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Laura Pugno, Over Time, 2021, still da video 4k, 15 min
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Cos’è la solastalgia? Lo spiega Laura Pugno con Over Time

Neve artificiale – il tentativo di riprodurre ciò che abbiamo perso. Il progetto Over Time, vincitore della IX edizione di Italian Council, analizza il rapporto tra la neve e l’essere umano in un’epoca di urgenze climatiche

A fine Ottocento Wilson Bentley immortalò per primo i fiocchi di neve, restituendo in immagine il fascino esercitato dall’unicità di questo elemento

Risorsa per le economie di montagna, terreno di imprese sportive, fonte di sopravvivenza per le specie viventi, la neve rischia di scomparire a causa dell’azione antropica. Over Time, progetto di Laura Pugno che comprende un’installazione video a tre canali e che indaga il rapporto tra essere umano e ambiente naturale, ruota attorno al tempo meteorologico in un’epoca caratterizzata da urgenze climatiche, scomparsa dei ghiacciai e da una crescente carenza idrica a livello globale. 

Il progetto è vincitore della IX edizione di Italian Council, programma di promozione internazionale dell’arte italiana della Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, ed entrerà a far parte della collezione permanente del MUSE di Trento. Il titolo si riferisce alla nozione del tempo, quello contingente dello stato fisico transitorio della neve e quello geologico della formazione dei ghiacciai, in relazione all’urgenza    di agire per contrastare gli effetti del riscaldamento globale: lo sguardo critico porta lo spettatore a confrontarsi con il concetto di fallimento mentre si intreccia con una narrazione dai toni più rassicuranti nella quale il tempo è uno spazio in divenire.

Lampoon intervista Laura Pugno

«Il mio focus è il paesaggio, nello specifico analizzo come l’essere umano lo osserva. Credo nell’azione del singolo individuo», spiega Pugno. «Ci sono stati degli avvenimenti culturali che hanno modificato il nostro modo di vedere il paesaggio, per questo lo si definisce una costruzione sociale: questo è il main topic del mio lavoro. Vado alla ricerca di situazioni ed eventi che hanno influenzato il nostro modo di osservarlo e realizzo opere d’arte in cui il paesaggio è il soggetto principale, concentrandomi sul perché lo percepiamo in un certo modo e quali cambiamenti ha subito negli anni o nei secoli. Prendiamo l’esempio della montagna, che prima del Settecento non veniva proprio vista: non ne avevamo bisogno, faceva paura. Uno dei miei lavori, intitolato Quello che Annibale non vide, si riferisce esattamente a quando Annibale attraversò il Passo delle Traversette nel 300 a.C: Annibale non era culturalmente predisposto a vedere la montagna; soltanto a inizio Ottocento saranno gli inglesi a conquistare per primi la montagna. L’avvicinamento alla montagna è giovane, non ha una lunga storia». 

«L’allontanarsi dai condizionamenti sociali è ciò che voglio comunicare attraverso le mie opere. Cercare di osservare quello che si ha davanti in modo indipendente, senza farsi influenzare. Negli ultimi anni ho incentrato il discorso sulle problematiche del cambiamento climatico, tramite lavori in cui questo concetto non è esplicito fin da subito: ci arrivo gradualmente, perché molte persone sono spaventate dal tema, pensano che sia un problema difficile da affrontare. Io mi limito ad avvicinarle alla questione con un lavoro che parla di natura e di paesaggi per poi andare a toccare questi temi. Over Time, una delle ultime opere che ho realizzato, ne è proprio un esempio preciso». 

Solastalgia – la nostalgia per un ambiente che non è più lo stesso 

La narrazione di Over Time, accompagnata dalle musiche realizzate appositamente da Magda Drozd, si apre su tre scenari: «La neve è un materiale affascinante perché non possiamo conservarlo. Ho voluto analizzare in tre modi diversi ciò che rappresenta: il primo, in modo scientifico, andando a vedere come la scienza studia e analizza questo materiale, motivo per cui sono entrata in contatto con il nivologo Michele Freppaz, che insegna all’Università di Torino». 

«Mi sono recata sul Monte Rosa insieme a lui e l’ho seguito nel processo di studio e di analisi. Il secondo aspetto che ho analizzato, quello che forse ci riguarda più da vicino, ha a che fare con la produzione di neve artificiale, che emerge dal secondo video. Esiste l’esigenza di comprare la neve per averla in casa. La ditta con cui sono entrata in contatto mi ha riferito che questa viene venduta principalmente nei paesi europei che hanno più familiarità con la neve, perché chi la conosce, la vuole ricreare nell’ambiente domestico. Credo che potremmo parlare dell’esigenza di non voler soffrire di nostalgia, un’aspetto che si ricollega a un malessere che sta emergendo in questi anni: la solastalgia, termine coniato dal filosofo australiano Glenn Albrech, ovvero la sofferenza e il malessere che si prova tornando in un luogo familiare e ritrovarlo alterato dai cambiamenti climatici».

