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Quali impatti del digitale? Quali rischi per la società occidentale? – risponde Carlo Noseda

I rischi per la società occidentale: incalcolabilità del danno, irreversibilità del processo. Le microplastiche – una volta immesse nell’ambiente non le levi più. Le ritrovi ovunque, dalla placenta ai pesci che mangi

Algoritmi per un’infinita quantità di dati

«L’algoritmo è un calcolo. Se la domanda che inserisci dentro è stupida, la risposta lo sarà altrettanto. Mio padre, ingegnere di vecchia data, ci mette molto meno tempo dei miei figli a trovare qualcosa su Google, che con Google ci sono nati. Col sorriso dice sempre Io so cosa cercare, voi non sapete un cazzo. Conosce il greco, il latino, in generale più cose di quelle che sanno i nostri figli, e la domanda che immette è più precisa. Allo stesso modo, il planner avrà così a disposizione una macchina che lo aiuterà ad arrivare più velocemente alla sua risposta». 

«Stiamo addestrando generazioni di bambini a un digitale che è parte della loro vita. Io sono del 1975, ho avuto il primo videogioco a 12 anni. Era rudimentale, e ci passavo giusto due ore a settimana. I miei figli passano sette ore al giorno davanti allo schermo, tra studio e gioco. Lo schermo produce endorfine. Con un’ora di PlayStation produci la stessa quantità che produrresti correndo due o tre ore. Provoca dipendenza. Tutto questo riguarda milioni di persone, non i pochi privilegiati che negli anni Ottanti avevano il gameboy».

Carlo Noseda, tra M&C Saatchi e IAB Italia, raccoglie le sfide lanciate da digitale e incertezza odierna

«Una mail produce quattro grammi di Co2. Se smettessimo di usare la posta elettronica come fosse una chat, risparmiamo qualcosa». Carlo Noseda, CEO di M&C Saatchi Milano e Presidente di IAB Italia, commenta così i «comportamenti digitali bulimici di oggi. Facciamo tutto in maniera compulsiva, perché crediamo che il cloud sia l’etere, e non un server alimentato. Pensa a quante foto hai sul telefono che non guarderai né stamperai mai. Quante foto fai allo stesso soggetto. Sono ferme, in un terabyte da qualche parte che ti costa, che è raffreddato e ti consuma energia. Come facciamo a spiegarlo alle persone? Insegnando a mandare meno mail, o a mantenere lo schermo del pc nero».

ZED – Zero Emission Digital

Durante la 19esima edizione di IAB Forum, è stata presentata l’iniziativa ZED – Zero Emission Digital, piattaforma lanciata per smuovere gli utenti verso comportamenti digitali responsabili e meno impattanti. Consta di un Manifesto, di un sistema di metriche applicato per la misurazione del digital carbon footprint di siti, app, email e video, e di una campagna di sensibilizzazione.

«Il digitale ha un impatto» rimarca Noseda. «È vero che prendere un aereo è più impattante di diciotto videocall – ma siamo miliardi di persone destinate a utilizzare sempre di più il digitale. Si conoscono già i consumi di blockchain e crypto. A Milano in agosto basta avere cinque condizionatori accesi contemporaneamente nello stesso palazzo per far saltare la luce nella via».

In conversazione con Carlo Noseda, CEO di M&C Saatchi Milano e Presidente di IAB Italia dal 2014

L’ultimo biennio all’insegna dell’incertezza ci ha imposto un confronto con la discontinuità. Un potenziale nemico che Carlo Noseda ha preso di petto tempo fa, sostenendo la possibilità di sfruttarla per fare sistema. «La discontinuità è una frattura nel sistema che permette di ripartire da zero. Mette tutti allo stesso livello. Il Covid lo è stata: ha portato una sensazione di unione e ha cambiato le prospettive. Se prima facevi smart working, sembrava fossi in vacanza. Quante call facevamo prima della pandemia? La discontinuità ha accelerato il processo. Se non siamo abbastanza bravi da approfittarne, abbiamo buttato via una possibilità». 

