce quando è necessario rientrare nei costi – spiega Mazzella. In acquaponica, se coltivi insalata, devi produrne tanta considerato il suo prezzo di vendita. Non sarei riuscito ad avviare il progetto con questa coltura. Per questo ho dovuto depennare tutte le piante meno fattibili: rimanevano lo zafferano e la canapa».

La scelta poi è deviata sulla canapa legale (sono coltivate varietà iscritte nel registro europeo, a norma di legge e con una percentuale di thc al di sotto dello 0,2 percento) per due motivi: il mercato aperto delle infiorescenze e dei derivati della pianta, vigorosa e resistente, contro la difficoltà del raccogliere uno ad uno i pistilli delle migliaia di fiori dello zafferanno con pinzette.

«Il fenomeno della coltivazione della cannabis sativa è esploso negli anni Settanta, il livello di conoscenza a riguardo è tale che per un coltivatore che decide di coltivare canapa è difficile farlo in un metodo nuovo – e che in pochissimi hanno studiato. Può sembrare più faticoso coltivare tutto in acquaponica perché è necessario creare un ecosistema, più complesso rispetto al piantare una pianta ed è necessario rispettare anche la vita e il benessere dei pesci».

Sono passati tre anni da quanto sono iniziate le prime sperimentazioni, tra cui la scelta della genetica più adatta, la selezione delle piante. «Sono uno dei primi in Europa che coltiva canapa in acquaponica, mentre negli Stati Uniti c’è chi lo fa ma non condivide i dati. Non ho potuto ricevere informazioni da nessuno, se nasce un problema devo trovare un modo per risolverlo da solo, in base alla mia esperienza».

La canapa è un trampolino di lancio, un aiuto per una partenza economicamente sostenibile: «La mia idea è sempre stata quella di ridare indietro qualcosa, per questo ho deciso di creare una filiera solida per poi fare consulenze sull’acquaponica. È il mio modo per portare questa tecnica ad essere sempre più comune. Sono entrato anche in contatto con la Curia perché il mio obiettivo era quello di realizzare una cooperativa sociale per produzioni agricole tradizionali, per dare una possibilità anche a chi ha delle difficoltà e riqualificare il lavoro in serra e i capannoni in disuso». Una volta creata una struttura solida basata sulla canapa, «si può ricreare un ecosistema per coltivare insalata nei Paesi dove è difficile coltivarla nel suolo risparmiando acqua, come l’Africa o anche pensare di coltivare riso senza inquinamento».

Acquaponica – funzionamento: il sistema a vasche

In un impianto di acquaponica ci sono due vasche contenente acqua. Una accoglie dei pesci, l’altra è la base da cui si nutrono le radici delle piante. In mezzo un sistema di filtri che rendono biodisponibili le sostanze nutritive prodotte dagli animali, poi le piante ripuliscono l’acqua dai micro e macro-nutrienti disciolti, la quale poi è rimessa in circolo in modo perpetuo. Ruolo fondamentale che regge l’ecosistema tra pesci e piante è quello dei batteri.

«È un ecosistema dove tutti collaborano. I pesci mangiano (mangime della qualità più alta al momento ma Mazzella sta studiando un mangime apposito per l’acquaponica ndr) e se il loro metabolismo è sano, defecano fertilizzando l’acqua. Quest’acqua passa prima attraverso un filtro meccanico che rimuove eventuali rifiuti solidi e poi passa attraverso un secondo biofiltro che elabora i rifiuti disciolti convertendo l’ammoniaca presente nelle feci e tossica per i pesci, in nitrato, adeguato alla nutrizione delle piante. L’acqua arriverà così attraverso i letti di crescita delle piante, che assorbendo i nutrienti purificheranno l’acqua per tornare ai pesci», spiega Mazzella.

Per contenere i costi iniziali dell’impianto Mazzella ha preso in affitto lo stabile di Marzabotto, anche se non sono necessari scarichi per l’acquacoltura ho dovuto realizzare un impianto come se dovessi vendere pesce: «il mio vero motore», commenta Mazzella. Per l’alimentazione energetica invece, seguendo le regole dello stabile, c’è un impianto tradizionale, «il fotovoltaico con accumulo è la mia linea. Devo abbattere l’unica cosa che mi rende meno ecologico». 

Canapa e pesci

In acquaponica si possono allevare tutti i pesci d’acqua dolce: dagli Orifiamma alle Carpe Koi per quelli ornamentali, dalla Tilapia al Persico e alle Trote in campo alimentare. Anche il Gambero italico. «Anche la scelta del pesce è da considerarsi un investimento importante. Io ho selezionato la specie giusta, che potesse essere resistente e che mi potesse accompagnare lungo tutto il mio percorso con la canapa», spiega Mazzella.

Si tratta del comune pesce rosso, «comunemente si pensa sia un pesce con una bassa aspettativa di vita, ma se curato e tenuto in ottime condizioni può durare fino ai trent’anni e arrivare a pesare oltre i tre chili. I pesci hanno le loro necessità, non possiamo allevare a trenta gradi di temperatura una trota, ad esempio. Bisogna assicurarsi il benessere di tutti gli organismi». Motivo per cui non è possibile utilizzare prodotti di origine chimica nel processo di acquaponica. Per quanto riguarda l’eliminazione di eventuali parassiti sulla pianta invece, Davide Mazzella utilizza metodi fisici e naturali.

«Il cambio di vestizione e la chiusura ermetica dell’area coltivata (anche solo una porta) sono già un buon filtro per evitare l’entrata di parassiti, nel caso entrassero si usano soluzioni naturali come il macerato di ortica o l’estratto di equiseto, anche la lotta biologica può essere fatta». Le entrate economiche del processo provengono dalla vendita di prodotti derivati dalla canapa light, si tratta per lo più di fiore essiccato (priva di contenuto psicotropo e realizzata sempre dentro allo stabile), scarto fogliare (trimmato) destinato alla realizzazione di oli a base di cbd, tisane, decotti o estratti.

Le radici invece, sono state soggette ad un esperimento cosmetico. «Le radici della canapa hanno proprietà antisettiche, antiinfiammatorie utili in caso di dolori articolari e muscolari, reumatismi e artrosi. Per questo Erica Moscariello, esperta in iridologia, naturopatia, heilpraktiker e prodotti cosmetici ha creato un unguento a base di estratto oleolito di canapa ricavato dalle radici in acquaponica unito a olio di oliva e cera d’api». I fusti della pianta invece, non hanno ancora trovato uno sviluppo commerciale. 

Sperimentazioni sulla canapa

Ottenere una buona resa dalla coltivazione non è stato un percorso immediato. «Da disastri assoluti – come ricavare cento grammi al metro quadrato – degli inizi, ora sono arrivato al sessanta percento delle rese che con metodi tradizionali si ritengono eccellenti, cioè cinquecento al metroquadro. È un buon livello considerato che sono operativo da soli tre anni e mezzo e che non esiste letteratura in questo campo. Con tempo e risorse potrò colmare questo gap, mentre la qualità del prodotto, considerata la coltura in biologico e la sua crescita, è eccellente», sottolinea Mazzella.

Anche se gli investimenti iniziali non possono essere sottovalutati, le soddisfazioni e i risultati sul risparmio d’acqua sono immediati: «Una sera ho scordato un (tradizionale ndr) rubinetto aperto, quando sono tornato al mattino era tutto allagato, una piscina d’acqua. Quando è arrivata la bolletta dell’acqua mi sono accorto che nel giro di dodici ore, con quella perdita, avevo consumato una quantità paragonabile a quasi quattro anni di attività».

Mariavittoria Zaglio

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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