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Dario Fo e Franca Rame, Il Tempo, 17 dicembre 1960
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Dario Fo, L’ultimo Mistero buffo, e intellettuali che non esistono più

L’ultimo Mistero buffo è il documentario di Gianluca Rame sulla vita e il teatro di Dario Fo e Franca Rame. Quando il gioco linguistico diventa atto politico – una storia novecentesca che oggi non trova seguito

L’ultimo Mistero buffo – il documentario di Gianluca Rame su Dario Fo e Franca Rame

Dario Fo: l’ultimo Mistero Buffo: l’addio al teatro del Grande Giullare va in scena il primo agosto 2016, di fronte ai tremila spettatori dell’Auditorium di Roma. Dario Fo sarebbe morto il 13 ottobre dello stesso anno. L’ultimo Mistero buffo è anche il titolo del documento inedito, diretto da Gianluca Rame e proposto in prima serata su Rai 3 il 10 marzo, che ripercorre la parabola artistica e umana di Dario Fo e Franca Rame, con commenti e testimonianze di Paola Cortellesi, Stefano Benni, Roberto Vecchioni, Dacia Maraini, tra gli altri.

Mistero buffo di Dario Fo

‘Lo spettacolo più blasfemo della storia della televisione’ – il Vaticano definisce così Mistero buffo di Dario Fo, presentato per la prima volta come giullarata popolare nel 1969, e poi trasmetto in tv, prima di raggiungere il successo che lo porta a migliaia di repliche e adattamenti, anche negli stadi. Una serie di brevi monologhi a tema biblico, tratti dagli apocrifi biblici e da racconti popolari sulla vita di Cristo, in un misto di italiano, dialetto e grammelot – l’esperanto di Dario Fo. Un’opera che segna il genere del teatro di narrazione. Ogni suono, verso, parola o canto, uniti alla gestualità, formano un insieme semantico inscindibile, di cui il racconto degli eventi è solo un canovaccio. Lo stile, irriverente e portato all’eccesso, si rifà alle rappresentazioni medioevali eseguite dai giullari e dai cantastorie.

Dopo anni di studio e ricerche sulla cultura popolare, adattando testi in volgare, in latino e in lingue neolatine, Dario Fo giunge al compimento di quest’opera. Il termine ‘mistero’ è usato già nel primo-terzo secolo dopo Cristo per indicare una rappresentazione sacra. Un mistero buffo è uno spettacolo grottesco, una rappresentazione che nasce dal popolo – ma anche una provocazione. La Resurrezione di Lazzaro è la descrizione parodistica del miracolo del Nuovo Testamento. 

Perché Mistero buffo fu considerato blasfemo 

Ne Il primo miracolo di Gesù Bambino il piccolo Jesus fa volare gli uccellini di argilla fatti dai compagni e reagisce alla prepotenza di chi glieli distrugge. Bonifacio VIII ci presenta il Pontefice prima nella magnificenza della sua vestizione, poi nel suo incontro-scontro con Gesù – a indicare la differenza tra i due. In La fame dello Zanni – altro monologo di Mistero buffo – il protagonista è un contadino, Gianni – come erano chiamati secondo Fo tutti i coltivatori padani – indigente, che sogna di mangiare, a causa del costante digiuno a cui è sottoposto. Immagina di mangiare il contenuto di grandi pentole, e perfino parti del suo corpo – arriva a minacciare di mangiarsi Dio.

Il grammelot di Dario Fo

Il popolo è al centro, nella speculazione intellettuale di Dario Fo. I mezzi della vulgata sono utili per dare dei messaggi, allargare il dibattito culturale. La lingua del popolo, mescolata, densa di prestiti regionali, vuole parlare a tutti. Il grammelot di Dario Fo è una forma di linguaggio che combina suoni, gesti ed espressioni facciali per creare un effetto comico. È un mezzo per satireggiare il linguaggio, le convenzioni sociali, le norme culturali. Un’arma per abbattere le barriere tra persone di lingue e culture diverse e per creare un linguaggio condiviso di umorismo e satira. Mentre dal palco Dario Fo pronuncia per lunghi minuti suoni incomprensibili, il pubblico riesce a seguirlo, e a comprendere la satira sociale dietro le parole. 

Giocare con la lingua è un esercizio intellettuale e un atto politico

La tradizione del grammelot – probabilmente dal francese grommeler (borbottare) – è una prosecuzione della cinquecentesca Commedia dell’arte. Il mescolone medievaleggiante di Brancaleone alle crociate, film del 1970 diretto da Mario Monicelli, la poesia Il lonfo di Fosco Maraini, la canzone che simula l’inglese Prisencolinensinainciusol di Adriano Celentano. Il Novecento è fitto di giochi linguistici che spesso non sono solamente esercizi di stile, ma si trasformano in atti politici. 

