Cerca
Close this search box.
  • EDITORIAL TEAM
    STOCKLIST
    NEWSLETTER

    FAQ
    Q&A
    LAVORA CON NOI

    CONTATTI
    INFORMAZIONI LEGALI – PRIVACY POLICY 

    lampoon magazine dot com

TESTO
CRONACHE
TAG
SFOGLIA
Facebook
WhatsApp
Pinterest
LinkedIn
Email
twitter X

Il nero non è del futuro: la metà dei consumatori richiede tessuti non tinti

Ricerca e lavorazione interna di lana autoctona dal beige al noce, il colore è quello della pecora. «Watanabe ha voluto mostrare nell’etichetta il nome Lanificio Bottoli – di solito i confezionisti lo nascondono»

La lana italiana rappresenta il 20% della materia prima utilizzata nella produzione di tessuti del lanificio Bottoli

L’azienda ha recuperato una tradizione in via di estinzione«La produzione di lana di pregio è stata abbandonata nel secondo dopoguerra perché poco redditizia per gli allevatori italiani», spiega Roberto Bottoli, titolare dell’azienda vittoriese. Nato a Vittorio Veneto nel 1861, il lanificio porta l’effige del leone di San Marco: «È stato scelto nel 1978. Ci sentiamo gli eredi della cultura veneziana: del colore, dell’estetica, della passione artigianale della materia», racconta Bottoli, «il trentanovesimo lavoratore», come si definisce. 

«Abbiamo sempre lavorato la lana. Lavoriamo anche il cotone, il lino, la seta ma ci chiamiamo lanificio per un motivo: la produzione è interna alla fabbrica, partendo dal filato. Abbiamo sempre potuto produrre internamente partendo dal filato. Il nostro prodotto non è il risultato dell’assemblaggio di varie componenti. La nostra è una filiera interna che dà identità al lanificio e forse è proprio questo il modo in cui siamo sopravvissuti a 5 lanifici che c’erano nel nostro comparto e ora siamo l’ultimo rimasto a ciclo completo». La produzione intra moenia, dalla selezione della lana fino alla tessitura è appannaggio di pochi lanifici. Scelta della materia prima, mistatura, tintoria, filatura, piegatura, ritorcitura, orditura, tessitura e lissaggio: la lavorazione della lana richiede attenzione e un ciclo ampio. 

«Arriva la lana, la tingiamo oppure la lasciamo naturale. Con la cardatura un pettine passa nel tessuto, poi ritorto e controllato. Così otteniamo l’ordito, la prima parte del tessuto. Poi avviene la tessitura, cioè l’inserimento della sezione orizzontale. Possiamo scegliere tra diverse macchine per il lavaggio. Ogni metro è controllato per verificare che non ci siano nodi o imperfezioni. Si tratta di un procedimento che richiede tempo, avviene tutto qui a Vittorio Veneto», spiega Ettore Bottoli, quinta generazione della famiglia, ultimo a entrare nell’azienda 3 anni fa.

La recente partnership con Etro ha dato visibilità al progetto di ricerca di lana di pregio italiana, iniziata nei primi anni Duemila

Per la fashion week 2020 Bottoli ha realizzato coperte di pura lana merino italiana per arricchire la location della sfilata della maison milanese. «Per la prima volta l’azienda ha utilizzato un’etichetta congiunta», racconta Ettore Bottoli. Il riconoscimento dell’alta moda è il punto di arrivo di una ricerca sulla materia prima italiana iniziata nei primi anni Duemila: «Fino a qualche anno fa la lana italiana non era adatta per fare tessuti di un alto livello. Con una miriade di incroci e selezioni siamo riusciti a selezionare i greggi migliori. Al tempo avevamo indetto un bando, il più fine lotto di lana italiana, coinvolgendo tutti i pastori dell’Abruzzo e del Molise». Pochi anni più tardi è arrivato il brevetto dei tessuti ecologici 100% italiani del marchio Lanaitaliana Stile di Vita.

«Abbiamo pensato di realizzare un articolo che rispettasse e valorizzasse il territorio italiano e fosse quasi a chilometro 0. Il primo step per valorizzare le lane autoctone è stato la selezione di due razze di pecore merine italiane, la Sopravvissana e la Gentile di Puglia, che derivano da incroci del 1300. Ho cercato di dare un motivo agli allevatori per mantenere queste razze pure. Il secondo step è stato di selezionare idee per i capi scuri, dal quasi nero al tabacco», aggiunge Roberto Bottoli, che ha ideato e concretizzato il progetto lane ecologiche italiane.