Cattiva comunicazione e incertezza

Sebbene sia applicabile a diversi aspetti della quotidianità umana, il discorso di Noseda ha, per ragioni professionali, un referente privilegiato: il mondo della comunicazione digitale, dove opera da anni. Tra le sfide che un’agenzia creativa è chiamata a fronteggiare nel 2022, vi è anche l’impegno a preservare la propria autorevolezza costruita nel tempo. L’errore di questi tempi è dietro l’angolo, per via di una sovraesposizione mediatica attiva e retroattiva in cui scegliere superficialmente una parola o un emoji può esporre il brand agli attacchi degli utenti e al disappunto degli stakeholder. La discontinuità può mettere in discussione le certezze su cui si fonda il successo di una realtà.

Brutal simplicity of thought

Brutale semplicità di pensiero. L’espressione utilizzata da M&C Saatchi è ispirata da un passaggio del saggio La conquista della felicità del filosofo britannico Bertrand Russell: «Brutal – spiega Noseda – perché bisogna esser diretti. In un mondo fatto di parole barocche, tutti si nascondono dietro al gergo, con termini roboanti spesi durante riunioni che mascherano il nulla. Simplicity – sintetizzare la complessità. Thought – mentre l’algoritmo calcola, noi pensiamo».

Dal 2014 Carlo Noseda ricopre la carica di Presidente di IAB Italia, associazione di categoria con l’obiettivo di «contribuire alla diffusione della cultura del digitale nelle aziende e nel sistema paese», spiega. Il digitale è intessuto nella discontinuità, tra paradigmi che mutano, algoritmi da seguire e strutture differenti a seconda della piattaforma. «In molti casi, quando hai normato qualcosa, cessa quasi di essere utile», ammette Noseda. 

IAB si sforza di piantare il seme della continuità, con metriche precise e comunitarie all’interno del web. Ai player spetta il compito di rimanere aggiornati: un’urgenza da cui nessuno può sentirsi sollevato, anche per ragioni economiche. «Si pensi al PNRR» precisa Noseda: «molti di quei soldi saranno destinati al digitale. Se persiste un digital divide ancora così ampio, in pochi ne potranno approfittare. Ogni giorno si evolve, la formazione continua è necessaria» prosegue, «e ci riguarda tutti. Non si esce dall’Università formati per il resto della propria vita. Dobbiamo cambiare l’approccio delle persone rispetto al continuo upgrade delle competenze».

IAB Forum

La presenza in calendario di eventi come IAB Forum – una parentesi annuale di conferenze, interventi, plenarie e workshop – punta ad accelerare il cammino verso una migliore lettura dell’innovazione digitale e dei suoi effetti a livello socio-culturali. L’edizione 2021 si è tenuta dal 16 al 18 novembre 2021, e aveva come tema Back to Humans, a sottolineare l’importanza della componente umana nella trasformazione digitale. «Un evento che facciamo ogni anno, conta quasi diecimila persone in due giorni. IAB Forum mira a portare on stage persone, aziende e case history che ci facciano prendere appunti, da implementare successivamente in modo operativo. Idem la Milano Digital week, un format che raccoglie migliaia di eventi e che permette a chiunque di partecipare».

Come si pone lo IAB rispetto al flusso incontrollato di figure professionali che continuano a emergere? 

«Lo IAB ha avviato un sistema di certificazione delle competenze del digitale. IAB certificates: si partecipa ai corsi e si ottiene un badge da inserire nel cv. Così le aziende che assumono sono rassicurate, perché le competenze dichiarate sono certificate». 

Il Metaverso prefigurato da IAB Italia

Complici il cambio di nome di Facebook, l’interesse manifestato da Apple e le prospettive per gli investimenti, si è parlato di Metaverso, reo di prefigurare un futuro più complesso per il digitale: «IAB ne parlava già un anno prima che Zuckerberg annunciasse al mondo il passaggio da Facebook a Meta», precisa Noseda. «Lo IAB Forum 2020 aveva come titolo Welcome to Metaverse. Siamo attenti all’evoluzione del digitale, e cerchiamo per quanto possibile di fornire elementi per normare o comprendere ex ante anziché ex post».

«Il Metaverso esiste già da anni. Ho due figli di 12 e 13 anni che fanno i compiti nel Metaverso, e nemmeno ce ne rendiamo conto. Qual è il confine tra un videogioco, un ambiente virtuale e una stanza dove si ritrovano a giocare tra di loro? Tutto questo esiste già. La domanda da porsi, anche a livello etico, sono altre. Il tuo avatar sei tu o no? Può essere presente alla riunione che stiamo facendo adesso? Ne può fare tre? Può moltiplicarsi? Chi avrebbe potere di firma?».

