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Paulownia in Italia – verso una filiera nazionale e nuove foreste

Industria del legno e navale, biomassa e miele. Agricoltori e imprenditori raccontano errori del passato e competenze nella coltivazione della Paulownia – mentre in Italia sorgono nuove foreste e si intensifica la filiera

Paulownia in Italia: le piantumazioni nel 2023, a Sorgà e a Verona 

A Sorgà, è stato di recente dato il via alla piantumazione di Paulownia: Foresta Logistica è un progetto di Logistica Uno Europe, realizzato con il supporto di Treebu – società benefit che coinvolge le aziende in percorsi di riduzione dell’impatto ambientale. Obiettivo – favorire una filiera del legno sostenibile e preservare il patrimonio boschivo del territorio veronese. Sempre a Verona, in Lungadige Attiraglio, è nata la Foresta DAS: la Compagnia leader nel settore della tutela legale di Generali ha riunito circa 70 persone, tra dipendenti e collaboratori, in un ettaro di terreno per piantumare 300 alberi di Paulownia. L’iniziativa, patrocinata dalla seconda circoscrizione del Comune di Verona, mira a riqualificare l’area del Lungadige Attiraglio ricompresa tra il centro città e i quartieri di Saval e Parona.

Circa 1500 ettari di terreno in Italia sono dedicati alla coltivazione dell’albero di Paulownia

Di nascita cinese, è stata importata in Europa a inizio 1800. A lungo considerata pianta ornamentale per giardini e viali cittadini, negli anni l’attenzione nei suoi confronti è cresciuta per la capacità di assorbimento di C02 e altri inquinanti: un ettaro riesce a depurare l’aria da circa 30 tonnellate di anidride carbonica l’anno. Non è solo la sua azione purificatrice a rendere la pianta interessante. Il potenziale della Paulownia è anche economico: con i tronchi degli alberi si produce uno dei legni più leggeri e più resistenti al mondo. Gli scarti possono essere convertiti in biomassa, dai fiori della pianta si produce miele pregiato. 

Paulownia in Europa e nel mondo – Cina, Giappone e Stati Uniti soddisfano la maggior parte della richiesta della pianta

In Europa è diffusa in alcuni Stati orientali – Romania e Bulgaria – e in Spagna. Tiziano Alessandrini, presidente di Rete Paulownia, nata nel 2017 a Forlì riunisce più di 40 soggetti tra imprenditori e agricoltori – sottolinea che «il presupposto da cui partire è che la coltivazione di Paulownia in Italia non è ancora un business, ma una integrazione di reddito agricolo. L’Emilia Romagna non può ad esempio soppiantare coltivazioni tradizionali come quelle di pesche per destinarle alla Paulownia.

Chi ne ha fatto un mercato sono i venditori delle piantine: in un ettaro di terreno ne vanno messe a dimora tra le 500 e le 600 unità. Se guardiamo al principale risvolto commerciale che può avere per un agricoltore – la produzione di legno – il problema è che tra i compratori c’è mancanza di informazione. La storia di coltivazione della Paulownia in Italia è ancora giovane: c’è una minore consapevolezza del valore, anche economico, del prodotto che si va a comprare». 

Lampoon intervista Giorgio Axuc – socio fondatore di Paulownia Italy sulla filiera di produzione di Paulownia in Italia

Giorgio Axuc, socio fondatore di Paulownia Italy., mette in luce un’ulteriore problematica che potrebbe aver rallentato lo sviluppo della filiera di produzione di Paulownia in Italia. Spiega: «In Europa ha fatto la sua comparsa come pianta ornamentale, soprattutto per quanto riguarda la Tomentosa, la più diffusa tra le venti specie dell’albero, il cui seme è anche il primo a essere stato importato in Italia. Da una ventina di anni si lavora su ibridi e cloni a rapida crescita.

