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Richard Serra
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«Più disegni più vedi»: l’invito di Richard Serra all’occhio umano 

40 BALLS per Cardi Gallery

La Cardi Gallery, fondata a Milano nel 1972 da Renato Cardi ed ora guidata dal figlio Nicolò, ha costruito nel corso del tempo una collezione che spazia dall’Arte Povera allo Spazialismo. Affermatasi ormai come promotore di artisti in evoluzione, continua a plasmare tutt’oggi il panorama culturale a Milano e all’estero. 

In questo momento ospite della galleria fino al 5 agosto 2022 è Richard Serra, Leone d’oro alla carriera alla Biennale di Venezia nel 2001, con il suo ultimo lavoro 40 BALLS: quaranta nuovi disegni, tutti pezzi unici, realizzati durante l’anno 2021 dall’artista appositamente per questa occasione, attraverso l’utilizzo di stick di vernice nera – ottenuta dall’unione di cera, pigmento, pittura ad olio compressa. Si tratta di una tecnica sviluppata dall’artista a partire dal 1971, capace di trasmettere la forma del disegno attraverso la densità del materiale. In 40 BALLS ogni disegno è un opera a sé stante, sempre diversa da quella che la precede, che invita a riconoscere la natura trasformativa del disegno e a ripensare all’arte come forza creatrice capace di generare nuovi punti di vista. 

L’allestimento è stato ideato interamente da Richard Serra, il quale ha richiesto la modifica dello spazio espositivo con l’obiettivo di restituire la monumentalità – carattere condiviso dalle sue opere d’arte precedenti – anche al disegno. Le 40 BALLS, infatti, con il loro susseguirsi all’interno di un ambiente ampio, neutro e spogliato di ogni struttura superflua, riportano alla memoria quell’andamento sinuoso delle sculture in acciaio che lo hanno reso celebre. Come ogni lavoro dell’artista, anche in questo caso emerge la rilevanza della relazione tra l’opera e lo spazio in cui essa viene esposta: il lavoro diventa parte integrante del sito in cui deve essere collocato e progettato in relazione ad esso ridefinendolo.

Lo spazio multivalente di Richard Serra

In un’intervista del 2001, pubblicata in occasione dell’esposizione Torqued Spirals, Toruses and Spheres alla Gagosian Gallery di New York, il giornalista Charlie Rose chiese all’artista americano di tornare indietro negli anni con la mente e provare a trovare quel qualcosa che suggerisse chi sarebbe stato il Richard Serra del futuro. 

«Un bambino che, camminando lungo la spiaggia per un paio di miglia si volta e si sorprende nel vedere che ciò che stava prima alla sua destra, girandosi e percorrendo la strada nella direzione opposta, era ora a sinistra e completamente diverso», rispose l’artista. Nessuna gerarchia tra punti di vista, nessun centro, nessun dentro, nessun fuori. La multivalenza è una caratteristica che Richard Serra associa allo spazio sin dalle sue prime sculture e a cui ancora oggi possiamo risalire, osservando i suoi quaranta disegni. Lo spettatore è spinto ad avvicinarsi ad ogni opera per seguire il cambiamento sottile della consistenza e forma delle singole balls, ma è poi allontanandosi, quasi uscendo dallo spazio espositivo, che si recuperano quel senso di continuità e insieme la distinzione tra la percezione del sé e del prodotto artistico. 

Le sculture site-specific di Richard Serra

Conosciuto soprattutto per le sue sculture site-specific su grande scala, Serra tratta temi quali la gravità che egli stesso definisce «un dispositivo strutturale per innumerevoli configurazioni sconosciute», la materia e le sue infinite potenzialità, – a cui approccia da studente lavorando in un’acciaieria – il tempo e la percezione dello spazio. Quale che sia la forma che tali temi assumono, o i mezzi con cui essi vengono tradotti, l’obiettivo finale dell’arte è sempre stato per Serra «rendere disponibili nuovi modi di osservare […], cambiare il significato attraverso la percezione». A questo fine concorrono la ricerca e la maturazione di un proprio strumento e proprie procedure che Serra riconosce necessarie per distinguersi nel vasto mondo dell’arte. 

La sua pratica artistica si sviluppa in modo particolare a partire dall’osservazione e dal camminare osservando. «L’osservazione si fonde poi nella memoria. L’interrelazione tra esperienza diretta, osservazione, analisi e memoria costituiscono la base per l’invenzione». Ciò che è escluso è il progetto del risultato. Si tratta piuttosto di mostrare il processo di fare arte, che diventa una pratica di gioco affermativo e di sperimentazione concettuale. «Se si vuole fare arte – sostiene Serra – è necessario sospendere il proprio giudizio, coinvolgere se stessi nel gioco e non preoccuparsi del risultato finale».

Richard Serra: l’atto creativo attraverso il disegno 

Nella raccolta di saggi Le Peintre de la Vie Moderne (1859-1860), Charles Baudelaire minimizza il significato dell’eterno valore dell’arte di fronte alla fuggevole ‘presentness’ della modernità, sostenendo che l’arte si costituisce di un elemento eterno e un elemento relativo, circostanziale, ossia il periodo, la moda, la moralità. 