Costi e conseguenze del digitale senza frontiere

L’agenda di IAB Italia è occupata da riflessioni di etica digitale, con l’ambizione di stimolare un numero crescente di persone: «Solo oggi ci stiamo rendendo conto dei danni causati a livello economico dai social media. Hanno dato opportunità a molte micro-aziende, ma dobbiamo ancora scoprire a che prezzo. I social media sono cresciuti in un Far West senza essere indirizzati da culture più avanzate». 

«L’Europa è riuscita a mettere sul tavolo il tema del GDPR. Tim Cook, quando parla di privacy, fa spesso riferimento al Vecchio Continente. Forse saremo più lenti, ma abbiamo anche qualche anno di storia in più per capire in che modo una cosa possa causare danni irrimediabili. Oggi, per esempio, si parla di intelligenza artificiale senza rendersi conto che è la nuova atomica». Lo spunto sulla AI si riallaccia al tema della discontinuità e alla necessità di mettere le differenze sotto lenti comuni. Potrebbe essere un problema se un domani «le superpotenze [Oriente e Occidente, ndr] si ritrovassero con due intelligenze artificiali diverse basate su presupposti diversi».

La stessa robotica umanoide è fonte di discussione, e alimenta i dubbi riguardo alla marginalizzazione dell’Uomo nel post-umano. «Si dice che i robot ruberanno il lavoro agli uomini. Io penso il contrario: faranno fare all’uomo il lavoro dell’uomo. Che non è montare bulloni in una catena di montaggio, ma pensare, fare arte e filosofia, ispirare il mondo. È questo quello che ci aiuterà a capire cosa sarà il mondo tra cento anni. Chi si pone queste domande? La tecnologia va più veloce dei governi».

I maggiori rischi che la società occidentale sta ignorando sono «l’incalcolabilità del danno e l’irreversibilità del processo. Come nel caso delle microplastiche – una volta immesse nell’ambiente non le levi più. Te le ritrovi ovunque, dalla placenta ai pesci che mangi».

Creazione di standard

IAB Italia si occupa della creazione di standard «che permettono di comparare quanto una campagna abbia proiettato rispetto ai KPI prestabiliti, e quanto sia stata efficiente rispetto all’investimento». Un’operazione non sempre possibile: «Pensiamo alle differenze tra le viewability di Google e Facebook. Metti cento euro da una parte, cento dall’altra, e ti ritrovi report difficilmente confrontabili. Per motivi noti, non hanno nessun interesse – Facebook in primis – a essere standardizzati e a farsi misurare. Google e Facebook giocano la propria partita, ma questa resistenza crea poca chiarezza nel mercato». 

IAB intende promuovere, al contrario, percorsi che conducano verso un linguaggio comune – «L’inglese permette a tutti di capirsi. Questa lingua, nel digitale, tuttora non c’è» – così da rendere proficua ed equa la convivenza tra differenze strutturali. Non soltanto a livello di dimensioni e solidità, ma anche di business culture: «La cultura dell’errore cambia da paese in paese. In America c’è la cultura del fail fast and cheap. Valutano in quanto tempo sei fallito per capire quanto velocemente hai scoperto che il business non funziona. Da noi, al contrario, c’è il registro dei falliti, che ti marchia a vita». 

Le aziende come acceleratori di consapevolezza

«Come IAB abbiamo poi fatto uno scan a tutti i siti degli associati per vedere quanti sono efficienti, mandando ad ognuno una mail indicando i rispettivi digital carbon footprint accompagnati da delle indicazioni. Io stesso non avevo mai pensato alla quantità di cose inutili che facciamo e all’impatto che hanno. Le aziende possono essere un acceleratore di consapevolezza. Possono trasformare un insegnamento in una consuetudine».

Make change

Tra gli ultimi progetti a cui ha preso parte Carlo Noseda c’è anche Make Change, digital magazine di M&C Saatchi dedicato ai cambiamenti della società: «Make Change è nato in pieno lockdown, quando tutti cercavamo di reinventarci. Noi siamo fautori del cavalcare il cambiamento, senza subirlo. Ci siamo resi conto che il rapporto che hanno le marche con le persone è sempre più mutevole a seconda del contesto. Considera soltanto il posto che occupano nelle page del telefono. Alcune finiscono in seconda, altre in terza, oppure spariscono. Tante aziende si stavano interrogando su quale ruolo potessero avere nella vita delle persone. Da lì il purpose, il why we exist? come marca. Una domanda che ci facciamo anche noi come persone. Make Change aiuta a identificare il Why?, domanda che sempre più persone del mondo del lavoro si stanno ponendo»