Il Paese europeo con un sistema di coltivazione più avanzato è la Spagna: il primo che ha iniziato a moltiplicare le piante in vitro, prendendole direttamente dalla Cina. Una pianta cresciuta in vitro è un clone identico alla pianta madre. Con la coltivazione da seme questo non succede. Per uso ornamentale non è necessario che le piante siano tutte identiche. A fini commerciali sì: la crescita della piantagione deve essere omogenea per massimizzare il rendimento che se ne può trarre»

Paulownia Italy è la prima società italiana che ha deciso di produrre e vendere piantine cresciute in vitro

«Le piantagioni hanno un buon valore commerciale quando gli alberi raggiungono un diametro del tronco adeguato; in Italia quasi tutti propongono sesti di impianto troppo stretti che compromettono la crescita della pianta. Negli ultimi vent’anni è stata venduta come pianta miracolosa, dalla crescita rapida. È vero che si sviluppa più in fretta di altri alberi da legno, ma gli importatori di semi non sempre hanno dato informazioni corrette agli agricoltori. Si è detto poteva crescere in sesti di impianto 4×4.

In realtà ha bisogno di impianti più grandi, 5×5 o 6×6. Senza le condizioni di spazio ideali cresce più lentamente e con più parti di scarto. Per chi compra il legno è necessario che abbia un diametro abbastanza grande. Altro aspetto da considerare è quello relativo alle quantità disponibili di legname con dimensioni minime adeguate: le industrie che lavorano il legno chiedono un gran quantità di prodotto, a oggi non disponibile». 

Paulownia: caratteristiche e sostenibilità ambientale ed economica per un nuovo sistema forestale 

Il legno di Paulownia sfuma dal grigio chiaro al giallo mielato. È allo stesso tempo uno dei più leggeri – a secco alcuni cloni pesano meno di 300 chili a metro cubo – e uno dei più resistenti: caratteristiche che gli sono valse l’appellativo di ‘alluminio del legno’. Alessandrini: «La leggerezza lo rende richiesto in settori come l’edilizia nautica oppure la camperistica, per costruire roulotte e altri veicoli. Prima di tutto è un valido prodotto a livello visivo, perché non ha nodi – i segni visibili del taglio di un ramo dall’albero». Aggiunge Axuc: «È un legno resistente, con qualità di isolamento termico e acustico, è idrorepellente e difficile da bruciare: il punto di fuoco supera i 400 gradi. È diffuso per costruire saune e in Giappone da oltre cent’anni è usato per fabbricare strumenti musicali». 

Gli alberi di Paulownia soffrono i ristagni idrici e i terreni argillosi, ma resistono a freddo e siccità

Sui costi per gli agricoltori, secondo Axuc «l’investimento a ettaro dipende da più fattori: tra gli altri, la disponibilità di acqua e il sistema di irrigazione che si adotta. Un impianto tutto compreso – piantine, lavorazioni e irrigazione – richiede un investimento di poche migliaia di euro, con un costo di gestione annuale di poche centinaia di euro. Per quanto riguarda i guadagni, una buona piantagione può garantire una redditività ben più alta del pioppo e migliore delle colture estensive, con meno lavorazioni, meno rischi e nessun investimento in macchinari».

Gli alberi di Paulownia soffrono i ristagni idrici e i terreni argillosi, ma resistono a freddo e siccità. Paulownia Italy ha esperienza di coltivazione in Paesi est europei con temperature vicine ai meno 30 gradi centigradi. Pianta non soggetta ad attacchi di insetti, non ha bisogno di trattamenti chimici invasivi. Dal punto di vista dell’irrigazione, nei primi due anni di crescita il fabbisogno di acqua è più elevato che nei successivi: con l’allungamento delle radici l’albero diventa più autosufficiente. Decidere di coltivare Paulownia è poi una scelta ecologica rispetto ad altre piantagioni da legno. Chiamata anche ‘L’albero della Fenice’, se tagliata alla base, ricresce spontanea, riducendo così i danni legati a disboscamento e deforestazione. 