Over Time: i video

Il video, ambientato all’interno di un’azienda nei pressi di Cremona, documenta il processo di produzione della neve spray. Le immagini alternano le inquadrature del laboratorio nel quale nasce la formula chimica di questa sostanza. Al fascino che la possibilità di riprodurre la magia del Natale possiede, si mescola il senso di drammaticità per l’ipotesi di un tempo futuro: 

«Nel terzo e ultimo video invece, realizzato nei boschi dell’Oasi Zegna, un’area naturalistica protetta di oltre 100 kmq nelle Alpi Biellesi a nord del Piemonte, appare una figura umana che cammina all’interno di un bosco innevato e porta sulle spalle mezzo busto di gesso: rappresenta l’essere umano e il rapporto che l’uomo aveva con la natura in passato, ma allo stesso tempo si proietta verso un futuro, perché se l’uomo non cambia il proprio atteggiamento comportamento nei riguardi che sistema terrestre arriverà a soccombere».

«Insieme al progetto, a cura di Andrea Lerda, abbiamo organizzato dei talk di esperti con cui toccare varie tematiche non solo a proposito della neve, ma anche delle problematiche future legate alle migrazioni causate dai cambiamenti climatici. Discuterne è necessario. Se penso alle mie fonti di ispirazione penso all’ambito della scienza. Definirei il mio lavoro attuale come un parallelo, un viaggio accanto alla scienza, e accanto a coloro che prima di me hanno deciso di studiare il rapporto presente tra ambiente ed essere umano».

Italian Council, Da Trento a Rotterdam 

Il progetto è realizzato grazie al sostegno della Direzione Generale Creatività Contemporanea  del Ministero della Cultura nell’ambito del programma Italian Council con la collaborazione del MUSE di Trento, del DISAFA dell’Università degli Studi di Torino e di altre otto istituzioni artistiche, italiane ed estere: la Fondazione Zegna a Trivero, Citta dell’arte Fondazione Pistoletto a Biella, l’Associazione Culturale AGIVERONA con l’Università di Verona, le OGR – Officine Grandi Riparazioni di Torino; all’estero il Musée Gassendi / CAIRN Centre d’Art di Digne-les-Bains e istituzioni non profit come A Tale of a Tub, a Rotterdam: 

«Abbiamo scelto spazi espositivi siti nell’habitat montano, perché volevamo che ci fosse un’esperienza diretta col mondo della neve. Rotterdam è l’ultima tappa, quella più lontana dalle alpi, ma che ha un focus particolare sulle tematiche ambientali. A Tale of a Tub è uno spazio no profit legato alle tematiche ambientali: volevamo che l’opera terminasse il suo percorso in un luogo importante».

Lunigiana Land Art

«In questo momento sto anche partecipando a Lunigiana Land Art, in Toscana, un progetto volto alla valorizzazione dei borghi e della loro storia». Con oltre sessanta appuntamenti nei dodici Comuni coinvolti, il programma mira alla riscoperta della Lunigiana, storica regione italiana nata dall’antica diocesi medievale di Luni, colonia romana fondata nel II secolo a.C.: «Per questo progetto mi sono focalizzata sull’acqua, interessandomi al rapporto tra essere umano e fiume: partendo dalle tradizioni dei riti pagani e dall’esigenza che aveva l’uomo nel passato di andare alla ricerca di nuovi elementi sacri naturali, esigenze soppresse con l’arrivo del Cristianesimo. Il fiume Taverone è stato il luogo di creazione dove l’acqua è vissuta come materia in continuo rinnovo».

Laura Pugno

Laura Pugno (Trivero (BI), 1975) esplora da molti anni il tema del paesaggio con una prospettiva sensibile alle tematiche ambientali ed ecologiche e allo stesso tempo alla sua natura di costruzione sociale. La sua ricerca si sviluppa in chiave processuale, con linguaggi che spaziano dal disegno alla fotografia, alla scultura, al video. Ha co-fondato, nel 2007, il Progetto Diogene, del quale ha fatto parte fino al 2017. La sua installazione site-specific Primati, 2018, è esposta in permanenza nel Giardino Botanico Saussure a Courmayeur. Dal 2013 insegna all’Istituto Europeo di Design (IED) di Torino, dove vive.

Francesca Fontanesi

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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