M&C Saatchi

«Molti valutano se venire a lavorare in M&C Saatchi a seconda di ‘perché’ che la generazione della catena di montaggio non si è mai posta. Questa è una generazione intraprendente, con già in testa tre lavori contemporaneamente, e l’accesso al mondo con un clic: un’agilità mentale che impone anche alle aziende di cambiare. A molti lavoratori non interessa l’indeterminato per pagarsi il mutuo, quanto il badge che si stanno mettendo in tasca lavorando per te, l’arricchimento valoriale che gli porti». 

Diversity of thought

Per il domani, M&C Saatchi punta la diversità: «Stiamo evolvendo anche come cultura aziendale dalla brutal simplicity alla diversity of thought: amare e accogliere il clash di diversità nel modo di pensare. Da persone diverse nascono idee nuove, da persone uguali nascono le stesse idee. Nello stagno pescherò sempre la stessa trota. Nell’oceano le cose cambiano. È più complicato, perché si tende a cercare l’uniformità: oggi nascono luoghi di appartenenza perché la gente si sente più al sicuro nelle proprie bolle. Vado alla Soho House perché sono tutti creativi. Più incertezza c’è, più si tende a circondarsi di gente che la pensa come te. È nostro dovere scardinare questa credenza, diventando diversi». 

Il valore della diversità a Milano

«Sono cresciuto nella comfort zone degli schemi. La mia era una famiglia di ingegneri, dove regnavano precisione, organizzazione e pianificazione. Qui ho capito che unscripted è più bello che scripted. Diverse pagine della vita di Carlo Noseda sono state scritte nel capoluogo lombardo: «Mi ha dato tanto. Il mio lavoro, mia moglie, i miei figli. Mi ha sprovincializzato, quando da Como sono venuto qui, da provinciale fiero di esserlo. All’inizio era destabilizzante». 

Il sistema Milano si fonda sulla discontinuità: «Per me Milano è ispiratrice di questa diversità. Oggi lo è di più rispetto a dieci anni fa, più rispettosa e accogliente. È la dimostrazione che la diversità è di successo. Chiunque vada a Milano, che arrivi dalla Sicilia o dal Triveneto, inizia a ragionare non come un milanese, ma come Milano. Tutti sono sullo stesso piano, non sono sottolineate le differenze. Dimostra quanto funzioni la diversità. Prendiamo il caso Nolo: è una realtà uscita fuori come un fungo al confine netto con la periferia. Possono criticare il sindaco Sala, ma il suo lavoro e la voglia di portare le periferie in centro sta dando i suoi frutti». 

La Milano della comunicazione secondo Carlo Noseda

Noseda ha un’idea della Milano della comunicazione: «La vedo come un bel posto per fare palestra. Ci sono i network, le startup, le risorse, la tecnologia. Puoi fare business chiunque tu sia. Ci sono città nel mondo e in Italia dove se non appartieni a quella città respiri un po’ di snobismo».

«Purtroppo non abbiamo una scala. Se hai una buona idea a New York, hai il mercato americano davanti a te. A Milano prima che prenda piede all’estero ne hai di cancelli da buttare giù. La scalabilità dell’idea è infinita. ‘Palestra’ perché è facile aprirti un ufficio e avere il meglio di quello che desideri, dalla moda alla consulenza legale. Le manca solo il trampolino con cui scalare. Inoltre, in città come Parigi, se fai una cosa, la fai ‘per la Francia’. In Italia persiste ancora una certa regionalità. Ai tempi della pandemia, i russi mandavano medici a Bergamo, e i colleghi cinesi facevano carte false per spedirci cose di cui avevamo bisogno. Una causa mondiale comune ci aveva unito» 

M&C Saatchi Milano 

L’agenzia pubblicitaria M&C Saatchi Milano fa parte della rete internazionale di agenzie creative M&C Saatchi Group, punto di riferimento per la comunicazione a livello mondiale. 

IAB (Interactive Advertising Bureau) Italia

La charter nostrana della principale Associazione di categoria nel campo della pubblicità digitale a livello globale. IAB Italia si impegna a costruire un futuro sostenibile per il digital advertising e a semplificarne la complessità così da favorire gli insider del settore.

Filippo Motti

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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