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Gin dal Lago Maggiore, canapa di Novara – la scommessa di Rossi d’Angera

Ginepro, spezie e canapa senza THC e CBD sono alla base di Gin Hemp. Le colture italiane, la difficile ricerca dei laboratori di analisi: in conversazione con Arturo Rossi

Gin Hemp, il premium gin alla canapa sativa light 

Nel 2021, dopo una ricerca durata poco più di due anni, la distilleria Rossi d’Angera ha lanciato sul mercato Gin Hemp. È un gin aromatizzato alla canapa sativa light, senza TCH e CBD, quindi senza alcun principio attivo psicotropo della pianta. Tutto nasce da un incontro con un coltivatore del Novarese, spiega Arturo Rossi, alla guida dell’azienda. «Da lì ci è venuta l’idea di provare a fare delle lavorazioni con questa canapa per vedere che cosa si poteva fare nel campo della liquoristica».

Dopo vari test di distillazione e infusione delle inflorescenze dalla canapa, Rossi d’Angera è arrivata alla produzione gin. Equilibrando i gusti erbacei e floreali della pianta e del ginepro con le varie spezie.  «Abbiamo fatto cento, centocinquanta prove. Siamo riusciti a calibrare in una certa maniera e abbiamo ottenuto questo prodotto. Abbiamo visto che nel campo c’è in giro qualcosa di questo genere, ma non è formulato come il nostro», racconta Arturo Rossi. 

Circa diecimila bottiglia di Gin Hemp hanno trovato mercato nel 2021. La richiesta di gin aromatizzato alla canapa è in crescita. Rossi d’Angera punta ad aumentarne la produzione.

Canapa sativa italiana: la mancanza di laboratori per analisi

Il coltivatore novarese della canapa garantisce che la pianta lavorata non presenti alcun tipo di sostanza psicotropa. Il raccolto viene consegnato alla distilleria con tutte le certificazioni riguardanti le caratteristiche della pianta. Non abbastanza, specifica Rossi. «A noi arriva la canapa con la dichiarazione di assenza di THC e CBD. Ma chiaramente dobbiamo attestarne l’effettiva assenza, i responsabili siamo noi. Posso comprare con la dichiarazione, ma devo accertarmi che sia veritiera. Per farlo devo prendere un altro laboratorio e fare la stessa analisi per avere la sicurezza sotto tutti gli aspetti».

Non tutti i laboratori fanno però queste analisi. «Anche la ricerca dei luoghi che fanno questo tipo di controlli non è una cosa semplice. È difficile trovare quelli che fanno la ricerca delle sostanze psicotrope e la scissione di molecole di THC e CBD». È stato appurato dai laboratori che la pianta in distillazione non altera il proprio stato e non si trascina nessuna sostanza. 

Gin Hemp: il sapore

Che gusto ha un gin alla canapa? «Ha una tendenza all’amaro, che alla fine può darti dei sentori di pianta. Non dico floreali, ma di pianta. Come essere in un bosco dove c’è il sentore della corteccia ma anche delle foglie e dei rami rigogliosi. Questo amarognolo è il classico della canapa», spiega Arturo Rossi. «È un prodotto sufficientemente versatile, ma non è un prodotto facile come il gin normale. Anche in miscelazione può essere usato in mille maniere, se chi lo usa ha un’esperienza sufficientemente buona. Non è facile da miscelare per tutti. Non perché abbia qualcosa di strano, ma per il sentore della canapa. Quelle note amare che vengono fuori – se non miscelate bene in un cocktail e in un aperitivo – squilibrano il tutto. Possono quindi rendere il prodotto non gradevole al 100%».

La filiera della canapa secondo Rossi d’Angera 

La propensione verso l’utilizzo della canapa nei prodotti di distilleria è uno sguardo verso il futuro. Anche in ottica d’innovazione. Rossi d’Angera punta sulle nuove generazioni della famiglia, che porteranno avanti l’industria. Spiega Rossi: «Da una parte è un discorso di innovazione. La canapa è un prodotto utilissimo sotto moltissimi aspetti. Io ricordo che un tempo la canapa era un materiale che si usava per un mucchio di cose. Per fare vestiti, per fare i sacconi tipo juta, per le vestaglie che usavano i dipendenti. La canapa è sempre stata un prodotto che poteva essere usato. Potrebbe esserlo ancora, se lavorato nella giusta maniera. È utilissimo nella quotidianità».

