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Da un processo di lavorazione di funghi si può ricavare materiale tessile, immagine Mogu
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La circolarità dei funghi: dai residui agricoli alla bio-edilizia

Senza funghi le foreste sarebbero una massa accatastata di legno: il micelio colonizza i residui di paglia, segatura e altro – Mogu trasforma il micelio in un materiale nuovo

Micelio, l’apparato vegetativo dei funghi

Il micelio è un agente connettivo dei sistemi naturali. Permette ai funghi e a tutti gli agenti che vivono nel suolo, dalle piante agli insetti, di comunicare. I funghi, di cui il micelio è parte essenziale, sono agenti decompositori e riciclatori che permettono il fluire di tutte le sostanze e dei relativi nutrimenti organici nel suolo. «Se non esistessero i funghi le foreste sarebbero una massa di materiale vegetale», racconta Maurizio Montalti ingegnere, designer-researcher e co-fondatore nel 2015 di Mogu – azienda di Inarzo, in provincia di Varese. Mogu, in mandarino cinese, significa fungo. «Grazie ai funghi il legno viene restituito al suolo per essere rigenerato. Questa è una delle capacità dei microrganismi fungini che mi ha sedotto in primo luogo». 

Maurizio Montalti – ingegnere, designer-researcher e co-fondatore di Mogu

Lo studio necessario alla possibilità di unire scienza, design e ingegneria inizia circa dieci anni fa, quando Maurizio Montalti si trovava in Olanda, nel corso dei suoi studi di Master presso la Design Academy di Eindhoven. «Il filone di ricerca da me inizialmente investigato si basava sull’opportunità di degradazione e trasformazione di materiali sintetici e dannosi, nell’utilizzo che ne facciamo (materiali plastici), derivanti dallo sfruttamento di risorse finite (petrolio)», spiega Montalti. «Decisi di puntare sullo sviluppo di progetti tesi a valorizzare la nozione di scarto e che consentissero una collaborazione tra l’uomo e gli altri organismi viventi – in questo caso i microrganismi fungini». Nasceva Mogu, con la collaborazione di Stefano Babbini, Federico Grati, Francesco Amadio e Francesco Giannetti.

Mogu lavora in sinergia con i sistemi viventi, senza i quali il processo di creazione resiliente non avrebbe luogo. «I nostri collaboratori – per quanto piccoli – svolgono un ruolo chiave per l’azienda e per la natura. I prodotti Mogu ereditano le qualità intrinseche del micelio e al termine del loro utilizzo e ciclo di vita possono essere reintrodotti nell’ambiente come nutrimento non inquinante», continua Montalti. Una produzione circolare che è riuscita a trovare standard di riproducibilità di scala industriale, forse non ancora completamente in termini di volumi equiparabili a quelli delle multinazionali, ma in termini di affidabilità e solidità dei processi e dei prodotti derivanti. Intrecciando le necessità del mercato e le proprie risorse, Mogu ha investigato diversi settori applicativi, per poi definire il proprio focus, posizionandosi nel contesto dalla quale è nata, ovvero il settore del ‘bio-design’ e della ‘bio-fabbricazione’, lanciando i primi prodotti a mercato nel 2019. Anche se il principale ambito di applicazione attuale dei prodotti è al momento quello dell’architettura di interni e dell’arredamento (soluzioni modulari fono-assorbenti e pavimenti resilienti), le collaborazioni attive con il settore dell’alimentare (soprattutto per i cibi proteici) della moda (conceria alternativa) sono in sviluppo.

I ceppi fungini impiegati sono coltivati colonizzando e trasformando i nutrienti che si trovano nella materia residua di origina vegetale, in un nuovo materiale solido. Tali residui provengono in gran parte dal settore agroindustriale e manifatturiero locale, dato che il trasporto stesso della materia prima può contribuire all’inquinamento ambientale. Si tratta ad esempio di paglia da grano, canapa e canapulo, lino, segatura (proveniente dagli scarti di processo di produzione dei mobili) e fibre di cotone. I miceli vengono incubati in condizioni sterili e controllate, per evitare contaminazioni che potrebbero modificare il naturale processo di colonizzazione del fungo, in sacchi contenenti residui vegetali. In questa fase i funghi iniziano a nutrirsi degli zuccheri provenienti dalle materie ligno-cellulosiche e formano i primi filamenti reticolari che ne caratterizzano la tipica morfologia. Dopo questo iniziale passaggio il contenuto dei sacchi, ora pienamente colonizzati, viene distribuito in stampi dedicati. 

Materiale tessile dai funghi

Il fungo, esposto a specifiche condizioni climatiche (variabili in base al tipo di fungo che si sta considerando e generalmente a temperature comprese tra i 25° e i 30° gradi) inizia a crescere radialmente esplorando il materiale e digerendolo, allungando le lunghe ife (cellule filamentose con diametri che si aggirano intorno ai sei micron). L’agglomerato reticolare di ife contiene fra i vari costituenti la chitina, un polimero naturale che contribuisce ad informare le qualità tecniche del prodotto finito, e agisce come un collante naturale, contribuendo a rinforzare il materiale all’interno dello stampo. Una volta raggiunto il risultato desiderato, processo che richiede circa due settimane e le cui tempistiche possono variare in base alle condizioni a cui si è esposto il fungo e alla sua varietà) il processo di crescita vegetativa del micelio è interrotto. Il semilavorato che ne deriva – già solido ma ancora bagnato – è quindi essiccato a basse temperature. Ciò che ne risulta è un prodotto tecnicamente avanzato e che trasmette una sensazione emotivamente calda e percepibile al tatto. 

