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Animali selvatici e uomini nelle stesse città: alleanza o rivalità?

Corridoi verdi a tutela degli animali, cavità protette nei palazzi dove gli uccelli migratori possano nidificare; le volpi di Roma, i corvi di Tokyo, le lucertole di Mexico City

Commensali: è il termine usato dagli etologi per indicare quegli animali che vivono mangiando gli scarti di cibo di altre specie. Già nel paleolitico il topo di casa e il passero di casa –in inglese hausmaus e hausparrot – vivevano sulle zattere che trasportavano la selce e trovavano nei villaggi il loro luogo abitativo. Con l’esplodere dei consumi, nell’ultimo secolo, sono aumentati i rifiuti – un’attrattiva per gli animali che nel corso dei secoli si sono evoluti nel sistema di procacciamento del cibo. Gli animali selvatici in città sono molti, ma di poche specie – principalmente uccelli e topi. Ciò comporta uno squilibro nell’ecosistema cittadino. 

Lampoon Interview: Enrico Alleva

«Pipistrelli, volpi, cinghiali ciclicamente visitano la città. Ciò dipende dal cambiamento delle condizioni degli ecosistemi dove vivono», spiega Enrico Alleva, etologo dell’Università La Sapienza. «Le specie meno ‘neofobiche’, cioè che hanno meno paura della novità, si addentrano ed esplorano gli spazi urbani. I mammiferi lo fanno in alcune ore della notte, quando la città è vuota e in maniera furtiva riescono a entrare. Il cinghiale è un caso esemplare. A scopo venatorio i cacciatori hanno importato delle specie prolifiche dall’est Europa. In annate particolari, le mamme con molti piccoli cercano cibo e si addentrano in città in cerca di rifiuti». Con la globalizzazione, persone e merci hanno portano con sé una grande quantità di specie infestanti. Molti insetti sono arrivati con le derrate alimentari. Il punteruolo rosso, un coleottero originario dell’Asia è un parassita pericoloso. «C’è il rischio che le specie aliene modifichino il sistema naturale, ed è complesso prevedere dei sistemi di controllo per fermarle», aggiunge Alleva.

Gli animali hanno ripreso il loro posto durante la quarantena dello scorso anno. Si può immaginare di mantenere viva questa convivenza? «Da una parte le persone alle finestre si sono accorte di specie animali che non vedevano prima, come il merlo o il fringuello. Dall’altra le specie animali non hanno trovato più cibo nei parchi o ai lati delle strade. Bisogna prevedere dei corridoi verdi nelle città, dove la natura sia preminente e queste specie possano trovare un luogo dove stare. C’è un dibattito aperto, anche nella comunità degli etologi e zoologi. Ci sono alcuni che hanno una posizione più conservatrice e vogliono mantenere lo stato attuale, altri promuovono interventi come la posa di cassette nido per aiutare alcune specie di rapaci o pipistrelli o sistemi per far nidificare le vespe e le api. Non esistono regole assolute, c’è il pericolo di creare situazioni artificiali, dove senza l’intervento della specie umana gli animali non riescono ad alimentarsi».

Corridoi verdi per gli animali

Corridoi verdi da pensare e progettare. Secondo Enrico Alleva, «il botanico ha le sue preferenze, più ornamentali, l’entomologo e l’ornitologo preferiscono specie arbustive o fiori che promuovano la nidificazione di alcuni uccelli. Bisogna tenere presente la storia naturale della zona, consultando la letteratura scientifica o anche quadri e foto, per capire quali sono nei secoli le specie animali e vegetali tipiche. Rimettere ciò che c’era, senza essere troppo conservazionisti. Le palme, legata al colonialismo europeo, sono specie che non si riproduce in Italia». La città è fatta di costruzioni: «Un elemento va considerato nella progettazione dei nostri palazzi: servono delle cavità protette dove gli uccelli migratori possano nidificare. Servono anche fiori e piante utili alle api, come il tulipano, la malva, il girasole o la calendula».

Milano Animal City, del Politecnico di Milano

Progettare la città con gli occhi delle altre specie animali. Una rivoluzione che dall’antropocentrismo si sposti verso il biocentrismo. L’urbanistica del futuro non dovrà concentrarsi su forme che negano la presenza dell’homo sapiens, ma dovrà occuparsi di attuare le condizioni necessarie per la convivenza fra differenti specie animali e vegetali. Questo è il concetto che sta alla base della ricerca Milano Animal City, del Politecnico di Milano. Lo studio guarda alla città lombarda partendo dal punto di vista degli animali che la abitano. Nesting Milan si propone di realizzare lungo le linee ferroviarie una struttura modulare per accogliere specie di uccelli e piante – un’infrastruttura a nido, che diventa tessuto connettivo tra il centro storico di Milano e i quartieri in via di sviluppo, che la ferrovia tende a separare. Il progetto Bombing Parco Sempione ha puntato sul paradosso: qualsiasi cosa l’uomo faccia per lasciare spazio alla natura è comunque un atto umano. Il risultato è un progetto cinico che immagina di bombardare Parco Sempione, esempio di natura artificiosa, privato di quell’imprevedibilità che lo rende differente rispetto alla città dell’uomo. Bombardare la natura addomesticata per introdurre artificialmente una natura selvaggia.