Tutta la squadra di esperti della distilleria sta valutando di produrre altri alcolici che abbiano l’aroma di canapa sativa light. «Al di fuori di questo gin si pensava di tirar fuori qualcosa della liquoristica. Un tipo di amaro, ad esempio. Le prove che abbiamo fatto fino ad adesso però non ci hanno soddisfatto più di tanto. La canapa è un prodotto difficile da lavorare, vedremo».

Rossi d’Angera: la storia della distilleria lombarda

La storia della distilleria parte nel 1847, in un territorio ricco di materie prime sulle sponde del Lago Maggiore. Quell’anno Bernardo Rossi, professione falegname, decide di raccogliere le migliori uve della zona di Angera, Varese, e produrre grappe. Rossi produceva liquori barricati, in botti che lui stesso fabbricava. Angera, fino agli anni ’60 del secolo scorso, è stata uno dei bacini vitivinicoli più importanti della regione. Sia perché serviva Milano, sia perché le culture di vigna e la produzione di vino servivano l’alto milanese e i territori provinciali. 

«I giornali locali dell’epoca raccontano che in quegli anni c’era così tanta uva che non sapevano che farne. Vinificarla o non vinificarla? Proprio non riuscivano a lavorarla tutta. Da lì è partita l’idea di cominciare a bruciare alcuni residui che chiamiamo vinacce. Si comincia a fare un distillato, che veniva consumato pressoché familiarmente o poco più che familiarmente. Proprio una cosa localissima. Questa è stata l’attività dalla metà dell’Ottocento fino alla fine del Secolo», racconta Arturo Rossi, quinta generazione della distilleria.

Da Fratelli Rossi a Rossi d’Angera – Lampoon in conversazione con Arturo Rossi

A partire dal Novecento la distilleria comincia a prendere le sembianze di un’attività, se non industrializzata, almeno dotata strutture produttive. A capo c’era Carlo Rossi, figlio del fondatore, che denomina la distilleria ‘Fratelli Rossi’. 

Arturo Rossi racconta che «il figlio di Carlo – mio nonno – aveva studiato in un liquorificio che produceva distillati. Era andato ad Arona, Piemonte. Quando si è trattato di mettere in pratica gli studi, voleva prendere in mano l’attività degli zii e del padre. Probabilmente c’è stato qualche problema familiare. Fatto sta che questa cosa ha fatto in modo che lui si staccasse da loro. Ha creato prima una sua piccola azienda indipendente, poi la distilleria».

Le Guerre Mondiali non hanno impedito lo sviluppo dell’azienda. Carlo Rossi è costretto a partire per combattere al fronte durante la Prima guerra mondiale. Lascia la nascente azienda. Quando torna ad Angera, dice Rossi, «ha ripreso in mano l’attività, che nel mentre era stata condotta dalla moglie Annetta. Lei è riuscita a portarla avanti e a distillare quelle poche vinacce che riuscivano a ritirare. Con la guerra le cose erano cambiate, erano diventate più difficili».

La distilleria creata da Bernardo Rossi e la distilleria di Carlo Rossi si uniscono nel 1919

Nasce la distilleria Rossi d’Angera. «Sono anni in cui comincia un lavoro non industriale sotto tutti gli aspetti, ma strutturato in maniera più che artigianale. Quindi hanno cominciato a creare prodotti nuovi, hanno cominciato ad affinare anche le tecniche distillatorie. Hanno acquistato strumenti innovativi per la distillazione, a fare dei piccoli invecchiamenti, già diffusi per quanto riguarda le grappe. Hanno tirato fuori liquori innovativi. Era l’epoca Liberty, quindi l’epoca dello sviluppo sotto tutti gli aspetti. È cominciato lì il percorso vero e proprio della nostra azienda, della nostra distilleria».

«Il nostro DNA e il nostro focus è sempre quello di cercare di portare sul tavolo della clientela dei prodotti con qualcosa in più. Prima di tutto sotto l’aspetto qualitativo, della bontà. Poi anche sotto l’aspetto meramente fisico. E quindi: una bella bottiglia, delle etichette belle e ricercate. Per accattivare e prendere il consumatore, perché ci vuole la bontà del prodotto, ma anche un pochettino ci vuole l’occhio. Quindi curiamo a 360 gradi sia la qualità sia la progettazione. Questo è a grandi linee quello che abbiamo fatto, quello che stiamo facendo e quello che vorremmo fare nel futuro», dice Rossi.

Angera

La distilleria trova la sua casa sulle sponde del Lago Maggiore, zona collinare dal terreno fertile e ricca di materie prime. Negli anni 2000 è iniziato un percorso di valorizzazione della viticoltura angerese.

Noemi Soloperto

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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