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Cotonizzare la canapa per una fibra di qualità
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Cotonizzare la canapa: filare la fibra senza trattarla come lino

L’innovazione del processo di lavorazione della pianta, dalla stigliatura verde alla macerazione in acqua fino alla sperimentazione tessile di Prato. Riduzione dei consumi e valorizzazione della fibra

Filiera della canapa italiana

Se la filiera della canapa italiana è ancora trascurata e disomogenea, partendo dal mantenimento delle sementi autoctone al suo sviluppo agricolo, fino alla sua trasformazione in prodotto finito, è perché non si è ancora riuscita a canalizzare la sua ripartenza in un settore trainante, favorito da un mercato dedicato. Il tessile, con la sua tradizione manifatturiera – e la solidità delle imprese italiane che se ne occupano – potrebbe diventare il peso decisivo per la valorizzazione della materia prima vegetale. 

Le problematiche abbinate alla canapa italiana iniziano con la mancanza di un germoplasma italiano pronto ad essere piantato nei campi agricoli, continuano con le difficoltà riguardo alla sua raccolta – che deve rispettare precise tempistiche a causa della rapida crescita del fusto – e richiede macchinari resistenti. Una volta tagliata e raccolta in rotoballe la canapa viene stigliata in verde (cioè si divide la parte legnosa della pianta – il canapulo – dal tiglio) e in tempi brevi, così da evitare l’incremento della carica fungina che potrebbe svilupparsi al suolo. A questo punto la parte fibrosa viene nuovamente pressata in balle mentre il canapulo potrà essere utilizzato come base per biomateriali, bioplastiche, lettiere per animali, prodotti per colture vegetali, isolante termico, carta.  

Lampoon intervista Marco Errani

La fibra grezza, secondo il sistema innovativo inventato dal Ph.D. Marco Errani, è pronta per essere macerata in vasche ad acqua, fase cruciale per la lavorazione delle fibre. Durante il processo di macerazione la fibra perde il quaranta percento del suo peso. Dopo tre giorni, rispetto alla tradizionale ventina della macerazione in campo, la fibra viene pulita accuratamente da larve – che valorizzano il quaranta percento rimanente garantendo omogeneità e un basso impatto ambientale del processo, infine la fibra viene risciacquata e asciugata. La biomassa larvale non verrà eliminata ma utilizzata come materia prima per la produzione di biogas (progetti Psr Scarabeo e Caterpillar). La fibra ottenuta dovrà essere filata. 

Conoscendo la preparazione e la diffusione delle industrie tessili in Italia, filare una fibra vegetale potrebbe sembrare un’operazione semplice. Il problema è che in Italia nessuno ha i macchinari adeguati per filare la canapa. Il Linificio Canapificio Nazionale è un’azienda che ha le possibilità tecniche per farlo – all’estero – ma solo se la canapa risponde ai requisiti fisici del lino, fibra vegetale a lungo tiglio che loro continuano a filare. Questo limita le possibilità di sviluppo della canapa tessile.

Una soluzione per aggirare questo vincolo, e per accorciare le tempistiche riguardo all’idea di creare un macchinario perfetto e adatto alla canapa da zero, esiste. È possibile filare la canapa, in determinate quantità controllate, nella linea di produzione della lana o del cotone partendo da una massa fibrosa disordinata. Stravolgendo le dinamiche della filatura del lino, per cui tutte le fibre devono essere lunghe e ordinatamente parallele. La forma alla rinfusa della fibra non influenza le qualità finali del prodotto tessile perché queste dipendono dalla struttura delle fibre nella pianta originaria. 

Il maiale vegetale dal quale non si butta via nulla, come viene talvolta chiamata la canapa

Un essere vivente che «ha l’obiettivo di portare avanti la sua specie», spiega Marco Errani agronomo esperto di canapa e inventore del processo innovativo per la macerazione della fibra liberiana. Le fibre tessili possono essere ricavate dalla superficie di semi (come nel caso del cotone), dai frutti (come la noce di cocco), dal fusto di alcune dicotiledoni (lino, canapa, juta, ramie – le fibre liberiane) e dai fasci vascolari delle foglie di alcune monocotiledoni (Agave sisalana, Musa textilis). 

