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Piantare alberi: quali, come, dove – la priorità rimane per le emissioni di CO2

Le emissioni di gas climalteranti hanno raggiunto un punto critico. Non basta mitigare gli effetti con la piantumazione di alberi – Giorgio Vacchiano, Fondazione AlberItalia

Piantare alberi per assorbire CO2

Piantare alberi è utile, ma non è abbastanza per diminuire la quantità di anidride carbonica nell’atmosfera. «A livello mondiale, alberi e foreste assorbono il 26% delle nostre emissioni». Giorgio Vacchiano, ricercatore in gestione e pianificazione forestale all’Università di Milano è responsabile della comunicazione di Fondazione AlberItalia. «Gli alberi possono agire sugli effetti dei cambiamenti climatici. In una città possono rinfrescare localmente, assorbire gli inquinanti, ma a livello di assorbimento di CO2 non si può pensare che la sola piantagione di alberi possa risolvere o anche solo mitigare il problema delle emissioni: per quello vanno messe in atto altre strategie».

Alla fine del 2019 il botanico Stefano Mancuso, il fondatore di Slow Food Carlo Petrini e il vescovo di Rieti Domenico Pompili, coordinatore della Comunità Laudato sì, hanno lanciato un appello che «chiedeva di piantare 60 milioni di nuovi alberi in Italia, uno per ogni cittadino, come azione in contrasto al cambiamento climatico». Si tratta di una misura simbolica, come dice Vacchiano. «In Italia gli alberi assorbono tra il 5 e il 9% delle emissioni a seconda di come vanno gli incendi, che rischiano di vanificare l’assorbimento fatto dalle foreste a livello nazionale. Secondo l’ultimo inventario forestale disponibile, ci sono tra i 15 e i 20 miliardi di alberi nel nostro Paese. Facendo le proporzioni, 60 milioni di alberi possono assorbire due millesimi delle nostre emissioni».

I benefici degli alberi in città

In città, secondo Vacchiano, gli alberi devono diventare elementi fondanti. Gli impianti sono da progettare in funzione dei benefici che possono portare, e che non consistono solo nell’assorbimento di anidride carbonica: «l’assorbimento dell’inquinamento, delle precipitazioni estreme la cui forza può essere smorzata dalle chiome degli alberi e dai suoli permeabili su cui crescono, il rinfrescamento in occasione delle ondate di calore. Questi effetti si possono quantificare con appositi strumenti: per esempio, il CNR ha sviluppato AIRtree, che permette di quantificare con precisione quanti inquinanti possono assorbire le chiome degli alberi in una città. Una volta stabiliti questi obiettivi, da lì a cascata si progetta: si scelgono le specie più adeguate, perché ognuna ha i suoi punti forti e deboli, c’è chi è più adatta ad assorbire l’inquinamento perché ha le foglie larghe, chi non va bene per assorbire la pioggia perché d’inverno non ha foglie».

L’ambiente urbano non è il luogo ideale per far crescere alberi, che in città, rispetto a quelli nelle foreste, hanno una vita molto più corta, in quanto sono sottoposti a un maggiore stress causato inconsapevolmente o meno dall’uomo: «l’inquinamento ha un’interazione fisiologica con l’albero, ci sono alberi che resistono e altri no». Anche la maggiore presenza di ozono causa un invecchiamento precoce dei tessuti delle piante.

Fondazione Alberitalia

Fondazione AlberItalia è stata costituita come fondazione il 1° marzo 2021. I soci fondatori sono tre. Il primo è «la S.I.S.E.F., ovvero la Società Italiana di Selvicoltura ed Ecologia Forestale, che è la società scientifica che raccoglie gran parte dei ricercatori forestali d’Italia, sotto il cui ombrello ci siamo radunati». Il secondo è «Romagna Acque, l’azienda regionale dell’Emilia-Romagna per la fornitura d’acqua pubblica». Il terzo socio fondatore è «Slow Food, che riprendendo la presenza del suo fondatore Carlo Petrini nell’appello originale lavora con noi». La Fondazione ha sede a Santa Sofia, in provincia di Forlì, in una sede di Romagna Acque, dove nei prossimi mesi sarà inaugurato un centro di formazione permanente.

«La prima volontà della neonata fondazione è piantare alberi, con cura. Abbiamo già pubblicato sul nostro sito un vademecum per indirizzare chiunque in Italia voglia piantare alberi e fare in modo che sappia come scegliere la specie, il luogo migliore per l’impianto, come stare attento alle cure da prestare nei primi anni», spiega Vacchiano. «Gli alberi piantati in modo ben progettato potranno contribuire al traguardo dei 60 milioni, che inizieremo a conteggiare nella sezione ContAlberi del nostro sito, per fare in modo che le iniziative già esistenti lavorino al meglio e che tutti gli alberi piantati da chiunque funzionino. ».