Si è scelto di non tingere la materia prima: «La lana non tinta mantiene le sue proprietà organolettiche. La tintura è un’operazione che si fa a 100 gradi di temperatura, in ogni caso diminuisce un po’ le qualità della lana. Il tessuto naturale non solo è ecologico ma ha anche caratteristiche di sofficità, resilienza e morbidezza superiori rispetto al prodotto tinto. Usiamo solo il colore del vello della pecora: ogni anno, in base al colore degli animali, otteniamo lane diverse. Si parte dal beige chiaro fino al noce scuro. Con il mélange cerchiamo di mantenere uno standard qualitativo anche per il colore», prosegue Ettore Bottoli. Canapa e lino sono utili per le tonalità dal bianco al noisette: «Stiamo sperimentando nella tintura con colori che in natura non ci sono, come l’indaco, il catecù (una sostanza scura che si ottiene dal legno dell’acacia, ndr.) e il nero campeggio». Nel ciclo produttivo c’è spazio per il recupero di materiali di scarto: «Nelle macchine tessile c’è sempre un avanzo in fase di lavorazione. Questo filo può essere rilavorato e rimesso in una piccola percentuale nel ciclo successivo. Ci sono articoli come l’imbottitura dei cappotti, per cui sono utilizzati fili che non appaiono in superficie: per questi si usa il recupero degli scarti della propria lavorazione».

«Per quanto riguarda la lana italiana abbiamo dei veri e propri allevamenti, non gestiti da noi ovviamente. Per quanto riguarda la lana neozelandese ci sono i distributori. Proponiamo 2500 disegni a stagione, utilizziamo lane di diversi paesi. Sarebbe impensabile utilizzare solo lane italiane», spiega Ettore Bottoli. L’assortimento di lane importate include materie prime che arrivano Nuova Zelanda, Spagna, Portogallo e Sud America. La maggior parte dei macchinari usati nel ciclo produttivo sono italiani e prodotti nel circuito meccanotessile lombardo e biellese. Il lanificio Bottoli produce dai 400 ai 450mila metri di prodotto finito all’anno. «Facciamo anche articoli fantasia tinti: la nostra tintoria interna ci permette di utilizzare coloranti certificati. Ci siamo specializzati nei tessuti da uomo e abbiamo trovato la nostra strada seguendo la fascia medio alta del mercato».

L’ultima innovazione del lanificio è una coperta in lana merino intessuta con fili di rame in vendita in farmacia

«Il rame ha proprietà antibatteriche naturali, che si aggiungono a quelle della lana che è un antibatterico – grazie alla lanolina, un olio come quello presente nei capelli che fa scivolare via i batteri», spiega Ettore Bottoli. Il 60% della produzione è destinata al mercato estero, e riguarda sia la linea tessuti, sia quella dei plaid: «L’Asia – in particolare la Cina – è sensibile alle tematiche ecologiche – una tendenza impensabile fino a tre anni fa. Esportiamo in ventuno paesi e la metà dei clienti in ogni nazione chiede tessuti non tinti. Stiamo ricevendo più ordini rispetto al passato perché il cliente preferisce spendere di più per un rapporto di fiducia». L’ultima collaborazione internazionale della famiglia Bottoli ha coinvolto lo stilista giapponese Junya Watanabe: «Ha visto la cartellina di un nostro tessuto in Giappone e ha chiesto di incontrarci. È venuto di persona e non credeva che si potesse arrivare al prodotto finito nello stesso luogo di produzione, dove avviene il ciclo completo dalla selezione della lana fino al tessuto. Ci ha voluto premiare realizzando una capsule, uscita a settembre». Si tratta di una linea di magliette e maglioni con nome dello stilista e l’etichetta del lanificio Bottoli. «Watanabe ha deciso di mostrare il nome del fornitore. Di solito i confezionisti lo nascondono»

Dall’ufficio di Roberto Bottoli si scorgono i tetti dei palazzi veneziani del centro storico di Serravalle

Il lanificio si estende su una superficie produttiva di 5mila metri quadri, a nord della città di Vittorio Veneto e a cento metri dall’antico insediamento veneziano e dal fiume Meschio. L’azienda rappresenta anche la storia del territorio vittoriese, noto per la lavorazione della lana dal 1300: « Nel suo piccolo questo lanificio dà il senso della passione che si mette sul lavoro. Abbiamo recuperato un mulino, che ha la parte molitoria originale, ma precedentemente era un fondo di panni. C’è ancora la ruota idraulica», racconta il titolare. Nei raccoglitori dell’archivio del lanificio sono custoditi i tessuti classificati per tipologie: dalle flanelle, Cheviot, e Saxony degli inizi del 900 ai Lambswool , Sportex, Shetland e Tweed. «Tre anni fa sono arrivato in azienda e la prima cosa che ho fatto è stata iniziare a sistemare l’archivio. Abbiamo deciso di ordinare per categoria tipologica. Oggi notiamo che il tessuto è più leggero. Nel nostro archivio hanno trovato ispirazione stilisti come Watanabe ma anche Mackintosh London», racconta Ettore Bottoli. L’azienda sta pensando a digitalizzare l’archivio, con l’aiuto di una studentessa per catalogare le migliaia di tessuti inseriti a partire dalla fondazione dell’azienda, nel 1861. Oggi l’accesso ai locali è consentito solo a persone fidate e agli stilisti che ne fanno richiesta: «Ci sono solo due copie delle chiavi: una è la mia e l’altra è di mio padre»

Lanificio Bottoli – Lane Bottoli S.R.L.
Via della Caserma, 1,
31029 Vittorio Veneto TV

Emanuela Colaci

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

SFOGLIA
CONDIVIDI
Facebook
LinkedIn
Pinterest
Email
WhatsApp
twitter X