Le fibre tessili della canapa si estraggono dalla porzione corticale: sono tessuti meccanici. «I tessuti meccanici hanno la funzione di sostenere il peso della pianta e di darle resistenza a sollecitazioni meccaniche (per questo la pianta di canapa deve essere tagliata ad un determinato stadio di maturazione, altrimenti continuerà a crescere e ispessire la corteccia, diventando più simile al legno che ad una fibra, ndr.)», spiega Errani.

Le fibre della canapa si distinguono in primarie (che si trovano nella parte più esterna del fusto) e che hanno una parete prevalentemente cellulosica ed una lunghezza di quaranta centimetri e secondarie. Queste hanno una parete più lignificata e sono più corte (una lunghezza media di venti centimetri). Le fibre primarie sono considerate migliori all’uso tessile per la loro lunghezza. Per la produzione di filati di qualità è richiesta: «una limitata presenza di fibre secondarie, un buon grado di maturazione delle fibre primarie e una scarsa lignificazione della parte per rendere più efficaci i trattamenti di separazione dei fascetti in fibre elementari».

Una variabile per ottenere fibra di qualità è la condizione di coltura della pianta

«Studi agronomici hanno dimostrato che contenuto e qualità della fibra primaria sono influenzati dalle condizioni di cultura», continua Errani, «la densità di semina è inversamente correlata alla quantità di fibre secondarie, al rapporto parete/lume e alla lignificazione delle fibre corticali». Più si aumenta la densità di semina maggiore sarà la produzione di fibre primarie, con internodi e fibre più lunghe. Questo è dovuto alla competizione nella crescita che sviluppano le piante e che assicura a sua volta un prodotto più uniforme. 
«I parametri che definiscono la qualità della fibra per uso tessile sono la lunghezza, il diametro, la resistenza alla trazione ed elasticità. Questi parametri vengono misurati mediante la determinazione alla rottura e della percentuale di allungamento al punto di frattura, utilizzando i metodi standard messi a punto per le fibre tessili», (in Heyland et al., 1995). Altro elemento qualitativo importante è legato all’eco-compatibilità del processo (stigliatura verde, macerazione in acqua, pulizia con larve). «La fibra macerata con questo processo – continua il Dott. Errani – è di colore écru chiaro, un tono apprezzato dalla moda perché si distingue chiaramente dalla fibra prodotta con sistemi alternativi non naturali».

Fibra cotonizzata

La massa disordinata di fibre ottenute secondo tutti questi passaggi è pronta per essere «cotonizzata». Si intende una fibra cotonizzata: il fiocco omogeneo e pulito di fibre ottenuto attraverso il ciclo di lavorazione della cotonizzatura (preparazione della fibra e successiva cardatura) e destinato al ciclo della filatura cotoniera (Ring cotoniero e Open End). L’idea di sperimentare questa filatura alternativa per la canapa è frutto di una collaborazione tra esperti della pianta (Errani per lo studio sulla lavorazione della fibra, Cesare Tofani per il suo expertise nei macchinari necessari ai processi con Tecnocanapa e Antonio Mauro per la sua competenza nella cardatura e filatura), ed è stata realizzata a Prato.

Non è stata filata cento per cento canapa ma sono state realizzate delle mischie con lana, viscosa e altri materiali. «Al momento della sperimentazione della filatura della canapa cotonizzata non c’era abbastanza materiale di partenza sufficiente per poter far lavorare le macchine in maniera continuativa», spiega il Dott. Antonio Mauro di R. S. Ricerca e Servizi Srl di Prato. «E tre anni fa, il mercato non era pronto ad accettare un filato cento per cento canapa, per questo si è scelto di realizzare un trenta per cento canapa insieme ad altre fibre».

Come si fila la canapa cotonizzata? 