Oltre al contatore, Fondazione AlberItalia si doterà a breve di figure per verificare che gli alberi siano piantati secondo le linee guida. «Le informazioni ci saranno date da chi ha piantato gli alberi. A campione le verificheremo tramite fotografie esaminate da tecnici forestali. Valuteranno se le informazioni fornite da chi pianta sono compatibili con le piante giuste per quel posto e per quel clima».

Un network per la piantagione di alberi

Oltre al supporto scientifico in progetti di impianto e riforestazione singoli e governativi, la Fondazione vuole svolgere anche «una funzione di networking, mettendo in collegamento chi vuole piantare alberi con chi ha terreni a disposizione, come privati e amministrazioni, oppure con chi vuole investire nel sostenere attività di impianto». Fanno parte del network costruito da Fondazione AlberItalia molte realtà. «Diverse università, enti pubblici, professionisti forestali, ovvero i tecnici che devono firmare i progetti e seguirli anche dal punto di vista di consulenza professionale, che hanno aderito ad AlberItalia tramite il loro ordine professionale. Fa parte della nostra rete anche l’associazione di categoria dei vivai, che rappresenta un passo fondamentale. I nuovi alberi sono piantati dopo essere stati allevati a partire dal seme per due/tre anni in condizioni controllate, in modo che ogni piantina cominci bene il suo sviluppo».

Fondazione Alberitalia, come aderire

La forma giuridica che si è data la fondazione è quella di onlus. Il sostegno economico proviene dalle quote associative, che possono provenire da donazioni libere di soci partecipanti o da contributi di soci sostenitori. Come spiega Vacchiano, questa seconda modalità associativa è una «una formula rivolta agli enti e alle imprese, che prevede un contributo con una quota una tantum corrispondente ad almeno 10mila euro, e la partecipazione attiva alla vita della società, esprimendo un proprio rappresentante nel consiglio di amministrazione che decide le attività e ciò che la società fa». Oltre al finanziamento tramite quote associative, c’è anche quello per mezzo delle sponsorizzazioni da parte di aziende che si impegnano in azioni di carbon offsetting, ovvero programmi di compensazione delle emissioni provenienti dalla loro attività produttiva tramite donazioni a programmi di forestazione, di difesa delle comunità rurali, di salvaguardia dell’ambiente.

Anche Fondazione AlberItalia ha avuto dichiarazioni di interesse da parte di imprese che si vogliono impegnare a livello finanziario in attività di riforestazione. Per evitare casi di greenwashing, la fondazione si è dotata di «princìpi etici che definiscono una gerarchia di mitigazione: se qualcuno vuole lavorare con noi o sponsorizzarci deve prima dimostrare di impegnarsi a ridurre le proprie emissioni di carbonio il più possibile. Abbiamo un comitato etico che valuta la coerenza di ciascun soggetto che collabora con noi, proprio per evitare meccanismi poco virtuosi. Il finanziamento non deve essere tutto destinato all’impianto, ma una parte deve essere data anche alla cura degli alberi nei primi anni, senza la quale si rischia di mandare a monte tutto l’impianto, perché gli stress climatici esistono anche per gli alberi».

Progetti di forestazione in Italia

Oltre ai progetti finanziati da aziende per ragioni di corporate social responsability, negli ultimi anni le amministrazioni locali hanno avviato progetti di riforestazione. ForestaMi è il progetto della città metropolitana di Milano, che prevede la messa a dimora di 3 milioni di alberi entro il 2030 a Milano e hinterland. Ossigeno Bene Comune, l’iniziativa della città metropolitana di Napoli, ha lo stesso obiettivo. Ossigeno, programma della Regione Lazio, punta alla messa a dimora di sei milioni di nuovi alberi: come dice Vacchiano, «le cifre non sono casuali, sono relative al numero di abitanti».

Un altro progetto è Mettiamo radici per il futuro, avviato dalla Regione Emilia-Romagna e con cui Fondazione AlberItalia ha collaborato: «L’Emilia Romagna ha scelto di allearsi con tutti i cittadini, mettendo gli alberi dei vivai a disposizione della comunità, delle imprese e delle scuole e chiedendo di piantarli sulle superfici disponibili. Secondo un’inchiesta fatta a fine 2020, sono già arrivati a 500mila piantine messe a dimora; l’obiettivo è 4 milioni e mezzo. Con loro ci siamo occupati della comunicazione e della stesura delle linee guida: bisogna assistere i cittadini nel piantare bene gli alberi e di prendersi cura degli alberi piantati».