La sperimentazione linguistica di Carlo Emilio Gadda, Giovanni Testori

Tra i primi nel Novecento della letteratura a sublimare il discorso dialettale in testo di impegno civile c’è il milanese Carlo Emilio Gadda. La sua sperimentazione linguistica si traduce in un mix di registri e dialetti diversi – l’italiano letterario, i dialetti regionali, il gergo tecnico, riferimenti al latino e ad altre lingue classiche. Ingegnere sotto il Ventennio, Gadda è testimone dello sfruttamento dei lavoratori e delle disuguaglianze del sistema capitalistico. Le sue convinzioni politiche si riflettono nella scrittura, che spesso esplora temi legati alla giustizia sociale, alla corruzione politica e alle lotte della classe operaia. Critica le ingiustizie della società italiana, chiedendo un sistema più egualitario e democratico, e critica la Chiesa cattolica, che considera complice dello sfruttamento dei poveri. 

Come i poeti macaronici del Rinascimento mescolavano sintagmi volgari a desinenze latine, costruendo parole comprensibili ma inesistenti, così Giovanni Testori unisce il dialetto milanese, l’italiano, il latino e lo spagnolo, senza regole, per mettere in scena il quarto stato proletario delle periferie della metropoli milanese, post boom economico. Omosessuale, Testori è altresì interessato a esplorare gli aspetti più oscuri dell’esperienza umana, tra cui la la sessualità, la lotta per l’identità personale e sociale, la violenza. 

La ruvidità di Gabriella Ferri

Dalla letteratura al teatro alla canzone. Da Milano a Roma, la lingua si consolida come strumento di democrazia. Per Gabriella Ferri l’uso del linguaggio è funzionale a entrare in contatto con il pubblico e trasmettere la profondità emotiva della sua musica. Bellezza magnetica, voce potente e rauca, attinge dal dialetto romanesco, e propone un mix di generi diversi, tra cui la musica popolare italiana tradizionale, le canzoni popolari, le ballate. Nata il 18 settembre 1942, figlia di un venditore ambulante di dolci appassionato di canzoni romane, Gabriella Ferri resta per tutta la vita legata al rione di Testaccio, dove è cresciuta. Il dialetto è la mia lingua, diceva spesso. La Società dei Magnaccioni e Dicitencello vuie sono nella storia della canzone italiana. 

L’impegno politico di Dario Fo e Franca Rame

La lingua è la roccaforte della sinistra, in questi anni in cui bisogna protestare, per forza. Sullo sfondo le eversioni, il terrorismo, gli attentati. Dario Fo critica la corruzione, l’ingiustizia e l’oppressione. Iscritto al Partito Comunista Italiano, è attivo nel movimento operaio e sostenne numerose campagne politiche e proteste nel corso della sua carriera. Si scontra con la Chiesa cattolica, che considera complice dell’oppressione dei poveri e degli emarginati. Sostiene i diritti delle donne, e nelle sue opere affronta spesso questioni di genere e sessualità. Insieme a Franca Rame, fonda Soccorso Rosso, un’organizzazione per fornire assistenza legale ai detenuti coinvolti nelle lotte politiche. Un’attivismo che genera anche antipatie e provoca ripercussioni. Nel marzo del 1973, a Milano, un gruppo di neofascisti rapisce, sevizia e stupra Franca Rame. Un’esperienza traumatica da cui nasce il monologo Lo stupro

Dario Fo e Franca Rame, l’abbandono di Canzonissima

Nel 1962 Franca Rame e Dario Fo accettano di partecipare al programma di varietà Canzonissima, dedicato a un pubblico vasto e popolare, diverso da quello delle platee teatrali a cui sono abituati. Prima della messa in onda, i due attori raccontano in una intervista i propositi riguardo la stesura dei testi di satira politica e di costume presenti nello spettacolo televisivo. Per le divergenze in merito al contenuto di alcuni copioni, dopo sei puntate Dario Fo e Franca Rame, ai quali la Rai aveva affidato la conduzione della trasmissione, abbandonano il programma, lasciando gli studi mezz’ora prima dell’inizio della settima puntata. Causa dell’abbandono lo sketch su un costruttore edile che si rifiutava di dotare di misure di sicurezza la propria azienda – una satira considerata eccessivamente provocatoria dai dirigenti Rai dell’epoca.