Lampoon intervista Tiziano Alessandrini, presidente di Rete Paulownia

Secondo Alessandrini, per la nascita di una filiera nazionale di legno di Paulownia è necessario potenziare la rete di chi lavora su diversi livelli con la pianta, dagli agricoltori agli imprenditori: «Rete Paulownia è nata con l’obiettivo di trasferire tra soggetti le informazioni su questa pianta. Chi fosse interessato può imparare dai nostri errori nella coltivazione e razionalizzare il costo dei venditori di semi. Abbiamo stretto accordi con un circuito internazionale di vivaisti: chi passa dalla Rete acquista le piantine a un euro. Noi le abbiamo pagate molto di più. C’è poi l’azione di rappresentanza verso le istituzioni. Abbiamo partecipato a un bando della Regione Emilia Romagna per finanziare la ricerca sul tema della forestazione in collaborazione con il CNR.

Grazie agli strumenti degli istituti di ricerca potremmo studiare meglio le condizioni di durabilità del legno, sviluppare prototipi e analizzare lo scarto tra le emissioni di anidride carbonica derivanti dalla coltivazione di Paulownia e quelle assorbite dalle piante stesse. Inserita nel programma forestale della Regione Emilia-Romagna, la Paulownia non fa ancora parte del programma di sviluppo rurale, perché specie non autoctona. Nemmeno alberi e piante oggi considerati colture tradizionali, come il pioppo o il kiwi, lo erano. Puntiamo a far sì che questa specie arborea entri anche in questo campo. Significherebbe anche ricevere sussidi finanziari nell’ambito della PAC- Politica Agricola Europea», spiega Alessandrini. 

Il tema degli aiuti economici europei si lega anche agli utilizzi diversi dalla produzione di legno che offre la Paulownia

Axuc: «Di una piantagione matura, circa la metà – i tronchi – sono usati per il legname. I rami, invece che diventare materiale di scarto, possono essere utilizzati per produrre carbone vegetale. Alcuni impianti, con la combustione di materiale legnoso, producono gas sintetici e alimentano turbine che producono energia termica ed elettrica. Tutto lo scarto diventa biochar – ovvero, appunto, carbone vegetale. Oltre alla C02 assorbita dalle piantagioni, reimpiegando gli scarti senza bruciarli diminuisce ulteriormente effetti inquinanti.

Ciò ha rilievo ai fini della nuova normativa PAC, per cui i contributi pagati alle aziende sono calcolati sullo scarto tra emissioni rilasciate e attività svolte a favore dell’ambiente». Rete Paulownia guarda anche più in là: «Stiamo sondando il possibile impiego degli scarti nella produzione di oggettistica attraverso l’utilizzo di stampanti 3d. Si potrebbero costruire contenitori per oggetti che rimpiazzino gli imballaggi in plastica. Gli scarti sono appetibili anche per le segherie, che possono creare sfogliati di legno di Paulownia».

Oltre al tronco e ai rami, anche le foglie e i fiori di Paulownia sono utilizzabili

Le prime hanno un alto valore nutrizionale e grazie alle loro proprietà biochimiche possono essere trasformate in foraggio per animali. Dai fiori «Si produce miele. Anche in questo campo la Spagna è più avanzata rispetto all’Italia. Alcune aziende hanno iniziato a produrlo con buoni risultati economici: è un mele di nicchia, quindi più costoso rispetto ai mieli tradizionali. In Italia ci sono esperienze di apicoltori in Friuli Venezia Giulia che hanno iniziato a produrre miele di Paulownia misto ad altri fiori», spiega Axuc. Grazie al suo apparato radicale, la Paulownia contribuisce anche a prevenire frane, smottamenti ed erosione di suoli a rischio. In Paesi mediorientali come l’Iran, l’Iraq, il Kurdistan, e tutto il nord Africa, racconta Axuc, si stanno progettando investimenti milionari per massicce piantagioni di Paulownia al fine di bloccare l’avanzamento dei deserti, considerata la rapida crescita e la resistenza alla siccità degli alberi.

Rete Paulownia

Rete Paulownia Italia è un progetto di filiera corta, dalla produzione delle piantine al mercato finale del legno , gestito interamente dalla rete di agricoltori.

Paulownia Italy

Friuli Venezia Giulia. Coltiva, vende e si occupa del servizio post vendita di ibridi di Paulownia adatti a crescere nel territorio italiano.

Giacomo Cadeddu

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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