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Toscana, immagini e parole: per Assouline, il racconto di Cesare Cunaccia una sera all’Andana

Pini marittimi e cipressi, costume, letteratura ed estetica come solo la penna di Cesare Cunaccia riesce a darne sintesi: in un flusso di immagini, la luce di Toscana ritrova la scelta delle sue tonalità

Cesare Cunaccia, Tuscany Marvel

La sera del 12 giugno di questa estate 2021, alle sei di pomeriggio, il sole si chinava: le foglie dei tigli ne paravano la violenza. Seduti a un divano in ferro, di fronte a una platea, Cesare Cunaccia parlava di Toscana – una sua personale, non privata, Toscana. Chi ne conosce la scrittura, non si stanca di rincorrere Cunaccia in quel disordine intellettuale che è parafrasi di genio. Dal marmo di Carrara agli stucchi di Palazzo Pitti, per il Castello di Sammezzano – e indietro, di nuovo alle ville: i portici medicei diventano ambienti onirici, mai romantici.

Harold Acton creava una società tra le colline di Lucca e i cerchi di Emilio Pucci. La Versilia di Susanna Agnelli, quando un mondo era fermo tra righe bicolore e tra le due guerre – in un candore di azzurro che definiva una società borghese ai confini settentrionali della regione – oggi, quel bel profumo, quella buona posa, a Forte dei Marmi non esiste più.

Dobbiamo recuperare un punto di vista intellettuale, diceva o direbbe Cunaccia: quel rigore che solo a Firenze si rese evidente per pochi decenni prima della passione di Michelangelo. Una donna di passaggio e di esperienza americana coglie uno stile per Ferragamo: altera e con l’accento marcato, seduta su vimini e velluti di seta, in un giardino con materie ruvide, poche rose ma tanti colori, in pomeriggio – gli stessi riflessi che si muovono tra le ombre delle foglie di tiglio sopra citato. Una reminiscenza di un abito di lavoro, un foulard in testa come una contessa nell’orto – trovando comunque un equilibrio classico, in un suo lavoro da opificio, mai eccentrico – a ripetere ancora una volta che il Rinascimento, da qui, non se n’è mai andato.

Un modo di vivere in Toscana

La nostalgia è una forma di energia in Toscana – quando maggio il cielo si fa terso, il mare si rompe, le Apuane virano dal calce in cristallo – diventa gloria. Non un luogo, non un mondo, soltanto – un modo. Le biciclette, il profumo del pitosforo in anticipo sul gelsomino. Un mercato il mercoledì la mattina, le meduse che potevi spostare con le mani nuotando fino alla boa. I pattini di legno colorati. Gli armadi chiusi, gli abiti e le scarpe che ritrovi dalla stagione scorsa, un cotone ruvido dimenticato in un casale nel Chianti, stopposo, reso pesante dalla naftalina, il cappello di paglia, e quel buio dell’ombra che d’estate si asciuga un poco – per poi ribagnarsi al primo temporale estivo. Le gocce si agitano in una pozzanghera dove cade la luce – soltanto la luce, nessun arcobaleno – niente wow, non vogliamo stupore, qui in Toscana – soltanto pace.

L’acqua dell’Arno scende a Pisa. Ci sono due dimensioni in Toscana: quella dell’umidità del verde, e quella arsa di luce calda, di girasoli che non sono mai tristi ma solo malinconici. L’erba bruciata, gli olivi, le viti su colline scoscese senza ristagno, tra vipere e cinghiali, maremmane e nuvole di polvere e polline. La tonalità è quella della terra di Siena – diceva Cunaccia, e giocava con i suoi rimandi insieme ad Alessandro Preziosi. A sud di Livorno, scendendo in Maremma. Le andane collegano le case padronali e le cascine alle strade di passaggio provinciale: storicamente, attraversavano le paludi che si estendevano lungo la costa, tra le spiagge e le colline.

Acquitrini, spesso infestati, prima di bonifiche non solo fasciste. I fanghi avrebbero lasciato luogo a terre fertili in eterno: le vigne toscane vogliono discese drenate, vacche dal manto che sembra un raso e che nessuno osa uccidere, colore del rame. Le andane sono disegni lineari che segnano poesie e letterature. Il dominio dei Medici lasciò il passo a quello dei Lorena, scesi dall’impero Austriaco: qui, in un angolo all’ombra lunga di un tramonto oltre al promontorio di Castiglion della Pescaia, prese dimore il granduca Leopoldo II nell’Ottocento.

L’Andana Resort

Vorremmo percorrere tutte le strade di Italia come fossero andane. Tra i piedi, c’è ancora la sabbia dopo il bagno in mare sulle suole di paglia. I capelli biondi arricciati dal sale, una scappottabile per una canzone italiana. Il vento arriva dal Tirreno muove in melodia gli aghi dei pini – presto sarà agosto, i fiori bianchi cadranno nel vento. Le cicale ci regalano il silenzio. La cena sui tavoli battuti in ferro, sotto luci a filo appese tra i rami come una balera di campagna dove la nonna si innamorava di chi ci avrebbe generato.

Un gatto è smorfioso, fa le fusa – e per quanto miagoli alla cucina di Bartolini e se ne lusinghi i baffi, il gatto preferisce le zampe nude e le unghie nella terra. Una brioche è ripiena di crema pasticcera come nessuna bomba calda per bambini in spiaggia. Le mura sono più rosa del tramonto di ieri, ma negli occhi ora resta la luce del giorno nuovo, un’altra mattina, in Toscana.

Tuscany Marvel

Edizioni Assouline (2021)
Testo di Cesare Cunaccia
Il volume è stato presentato al pubblico il 12 giugno 2021, alla Tenuta dell’Andana.

Carlo Mazzoni

Visage, Jean Cocteau

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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