In quell’occasione cita Costantin Guy, incisore olandese naturalizzato francese, per l’illustrazione ed elaborazione di un manifesto della bellezza. Costantin Guy, a differenza degli altri artisti, viene qui definito osservatore e reporter dei cambiamenti quotidiani, capace di trarre dai suoi schizzi la ‘presentness’. Lungi dal voler proporre una versione elegiaca del carpe diem, Baudelaire sostiene che l’esterno, il contingente deve essere afferrato e reinterpretato in forme nuove.

Richard Serra: il valore della ‘presentness’

Pur non trattandosi di schizzi raffiguranti la società contemporanea, Richard Serra sembra tornare a ribadire il valore della ‘presentness’ insita nell’atto creativo attraverso il disegno, che rende possibile «l’immediata trascrizione di un interesse personale».

Il disegno, generalmente considerato problematico in relazione alla sua convenzionalità, con Serra riacquisisce la sua indipendenza e unicità, distaccandosi dal suo significato illustrativo.  «Se si vuole realmente conoscere il significato sottinteso di ciò che gli artisti pensano, bisogna guardare i loro disegni». Approcciando il disegno all’età di quattro anni, questo diventa presto per Serra un altro linguaggio.  Un’attività che nutre una vita interiore, lo spazio più cosciente in cui lavora capace di restituirgli un senso del sé, in cui «non c’è mediazione tra l’attività e il risultato, dove il dare e ricevere è istantaneo» e dove il grado di imprevedibilità che lo caratterizza genera meraviglia solo dopo la sua conclusione. 

Il nero: un colore ricorrente nel repertorio di Richard Serra

Protagonista dei disegni di Serra è sempre il nero, che agli occhi dell’artista non è un colore, ma una vera e propria sostanza materiale che lascia la sua traccia e la sua forma attraverso la sua stessa densità e un processo di lavorazione compatto. «Il nero è una proprietà, non una qualità. In termini di peso, il nero è più pesante, crea un maggiore volume, si mantiene in un campo più compresso». 

Nel suo utilizzo si ritrovano tracce e punti in comune con la cultura giapponese – con cui Serra ha stabilito un rapporto a partire dal 1970, quando si recò a Kyoto per studiare i templi Zen e i giardini di Myōshin-ji prima di lavorare al progetto Pulitzer. 

In contrasto con il nero fa sempre da sfondo una superficie anonima e bianca, che non deve richiamare l’attenzione dell’osservatore, ma semplicemente servire da cornice, separando il disegno dalla parete. 

Serra ha collegato la sua pratica di disegno a un pensiero di Giambattista Vico

«Verum ipsum factum», ossia «La verità è nello stesso fare». La formula di Vico, indica la linea guida della ‘nuova scienza’ per cui l’uomo può veramente apprendere solo ciò che da lui è prodotto e fatto, poiché solo in questo modo può conoscere l’esatta genesi. Il vero e il fatto sono, secondo il filosofo, intercambiabili. Anche nel disegno di Serra, dove le cose affermano le loro proprietà anche quando il loro stato cambia, il ‘vero’ e il ‘fatto’ sono convertibili. Questa convertibilità, tuttavia, non è spontanea. Si pone attraverso il costante processo di pensiero e ripensamento, di azione e reazione, che costituisce il coinvolgimento con il mondo come lo troviamo di momento in momento.

«Il tuo occhio è un muscolo, devi tenerlo in forma e più disegni, più vedi». Richard Serra con questo suo ultimo lavoro sfida l’idea di disegno come siamo soliti concepirlo e ci invita a pensare al processo come un terreno fertile, dove ogni azione, incidente, avvenimento inaspettato, dettaglio non prima considerato, può diventare fonte di nuovi pensieri e nuove possibilità. 

L’osservatore anche davanti a questi ultimi disegni di Serra, è sempre una figura attiva che deve essa stessa fare. Come scrisse Laura Rosenstock, curatrice dell’esposizione Richard Serra/Sculpture al MoMA di New York nel 1986, «Il lavoro di Serra coinvolge l’osservatore nel suo processo creativo ed esplorativo. Intensificano la consapevolezza percettiva e lo obbliga virtualmente a un interazione. Costringono l’osservatore a confrontare la sua esperienza e percezione delle opere in relazione sia allo spazio che al tempo e a focalizzarsi sulle loro proprietà fisiche e sulla maniera in cui esse sono state create». Lo stesso viene richiesto oggi, dalle quaranta opere esposte alla Cardi Gallery di Milano. 

Richard Serra (San Francesco, 1939)

Richard Serra vive e lavora a New York e nel North Fork di Long Island. Tra gli artisti più significativi della sua generazione, Richard Serra ha installato le imponenti  sculture site-specific in acciaio per cui è internazionalmente riconosciuto in contesti architettonici, urbani e paesaggistici di tutto il mondo: da Londra a Berlino, da Napoli a Bilbao, le sue opere da più di cinque decenni popolano gli spazi pubblici e i musei, instaurando una relazione diretta con lo spettatore. Dal 1970 approfondisce la pratica del disegno, realizzando opere a sé stanti.

Angelica Cantu Rajnoldi

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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