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Wetlands: la casa editrice che racconta l’Antropocene ha casa a Venezia

Un progetto carbon neutral e a filiera locale che racconta problemi e potenzialità di Venezia. Ripensata da una prospettiva antropocenica, sembra una città nuova, come racconta  Venezia e l’Antropocene – Una guida ecocritica

Wetlands: le origini

«Sgombriamo subito il campo dagli equivoci: non lo facciamo tanto per guadagnarci, ma per diffondere delle idee», spiega il fondatore della casa editrice Luca Cosentino, classe 1961. Veneziano, geologo di formazione, Cosentino ha lavorato per 35 anni nel campo dell’energia. Wetlands nasce come impresa sociale no-profit nel contesto del più ampio progetto civico ReActiVe, creato da Cosentino insieme a una quindicina di altri veneziani dalle competenze disparate «nell’ottica di fare qualcosa di positivo per questa città, che, come è noto, ha i suoi problemi – lo spopolamento del centro storico, il turismo invasivo, la gentrificazione, la presenza pervasiva di Airbnb che ha distrutto il tessuto residenziale della città, i problemi ambientali legati alla laguna, alla contaminazione, allo scavo dei canali, al Mose… Una volta fondata ReActiVe, da subito ci è sembrato che una casa editrice potesse essere un modo per veicolare le nostre idee e dare un contributo alla città».

L’Antropocene a Venezia

Sebbene a oggi non sia ancora riconosciuto ufficialmente come epoca geologica, il termine Antropocene gode da tempo di popolarità ed è usato per indicare il periodo della nostra storia in cui le attività umane, raggiungendo l’intensità di un fattore geologico vero e proprio, sono state e sono tuttora in grado di modificare il clima e l’ambiente. Antropocene è di fatto il concetto-ombrello che tiene insieme una serie di fenomeni che altrimenti apparirebbero sconnessi: la crisi climatica, il degrado ambientale, l’inquinamento, la sovrappopolazione, le disuguaglianze sociali, l’impatto del sistema alimentare-industriale, lo sfruttamento delle risorse. 

Tutte questioni globali, delle quali Venezia è un osservatorio privilegiato. «Le problematiche di Venezia non sono molto diverse da quelle di altre città europee, ma qui vengono vissute in maniera più intensa perché la città ha una sua fragilità intrinseca – prosegue Cosentino – Venezia non ha periferia, è solo centro storico: tutto pesa qui. Abbiamo sperimentato l’iper-turismo molto prima che altrove, così come l’acqua alta la gentrificazione. Venezia è il luogo dove si possono anticipare i problemi, ma anche le soluzioni».

Venezia e l’Antropocene – una guida ecocritica

Ripensata da una prospettiva antropocenica, Venezia sembra una città nuova, come racconta  Venezia e l’Antropocene – Una guida ecocritica, in libreria dall’11 novembre. Un’opera letteraria collettiva, firmata da oltre trenta autori internazionali, che ricollega vari aspetti tipici della città lagunare – l’architettura, il paesaggio, il cibo – al presente globale dell’Antropocene. Per Cosentino è un libro rivoluzionario: «Sono orgoglioso di lanciare il cuore oltre l’ostacolo e vedere cosa succede: penso sia il compito di ogni editore e questa è certamente una strada nuova». È della stessa idea Lucio De Capitani, ricercatore presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia e curatore del testo insieme a Cristina Baldacci, Shaul Bassi e Pietro Daniel Omodeo: «Non è una guida nel senso tradizionale del termine. È un libro che prepara lo sguardo, che porta a vedere in modo diverso questioni invisibili o che sarebbero altrimenti concepite in ottica esclusivamente turistica»

Venezia e la crisi ambientale

Il seme che ha portato alla nascita di questo testo è stato gettato a novembre 2021 durante l’Anthropocene Campus Venice, forum di una settimana che ha riunito in laguna oltre cento esperti, alcuni dei quali sono poi diventati autori dei saggi contenuti nel libro. «Venezia ci fornisce una serie di immagini incisive per parlare di crisi ambientale, alcune più note e immediate di altre – prosegue De Capitani – Il rapporto della città con l’acqua mette in luce il fatto che l’ambiente cittadino non può svilupparsi in modo sconnesso da quello naturale: vale in tutto il mondo, ma qui non si può ignorare»