In tutta la mia vita non ho mai scritto niente per divertire e basta. Ho sempre cercato di mettere dentro i miei testi quella crepa capace di mandare in crisi le certezze, di mettere in forse le opinioni, di suscitare indignazione, di aprire un po’ le teste., dichiara Fo.

Alcune opere teatrali di Dario Fo

Morte accidentale di un anarchico, 1970, una farsa basata su un fatto reali, la morte di un anarchico caduto dalla finestra di una stazione di polizia a Milano, satireggia la corruzione e l’incompetenza della polizia e del sistema politico italiano. Non si paga! Non si paga!, 1974, racconta di un gruppo di donne che si ribellano in un supermercato e poi rubano cibo per sfamare le loro famiglie – una critica il consumismo e la disuguaglianza economica. Il Papa e la strega, 1989, dramma storico ambientato nel Sedicesimo secolo, esplora il conflitto tra la Chiesa cattolica e la Riforma protestante, nonché la persecuzione delle donne accusate di stregoneria. Johan Padan e la scoperta delle Americhe, 1994, è una satira sull’incontro tra esploratori europei e popolazioni indigene nelle Americhe, una critica al colonialismo e l’imperialismo culturale.

In Sant’Ambrogio e l’invenzione di Milano, alla figura di sant’Ambrogio Fo si accosta con le doti di sempre, originalità, libertà, irriverenza e senza rinunciare ai confronti con l’epoca contemporanea. Racconta la storia, poco conosciuta, di un uomo che diviene inaspettatamente vescovo di Milano per acclamazione popolare, senza mai essersi interessato prima alle questioni religiose, per poi diventare una delle autorità più rispettate dei suoi tempi.

Dario Fo, il rapporto con la città di Milano

Dario Fo ha un rapporto complicato con la città di Milano, dove vive e lavora per gran parte della sua vita. Da un lato convinto sostenitore della città e della sua cultura operaia, utilizza spesso Milano come scenario per le sue opere teatrali e inserisce riferimento alla storia, alle tradizioni e alla gente che la popola. Coinvolto nella politica e nell’attivismo locale, si adopera per promuovere la giustizia sociale e i diritti dei lavoratori. Dall’altra parte, Dario Fo è critico dell’establishment politico del capoluogo meneghino, come del resto dell’Italia nel suo complesso. La casa di Dario Fo e Franca Rame a Milano – Casa Fo, nel quartiere di Brera –, acquistata negli anni Sessanta, è un edificio storico risalente al Diciottesimo secolo, diviene uno spazio di lavoro e un salotto intellettuale, luogo di incontro per artisti e attivisti. Ospita performance, letture, discussioni.

Fondazione Dario Fo e Franca Rame

Oggi Casa Fo è di proprietà e gestita dalla Fondazione Dario Fo e Franca Rame, che lavora per preservare l’eredità di Fo e promuovere il suo lavoro. La casa è aperta al pubblico e funge da museo, archivio e centro culturale. I visitatori possono vedere gli oggetti personali, le opere d’arte e i manoscritti di Fo, oltre a conoscere la sua vita e il suo lavoro a Milano e oltre.

Dario Fo, la vita e il Nobel per la Letteratura nel 1997

Dario Fo, drammaturgo, attore e attivista politico, nasce a Sangiano, vicino a Varese, nel 1916 da una coppia di attori. Inizia la sua carriera nel Dopoguerra, scrivendo opere teatrali, spesso di natura politica. Nel 1958 Dario Fo conosce Franca Rame, anch’ella attrice e attivista politica, e i due iniziano a collaborare a opere teatrali. Si sposano nel 1954 e continuano a lavorare insieme per oltre cinquant’anni. Nel 1997, Dario Fo è insignito del Nobel per la Letteratura, ‘per i suoi risultati eminentemente importanti nel campo della letteratura’ – il primo drammaturgo italiano a ricevere il Premio dopo Luigi Pirandello, nel 1934. Il Comitato del Nobel loda la ‘capacità di Fo di combinare risate e gravità, e di fare della critica sociale una forma d’arte’. Dario Fo accetta il premio affermando di essere ‘il giullare a cui è stato dato il premio di un re’.

L’ultimo Mistero Buffo

Dopo l’anteprima di lunedì al Piccolo di Milano, il film, prodotto da Clipper Media, Luce Cinecittà, CTFR con Rai Documentari e il patrocinio di Fondazione Fo Rame, verrà proposto il 10 marzo in prima serata su Rai 3.

Matteo Mammoli

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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