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Americani, genio e genius loci – un tributo al popolo che sopra ogni cosa, parla di libertà

Nell’anniversario della tragedia delle torri gemelle, pubblichiamo un testo sulla cultura americana, che a volte sminuita, trova invece la sua cifra nella rivisitazione estetica

Americans Abroad – the genius loci, the cultural power and a persistent remind of freedom

In the anniversary of the Twin Towers tragedy – we release a short essay as a tribute to the American culture that too many times has been dismissed by the European elite

Americani nel mondo, sapendo cogliere il genius loci meglio di noi

Gli Americani nel mondo assimilarono il genius loci delle più diverse destinazioni, lo sposarono con idee estremamente personali ed inaspettate: come risultato, uno stile unico del quale sarebbero diventati, insieme all’America da cui provenivano e di cui professavano l’intraprendenza, assolute icone. 

i Getty a Roma, Gore Vidal a Ravello, Cary Grant e Diana Vreeland fino a Jackie O. e Grace Kelly

Se all’inizio del Novecento si poteva percepire chiaramente un’inadeguatezza dell’America nei confronti del Vecchio Continente, bastarono pochi decenni perché un irresistibile fervore di costume soffiasse da oltreoceano verso l’Europa, e non solo: dovunque gli Americani arrivassero re inventavano cliché̀, mescolandoli ad uno sporty-formalismo tipico della sensibilità wasp. Fitzgerald e gli Americani a Parigi stravolsero il gusto bohemien con il loro vigore e la loro energia, e forse non ci sarebbe stata alcuna Chanel senza l’ibridazione ritmica del jazz; Millicent Rogers fondeva haute couture Schiapparelli, pijama palazzo cinesi e i colori di Taos, New Mexico, vestendo una sorta di Mountain Chic; Peggy Guggenheim portava a Venezia gli azzardi dele gallerie di Soho; i Getty a Roma, Gore Vidal a Ravello, Cary Grant e Diana Vreeland fino a Jackie O. e Grace Kelly; Anita Ekberg mescolava il fasto da tappeto rosso ad una fontana barocca e nasceva la Hollywood sul Tevere. 

Gli Americani hanno saputo rileggere l’humus culturale del luogo prescelti per un soggiorno più o meno lungo o per un’intera vita

Un immaginario USA all’estero, rappresentato da figure nodali della storia politica ed economica, della letteratura, dell’arte, della high society, del cinema, della comunicazione e del glamour. Personalità̀ che in diverse maniere e secondo volontà rappresentative le più disparate abbiano saputo rileggere l’humus culturale ed estetico, le peculiarità̀, atmosfere e suggestioni del luogo o dei luoghi che visitavano, prescelti per un soggiorno più o meno lungo o per un’intera vita, identificando inattese forme di contaminazione, ulteriori itinerari artistici ed espressivi, nuove forme di interpretazione, di stile. Personalità̀ raccontate da una galleria di immagini, che illustrino i successivi sviluppi di un mood attraverso l’intero svolgersi del secolo breve. Una strada che muove i primi passi già alla fine dell’Ottocento, con l’anelito – per tanti versi frustrato, basta leggere le pagine dei romanzi di Henry James – verso un’assimilazione con la vecchia Europa di molti transfuga di lusso dal nuovo mondo, emigranti alla rovescia. 

Dal gruppo bostoniano cui appartiene Henry James stesso, accanto a Isabella Stewart Gardner a Venezia

Anche a Parigi e Londra, alla nostalgica aristocratica malinconia newyorkese di Edith Warthon e di Rita Lydig, fino all’inquietudine dei bohemians statunitensi nella Parigi della jazz age. Tra le colline di Firenze approdano i Cuffe-Cutling – la cui derivazione prosegue nella scrittrice Iris Origo fin quasi ai giorni nostri – lo storico dell’arte Bernard Berenson col suo raffinato circolo ai Tatti, il garden designer Cecil Pinsent, l’antiquario newyorkese Joseph Duveen, che risiedeva per gran parte dell’anno a Londra, a caccia dei tanti capolavori che ha disseminato nelle raccolte private divenute i maggiori musei americani. Gli Astor, diventati ricchissimi con il real estate market scelgono una sorta di sospensione tra gli USA e l’Inghilterra, William Randolph diventato cittadino britannico viene insignito del titolo di visconte. 

Consuelo Vanderbilt, duchessa di Marlborough

Snobbata dai 400, il serrato gratin sociale di New York, Consuelo Vanderbilt, bellissima e dotata di una dote clamorosa infarcita di denaro nuovo, diviene nel 1984 duchessa di Marlborough per matrimonio, acquisendo uno dei titoli più prestigiosi tra i pari britannici e rinsaldando il patrimonio del casato dei Churchill. Boldini la ritrarrà col figlio nel 1906. Ecco nella Ville Lumère Gertrud Stein e Alice B. Toklas, ponte di contatto tra l’America e le avanguardie artistiche e letterarie parigine della prima metà del Novecento, ecco Josephine Baker, danzatrice nuda che affascinò il gruppo parnassiano e i dada, ecco l’approdare nei twenties sul mare della Cote d’Azur di un’eclettica faglia di ricchi ed eccentrici in cerca di emozione e identità̀, come testimonia Di qua dal paradiso di Francis Scott Fitzgerald, protagonista in prima persona con la moglie Zelda di quella temperie inimitabile. 