«Abbiamo la necessità di ‘disattivare’ i microorganismi fungini con cui lavoriamo e di renderli inerti, attualmente non è possibile commercializzare prodotti ancora vivi e quindi in continua mutazione. Dopo l’asciugatura si ha la certezza che i nostri prodotti siano stabili ed inerti, un po’ come nel caso del legno», sottolinea Montalti: «Tanti desiderano materiali pienamente naturali che a livello tecnico si comportino analogamente ai materiali sintetici più avanzati. Occorre comprendere che caducità, transitorietà e trasformazione sono caratteristiche intrinseche di qualsiasi prodotto naturale. Per quanto solidi, durevoli e resistenti, i prodotti devono essere trattati rispettando le specificità. Lavorare con materia viva e in divenire significa prima di tutto essere in grado di prendersi cura del materiale, influenzando anche il contesto culturale a cui la materia e i prodotti sono destinati». 

Etica circolare. I prodotti floor di Mogu, destinati alla realizzazione di pavimentazioni, si basano su un materiale composito di micelio ad alta densità, associato a uno strato superficiale realizzato con resine naturali fino al novantacinque percento. Un dato che può variare in base alla formulazione della resina e che deve garantire una soluzione performante per rispondere alle esigenze domestiche. In maniera coerente con l’approccio pienamente circolare, tali resine sono sviluppate internamente dall’azienda e includono sostituti naturali alternativi ai pigmenti sintetici industriali, quali le biomasse derivate da mais, paglia di riso, fondi di caffè esauriti, alghe e gusci di conchiglie. La filiera d’origine dei residui agroindustriali necessari per la creazione delle resine è locale (Lombardia e Piemonte) per quanto riguarda mais, riso e caffè; gusci di ostrica e madreperla hanno origini europee.  

A seconda dei processi utilizzati, i materiali da micelio e i prodotti hanno uno spettro cromatico che va dal bianco al marrone chiaro: in fase iniziale Mogu ha preferito evitare di imporre colorazioni che si distaccassero dalle connotazioni naturali dello stesso, sfruttando le qualità originali della materia organica e contribuendo a rendere riconoscibile il proprio prodotto, anche se l’azienda sta lavorando all’introduzione di colorazioni non invasive. «Abbiamo esplorato un percorso relativo alla possibilità di utilizzare pigmenti naturali estratti dai funghi stessi e ci auguriamo presto di poter tradurre tali sperimentazioni in soluzioni effettive per i prodotti. Come passo intermedio, stiamo studiando ed implementando vernici a base acquosa, che permettano di mantenere le qualità tecniche dei prodotti, senza compromettere standard di responsabilità ambientale».

«Si stima che esistano intorno ai quattro milioni di specie di funghi, dei quali solo circa centoventimila di questi sono ad ora stati descritti. È una sfera del sapere che deve ampliarsi e di cui conosciamo poco. Ogni fungo va considerato nella sua singolarità – ciascuna specie ha le sue strutture e comportamenti geneticamente differenti. La scelta del fungo da utilizzarsi per scopi relativi alla bio-fabbricazione della materia richiede uno studio del ceppo fungino e dell’accoppiamento opportuno fra fungo e substrato nutritivo (tali fibre possono essere lunghe, corte, soffici, dure, orientate ad hoc o meno). Sono considerati tutti i parametri di crescita. All’interno dei nostri processi, creiamo le condizioni opportune affinché i ceppi selezionati crescano idoneamente nel substrato, controllando parametri come l’umidità, il ph e la temperatura. Se cambiano le condizioni ambientali, cambiano anche le condizioni e i comportamenti di crescita del fungo stesso e di conseguenza, sono influenzate le proprietà intrinseche del materiale che ne risulta», spiega Montalti.

Impostare e standardizzare queste combinazioni richiede tempo. «La nostra ‘collezione’ aziendale include più di duecento ceppi, che abbiamo isolato e studiato negli anni e che utilizziamo per diversi progetti». Tra questi, la possibilità di creare un micelio flessibile pensato come alternativa ai tradizionali prodotti tessili o ai pellami di origine animale. Il procedimento che permette la colonizzazione e crescita del fungo è per certi versi analogo a quello utilizzato per la crescita dei materiali compositi (pannelli fonoassorbenti e pavimenti), in quanto basato sulla fermentazione di risorse vegetali residue provenienti da altre filiere, anche se differisce relativamente alla consistenza del substrato organico che è utilizzato dal fungo come nutriente. Tali substrati sono trasformati in nutrimenti in forma semi-liquida, così da favorire densità e colorazione omogenee dei prodotti in uscita. Successivamente al processo di crescita e alla conseguente essicazione si ottiene un prodotto sottile, resistente e caratterizzato da consistenze soffici e vellutate. Un’alternativa a cui il settore della moda si sta interessando. Non sono previsti scarti di produzione, impatti ambientali o sfruttamento degli animali. 

Mogu, lo stabilimento di Varese 

L’azienda, sviluppata sullo stabilimento di una vecchia tessitura in provincia di Varese, assicura un basso consumo energetico nei contesti di bio-fabbricazione e produzione attraverso impianti energetici tradizionali ad alta efficienza. Mogu realizza tutto al suo interno e oggi conta circa venti dipendenti. Dal laboratorio in cui vengono studiate le varie tipologie di funghi alle analisi per verificarne lo sviluppo, alla produzione dei materiali e prodotti finiti e alla loro commercializzazione. 

Mariavittoria Zaglio

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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