Alcuni autori della pubblicazione hanno sentito la necessità di lavorare con altri media oltre la scrittura, un aspetto che è stato integrato nella guida tramite QR Code. Ne è un esempio la video-poesia con cui Pietro Consolandi, ricercatore presso l’organizzazione di arte contemporanea TBA21_Academy e fondatore del collettivo Barena Bianca, decanta le zone umide costiere tipiche della laguna. «L’Antropocene è chiaramente spesso legato a questioni inquietanti, come crisi climatica, estinzioni e devastazioni – commenta De Capitani – Mi piace che nel libro ci siano anche voci come questa, che celebrano l’ambiente lagunare nella sua bellezza: se si deve salvare il pianeta, bisogna anche ricordarsi perché farlo»

Libri di confine con copertine in carta alga

Stampati a Venezia su carta ecosostenibile, i libri di wetlands mantengono un legame con il loro luogo di origine anche nella copertina realizzata in carta alga. Questo materiale ecologico è stato brevettato negli anni Novanta dalla cartiera veneta Favini in seguito all’anomala proliferazione di alghe che all’epoca affliggeva la laguna. La carta continua a essere prodotta usando le alghe sovrabbondanti provenienti da vari mari. 

Come suggerisce il nome stesso del progetto editoriale – che significa zone umide, una landa che non è né terra né acqua, né dolce né salata – i libri di wetlands si collocano in un territorio di confine tra saggio e reportage narrativo, senza mai ricorrere a un linguaggio accademico ma, anzi, affidandosi a «scrittori che riescono, con una narrazione accattivante, a trattare i temi con la leggerezza necessaria a penetrare nella coscienza delle persone», spiega Luca Cosentino. Alcuni testi pubblicati hanno preso forma durante le residenze letterarie veneziane gestite da wetlands. Il primo a vivere questa esperienza, e offrirne poi il frutto ai lettori, è stato lo scrittore olandese Frank Westerman con il suo Dittico idraulico.

Lampoon intervista Frank Westerman: le cicatrici di Venezia e il Mose

«Venezia non è solo uno sfondo, uno scenario, ma è a sua volta un personaggio, imprevedibile come una vecchia signora – commenta Westerman. Vivevo a San Servolo per un progetto della Ca’ Foscari appena pochi giorni prima dell’ultima, rovinosa alluvione: sono tornato a Venezia l’anno scorso per scrivere Dittico idraulico e potevo ancora vederne le cicatrici». Il reportage, una delle primissime pubblicazioni della casa editrice, fa parte della collana Mude, dedicata ad autori stranieri che mettono in relazione Venezia con altri luoghi. In effetti Westerman, che ha una formazione da ingegnere, nel libro riflette sul senso e sull’opportunità delle grandi opere idrauliche e nella prima parte traccia una linea tra la diga del Vajont e il Mose, il progetto di barriere mobili avviato nel 2003 che dovrebbe difendere Venezia dall’acqua alta. 

«Credo che la struttura sia ben progettata: basti pensare a questi elementi gialli che emergono dal fondo del mare – prosegue Westerman – Ma il Mose è anche un tragico esempio di un progetto sul quale è stato buttato troppo tempo e quindi adesso, alla fine, Venezia è protetta da un sistema di difesa dall’acqua multimiliardario che non sembra essere in grado di tenere il passo con il cambiamento climatico: temo sia troppo piccolo e troppo basso per l’innalzamento del livello del mare del ventunesimo secolo».

Apicoltura di nicchia e miele di barena 

L’altra collana, Fondamenta, riflette sulla storia e sull’ambiente di Venezia: in questo filone è pubblicato ad esempio Il giocattolo del mondo di Robert C. Davis, professore di storia alla Ohio State University, incentrato su origini e implicazioni dell’overtourism che rende le calli invivibili. Barene, la terza e per ora ultima collana di wetlands, declina invece i temi delle Scienze umane per l’ambiente, o Environmental Humanities, in collaborazione con l’Università Ca’ Foscari di Venezia. Il nome richiama le isole basse – tra i 20 e i 50 centimetri sopra il livello del mare – ricoperte di vegetazione erbacea tipiche della laguna veneta: un ecosistema fragile di limo e argilla che si può avvistare solo con il favore delle maree e che oggi è minacciato anche dal moto ondoso delle navi e dall’innalzamento delle acque. 