Interventi di impianto in zone rurali

Nelle zone rurali l’obiettivo è l’assorbimento di carbonio, poiché in città raramente il numero di alberi è abbastanza elevato da compensare le emissioni. Come spiega Vacchiano, «tradizionalmente in Pianura Padana gli unici alberi che esistono sono i pioppi. Sono gestiti con agricoltura intensiva, in quanto tagliati e ripiantati ogni dieci anni. Oggi si stanno diffondendo gli impianti policiclici, dove consociare più specie diverse fra loro, ognuna con il suo ritmo di crescita, in modo di non arrivare mai a tagliare tutto, facendo in modo che gli alberi restanti contribuiscano all’assorbimento di carbonio, alla protezione del suolo e facciano da habitat per la biodiversità, ricostruendo i corridoi ecologici che in Pianura Padana mancano nella zone ad agricoltura intensiva ».

Oltre al beneficio ambientale, una piantagione policiclica è anche più resistente rispetto a una monocoltura per affrontare i sempre più frequenti eventi meteorologici estremi. Il vantaggio delle piantagioni policicliche è anche economico: «usare specie diverse significa anche ottimizzare meglio dal punto di vista economico le risorse che l’ambiente può offrire: specie diverse hanno radici poste a diverse profondità e foglie che crescono in condizioni diverse: si diversifica la nicchia ecologica e le risorse disponibili sono sfruttate al meglio, quindi anche la produzione di legno ne beneficia».

Come scegliere gli alberi da piantare

Ci sono criteri cui tenere conto per scegliere le specie di alberi da usare in un impianto. Il punto di partenza, come dice Vacchiano, deve sempre essere il beneficio che si vuole ottenere piantando l’albero. Bisogna poi «esaminare le dimensioni che gli alberi possono raggiungere. E la velocità con cui crescono. In città ci sono alberi piantati in luoghi dove non hanno spazio sufficiente per svilupparsi. Anche la tipologia di foglie è importante, soprattutto se interessa come beneficio l’assorbimento degli inquinanti. Una delle specie più forti da questo punto di vista sono i pini in città, non hanno molta superficie assorbente. Ma le foglie sono coperte da resina, che appiccica su di sé le polveri sottili ed è amcora più efficace delle piante a foglia larga».

Anche il suolo va considerato. «Sempre di più dovremo scegliere per le nostre città piante resistenti alla siccità. Quando la pianta soffre la sete, per risparmiare acqua blocca la fotosintesi. Quindi l’assorbimento di carbonio temporaneamente – o per sempre (se la pianta dovesse soffrire troppo a lungo)». Sempre in ambiente urbano, inoltre, le piante possono provocare ostacoli e disservizi, dovuti agli allergeni o alla loro instabilità meccanica.

Paulownia: proprietà

In diversi interventi di messa a dimora di nuovi alberi in Italia è usata la Paulownia. Cresce più velocemente di molti altri alberi, si autorigenera in caso di taglio, assorbe elevate quantità di smog; un ettaro di alberi di Paulownia riesce ad assorbire circa 30 tonnellate di CO2 all’anno. Bisogna tuttavia tenere conto che la Paulownia è una specie non locale in Italia. «Nelle città l’uso di specie non autoctone è certamente possibile. Se ci sono specie alloctone più efficaci delle nostre per raggiungere gli obiettivi che si vogliono raggiungere, come anche il Gingko che è un assorbitore di CO2 e la quercia rossa che ha una crescita rapida.

In ambito rurale le cose cambiano, perché se queste specie hanno un comportamento invasivo vanno trattate con cautela, in quanto rischierebbero di impattare sulla biodiversità». Per quanto riguarda in particolare la Paulownia, in questo momento «è attivo un processo di ricerca, selezione e miglioramento genetico per selezionare varietà non invasive. Normalmente è una specie invasiva, ha la capacità di diffondersi nell’ambiente e ha una particolare resistenza. Gli impianti devono essere realizzati con varietà non invasive di Paulownia».

Quanti alberi ci sono nel mondo

La FAO ha calcolato che oggi sulla Terra sono presenti 4,06 miliardi di ettari di boschi. Secondo una stima effettuata da uno studio pubblicato su Nature, al mondo ci sarebbero 3.04 triliardi di alberi, circa 422 per ogni abitante della Terra. La riforestazione è considerata un rimedio per mitigare l’impatto di gas climalteranti. Tanto che negli ultimi decenni si sono moltiplicate le iniziative per piantare nuovi alberi a diversi livelli di governo, dalle giunte comunali alle organizzazioni internazionali. Allo scorso World Economic Forum è stata presentata la One Trillion Tree Initiative.

One Trillion Tree Initiative

Un progetto per piantare un trilione di alberi entro il 2030 per aiutare a placare le conseguenze della crisi climatica e della perdita di biodiversità. Anche i rapporti dell’Intergovernmental Panel on Climate Change sostengono che servirebbe su scala globale un miliardo di ettari in più di superficie coperta da alberi sul pianeta entro il 2050 rispetto a quelli già esistenti.

Mariachiara Riva

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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