Gli anni Trenta si incentrano intorno a fulcri ideali quali Cole Porter, geniale compositore al centro di una variegata society internazionale con Chanel e Christian Bérard, Lifar e Jean Renoir, Fulco di Verdura e Nicky de Gunzburg, assai legato alla Venezia dell’epoca, che contribuì a lanciare come sea-resort à la page e affittuario per svariati anni della splendida settecentesca Ca’Rezzonico in Canal Grande. Winnaretta Singer, ricchissima ereditiera dell’omonimo impero industriale, divenuta principessa de Polignac si circonda del meglio degli artisti ed intellettuali del proprio tempo tra Parigi e Venezia, dove acquista palazzo Manzoni Angaran, accanto al ponte dell’Accademia. 

Da Mona Williams Bismarck per Cristobal Balenciaga a Wallis Spencer Simpson

Una bellezza di idolo di cristallo dagli occhi di zaffiro, Mona Williams Bismarck inizia una carriera mondana che la porterà dal midwest americano ai vertici del glamour e dell’aristocrazia europea fino all’epilogo caprese. Ci sono Millicent Rogers, pioniera dello sci in Tirolo, dell’etnico rivisitato e della couture di Mainbocher e Schiaparelli, scopritrice di Taos e del New Mexico, i flavours south american di Doris Duke, il sofisticato magistero dello stile di Elsie de Wolf, lady Mendl, accento di distinzione new yorker e influente maestra di un gusto di interiors e fashion fortemente internazionalizzato, la superbillionaire Barbara Hutton con il suo harem di mariti. Last but not least la più celebre e leggendaria di tutti, Wallis Spencer Simpson, la duchessa di Windsor. Gli anni della guerra di Spagna non si possono non legare a Ernest Hemingway, inviato sul fronte innamorato della corrida, più tardi, negli anni Cinquanta americano a Cuba e presenza di vasto impatto a Venezia, specie all’Harry’s bar di cui contribuì̀ non poco alla leggenda, nelle valli da pesca del basso Friuli, tra le montagne di Cortina con Fernanda Pivano. Paul Bowles, in seguito con la moglie Jane, comincia nel 1937 le sue peregrinazioni nei deserti magrebini, aprendo la via a Orson Welles e nei Sessanta alla Beat Generation. 

Seconda guerra mondiale significa diffusione del modello USA

Am-lire e mercato nero, boogie, il mondo surreale e terribile della Napoli ’44 narrata da Malaparte e Norman Lewis. Nei primi Cinquanta arriva Claire Booth Luce come ambasciatrice nella Roma del dopoguerra. Peggy Guggenheim assurge a ultima dogaressa di Venezia acquistando palazzo Venier dei Leoni, facendo conoscere all’Europa intera l’universo formidabile dell’avanguardia artistica americana e gettando semi di enorme fertilità̀ specie nell’ambiente artistico italiano moderno. La Marlia, villa patrizia circondata da un parco in Lucchesia che appartiene ai Pecci-Blunt, famiglia metà romana metà americana, accoglie intorno a Anna Laetitia Pecci-Blunt mèlange intellettual-mondani tra le due sponde dell’oceano. Hollywood sul Tevere, tra i fifties e i sixsties merita un capitolo a parte, punteggiata com’è di scandali, mitologie, feste e love stories, sullo sfondo dei palazzi capitolini e della frenesia di vita in via Veneto, starring Ava Gardner e Audrey Hepburn, Tyrone Power che sposa Linda Christian a Santa Francesca Romana lanciando la couture made in Rome delle Sorelle Fontana. 

Gore Vidal in Costiera Amalfitana, Paul Getty alla Posta Vecchia

Gore Vidal si insedia a Ravello, sulla Costiera amalfitana, a Villa Rondinaia, recentemente venduta, Paul Getty a Palo Laziale alla Posta Vecchia, Caresse Crosby crea un centro di arti e lettere nel castello di Rocca Sinibalda, presso Rieti, fino alla sua morte nel 1970. Grace Kelly, the swan, sofisticata Philadelphia beauty incontra il principe Ranieri di Monaco durante le riprese de Caccia al ladro, nasce l’amore e ha inizio una vicenda dai contorni fiabeschi nel piccolo regno monegasco. Early sixsties nasce pure la parabola di Gloria Guinness, sull’asse NYC, Acapulco, avenue Montaigne a Parigi. Diana Vreeland, chief editor di Harper’s Bazaar e Vogue USA traccia vibranti linee di congiunzione tra USA e le passerelle di Parigi mentre Babe Paley lancia Nassau e le Bahamas. 

Jacqueline Bouvier Kennedy Onassis

Jacqueline Bouvier Kennedy Onassis è l’epitome stessa di un certo allure americano, sempre perfetta, sia in abito da gran sera che in Capri pants, a Manhattan come a Mykonos o sulla leggendaria isola degli Onassis, Skorpios. Un simbolo, un’icona di riferimento oltre il tempo e le mode. Accanto a lei la sorella Lee Radzywill e un’eroina del glamour e della società tra America e Europa come Nan Kempner. Roma tra i sixsties e i seventys attira una vera pleiade di personaggi di spicco, da Cy Twombly a John Paul e Talitha Getty, il Festival dei Due Mondi di Spoleto diviene passerella mondana e culturale con attenzione alla presenza americana.

Oggi non si può dimenticare una regina della couture parigina qual è sperimentale Dodi Rosenkrantz, palazzo di sogno – è la copia del Musée de la Legion d’Honneur di Parigi – a San Francisco, residenza fairy tale signée Tony Duquette a Venezia. Intanto e per chiudere, le sorelle Miller si conquistano un ruolo di spicco nel Gotha europeo in virtù di matrimoni aristocratici e regali che in qualche modo sono riusciti a chiudere il cerchio, dando un senso a quella volontà di appartenenza che Henry James auspicava oltre un secolo e mezzo fa. 

Cesare Cunaccia

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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