Di barene e di apicoltura in laguna scrive la giornalista ambientale e antropologa Chiara Spadaro in L’arcipelago delle api – Microcosmi lagunari nell’era della crisi climatica, uscito a settembre. «Il tema delle api non è immediatamente associato all’ambiente lagunare, per questo mi ha colpita», racconta Spadaro. In effetti a Venezia l’apicoltura ha una sua storia: proprio qui nell’Ottocento è stato inventato lo smielatore, strumento che permette di estrarre il miele dai favi. In zona si fa ancora oggi il miele di barena, prodotto dalle api che vengono portate a foraggiarsi tra le tipiche isolette galleggianti su cui sbocciano i fiori viola del limonio. È ormai un miele raro, perché le barene stanno scomparendo e la loro vegetazione perde abbondanza e biodiversità. 

Un nuovo rapporto tra umano e non umano

Da anni si parla di crisi dell’apicoltura e della produzione di miele in Europa a causa dei cambiamenti climatici e delle attività antropiche. Questa tendenza generale, di nuovo, può essere osservata in miniatura a Venezia. «Facendo ricerche in laguna, ho costruito i tasselli di una geografia variegata: le pratiche di apicoltura qui utilizzate sono molto diverse ma i problemi sono gli stessi – aggiunge Spadaro – Quando ti relazioni con le api o in generale con gli impollinatori, è più facile vedere la relazione con i cambiamenti climatici e le trasformazioni ambientali. Tutto questo si traduce in conseguenze pratiche: sulla produzione di miele, sulla moria delle api… Fenomeni che gli apicoltori osservano già da tanti anni»

L’autrice tra le righe del libro invita anche a riflettere sul punto di vista produttivista che adottiamo quando si parla di apicoltura. Oggi le arnie sono strutturate per massimizzare la produzione di miele, così da ricavarne e vendere il più possibile, esattamente come accade in un allevamento intensivo di bovini. 


«Alcuni stanno provando a rovesciare questo meccanismo, facendo un ragionamento più ecologico e rispettoso nei confronti delle api, alle quali non si dovrebbe prendere tutto, ma invece lasciare il nutrimento di cui hanno bisogno – dice Spadaro – È uno spunto interessante se letto più in generale, in riferimento al modo in cui oggi dovremmo stare nel mondo».

Wetlands

Impresa sociale no-profit e progetto editoriale carbon neutral e a filiera locale nato a Venezia nel 2021 all’interno del più ampio progetto civico ReActiVe. Le pubblicazioni sono iniziate a maggio 2022 e trattano temi ambientali, urbanistici, sociali, antropologici e culturali intrecciando la realtà veneziana con prospettive internazionali.

Luca Cosentino

Veneziano, classe 1961. Geologo di formazione e scrittore, ha lavorato a lungo nel settore dell’energia. È tra i fondatori e fa parte del comitato editoriale di wetlands.

Lucio De Capitani

Ricercatore presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, i suoi interessi di ricerca includono l’ecocritica, il rapporto tra antropologia e studi letterari, le letterature in lingua inglese dal periodo coloniale a oggi e le teorie della world literature. Fa parte della redazione di wetlands.

Frank Westerman

Ingegnere di formazione, poi diventato giornalista e scrittore. È considerato uno dei più importanti autori olandesi contemporanei ed è tradotto in 17 lingue. Nei suoi libri reportage si occupa di temi come razzismo, cultura, identità e potere. 

Chiara Spadaro

Giornalista ambientale e antropologa, è dottoranda in Studi geografici all’Università di Padova con una ricerca sulle politiche del cibo in ambienti lagunari. Si occupa di comunicazione per il terzo settore e gli enti locali e ha pubblicato diversi libri.

Chiara Beretta

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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