La fibra tecnica, ancora stoppa, si deposita su graticci, da qui è introdotta in un complesso di organi che la dividono e la aprono eliminando impurità, grovigli e nodi che impedirebbero il corretto funzionamento delle carde, passaggio successivo. La carda è una macchina che prevede l’insieme di organi rotanti con cappelli mobili e fissi ricoperti da punte di acciaio (le guarnizioni). In questa fase le fibre sono aperte e ripulite, selezionate in base alla loro lunghezza, parallelizzate e distese. Dopo questa fase dal vello iniziale si passa a un nastro di massa regolare e di fibre distese. Nel caso della fibra di canapa, le guarnizioni e le punte della carda dovranno essere selezionate in base alla robustezza della fibra. 

Intersecting – sfeltrire e ridurre il peso dei nastri accoppiati tramite lo stiro e la parallelizzazione delle fibre che preceda la pettinatura

La fase successiva, chiamata «intersecting» ha lo scopo di sfeltrire e ridurre il peso dei nastri accoppiati tramite lo stiro e la parallelizzazione delle fibre che preceda la pettinatura. Una volta eliminate tutte le fibre più corte e le eventuali ancora presenti impurità della fibra, si distende il nastro in modo parallelo – il quale avrà ridotto la sua voluminosità e componente pelosa. In seguito, è previsto un secondo passaggio di intersecting – in questa occasione avrà lo scopo di stirare e parallelizzare nel banco fusi e nel ciclo di filatura i nastri provenienti dalla pettinatrice. Così si ottiene il tops pettinato che dovrà poi essere destinato alle filature per unirsi in mischia con altre fibre. 

Il titolo della fibra di canapa può variare in base allo scopo finale del tessuto. Ciò che potrebbe facilitare e incoraggiare la filatura della canapa è legato all’accettazione della fibra anche nella sua forma meno nobile, lontana dal bianco e sottile lino e più vicina ad una ruvidità voluminosa che ricorda il denim. Se il passato ritorna e insegna, non si può dimenticare che il tessuto di canapa, quando ancora in Italia si realizzava, si utilizzava per abiti da lavoro (come il denim), vestiti ad uso militare e corredi familiari. 

Marco Errani 

Ph.D. Consulente. Ex Direttore dell’Azienda Sperimentale Vittorio Tadini, inventore del processo innovativo per la macerazione della fibra liberiana, è un agronomo che ha conseguito il dottorato in colture erbacee: “Effetti della densità d’investimento su accrescimento e differenziazione delle fibre in canapa (Cannabis sativa L.)”; ha organizzato ad inizio 2017 il primo corso di formazione a catalogo verde sulla filiera della canapa, con la partecipazione di aziende di Parma e di Piacenza, convenzionali e biologiche. Vanta una pluriennale esperienza nella progettazione e nella gestione di progetti in agricoltura, in particolar modo sia in ambito nazionale che internazionale. Svolge attività di consulenza e di supervisione delle attività di ricerca finalizzate alla realizzazione di impianti prototipali per le filiere agroindustriali e innovazioni tecnologiche nel mondo agricolo, con particolare riferimento alla ricerca e sperimentazione nel settore agronomico, alla formazione professionale e alla divulgazione e informazione. 

Ha partecipato in collaborazione alla Azienda Stuard a diversi progetti PSR dell’Emilia-Romagna ed in Regione Toscana: Toscanapa: La canapa per il mercato tessile e della carta: realizzazione di un impianto dimostrativo per la macerazione nella Toscana Occidentale. Europei: Hemp sys: Design, Development and Up-Scaling of a Sustainable Production System for HEMP Textiles: an Integrated Quality SYStems Approach (finanziamento U.E.). Ha sviluppato due Brevetti: Brevetto Internazionale N WO2006/100560 del 17.03.2006 dal titolo Process and system for retting plant fibre for textile use: Inventore. Brevetto N. WO2015/018742 del 08.08.2013 dal titolo Apparatus for generating energy by gasification: Inventore e proprietario.

Mariavittoria Zaglio

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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