Gli animali a Villa Pamphili a Roma

Le città italiane ospitano da secoli specie di animali selvatici. Villa Pamphilj a Roma accoglie esemplari di volpe, un mammifero onnivoro, anche se classificato come carnivoro. La sua dieta si basa su una varietà di specie: invertebrati, uova, rettili, piccoli mammiferi e anfibi. Tra i vegetali di cui si nutre ci sono i frutti di bosco e altri tipi di bacche. Si può anche nutrire di carogne. Per questo motivo trova un suo habitat ideale nel parco della villa: gli spazi verdi urbani a ridosso delle abitazioni sono da sempre popolate da essi, inserendosi nella catena alimentare e in quella dei rifiuti. La maggior parte delle volpi di Villa Pamphilj non si fa vedere. Solo due si sono mostrate con costanza quotidiana ai frequentatori della villa, cercando la collaborazione dell’uomo per nutrirsi e sopravvivere. A Milano è nota la presenza stabile di almeno otto coppie di Gheppio, un falconide, che si nutre di roditori, insetti, rettili e piccoli uccelli. I nidi conosciuti si trovano sulla volta della Stazione Centrale, sul tetto dell’ospedale San Paolo e su una torre di San Siro. 

La lucertola cornuta di Città del Messico

La lucertola cornuta ha scelto Città del Messico come città in cui vivere. Si riconosce per le file di spine che corrono sui lati del suo corpo, fino ai fianchi e alla sommità della testa. Ha un corpo che non supera i nove centimetri di lunghezza, abita foreste e boscaglie. Per difendersi usa il gonfiamento polmonare – aspira aria e si gonfia: le spine si sollevano e il predatore non riesce a ingoiarla. Altra forma di difesa: dalle palpebre schizza un getto di sangue che colpisce il predatore negli occhi. Gli avvistamenti a Città del Messico si verificano per lo più sul fianco della montagna del confine meridionale della città, intorno ai quartieri di San Miguel Ajusco e Pedregal. In queste aree le lucertole trovano un ambiente dove non vivono i suoi predatori, tra cui il coyote. A Manaus, metropoli brasiliana nella foresta pluviale: le scimmie sono il gruppo più numeroso – i tamarini compaiono quasi ogni giorno nelle strade della città, assieme a scimmie scoiattolo, in caccia di cibo in ristoranti e bar. I cittadini hanno organizzato ambulatori veterinari per il soccorso degli animali in difficoltà. A Tokyo il governo della città metropolitana riceve circa seicento chiamate all’anno di abitanti che sono stati attaccati dai corvi. Accade in primavera, nel periodo in cui gli uccelli schiudono le uova e allevano i piccoli. A metà degli anni Ottanta se ne contavano più di 7mila nei parchi della città. Sono oggi a 30mila. L’amministrazione ha installato trappole per catturarne alcuni.

Fredi Devas: reportage da Harar, Etipioa

Fredi Devas, documentarista e produttore della serie di documentari della BBC Planet Earth II, ha trascorso quattro anni a conoscere gli animali che vivono in molte delle aree più urbanizzate del mondo. «È difficile dire se gli animali selvatici e gli abitanti delle metropoli siano in competizione o coesistano – spiega Devas. – La questione è quale valore diamo agli animali che abitano nelle nostre città. Quando ho sentito parlare delle iene che vivono per le strade di Harar, in Etiopia, non riuscivo a crederci. Secondo una leggenda, quando furono costruite le mura della città, furono create le ‘porte delle iene’, non tanto grandi da consentire l’ingresso dei soldati avversari, ma grandi abbastanza per far entrare una iena. Due branchi di iene entrano in città attraverso queste porte ogni notte, in cerca di ossa lasciate fuori dai macellai. Mentre camminavo lungo una stradina nella città vecchia, vidi delle iene che mi passavano accanto, sfiorandomi una gamba. Io ero carne per loro: animali di novanta chili avrebbero potuto saltarmi addosso in pochi secondi, invece non l’hanno fatto. Alcune sere più tardi ho filmato i due branchi di iene che lottavano per l’accesso alla città. Oltre un centinaio di iene stavano combattendo intorno ai miei piedi e in qualche modo la mia paura era scomparsa. Il patto pacifico tra umani e iene in questa città era evidente, non mi sentivo in pericolo. Mi è stato detto dagli abitanti che all’interno delle mura le iene non attaccano mai le persone o il bestiame. Ma perché qui vengono accolte, quando in altre parti del pianeta sono cacciate? Gli abitanti di Harar credono che ogni volta che una iena ride stia divorando uno spirito cattivo».

Il viaggio in India di Devas

A Jaipur ha conosciuto una famiglia, che ogni mattina dava da mangiare alle scimmie da più di quarant’anni. «Quando la donna più anziana della famiglia è morta, i familiari si sono riuniti intorno a lei. A Jaipur non piove quasi mai, sul soffitto della casa c’è un buco da dove entra la luce. Alle due del mattino il maschio alfa del branco è entrato nella capanna e ha toccato la mano della donna ed è scappato. Guardando in alto c’erano altre scimmie a guardare. Mi sono chiesto come sia stato possibile. La famiglia mi ha risposto che c’era una connessione spirituale tra le scimmie e la donna. Le ha sfamate per anni e questo ha creato un legame. Gli indù associano questi primati al dio scimmia Hanuman e li venerano. Dell’esperienza in India ciò che mi ha colpito è stato quanto siano generosi gli indiani nei confronti della fauna selvatica che vive nelle loro città. La ricompensa per loro è essere circondata da animali».

Fredi Devas ha le idee chiare su come ridare spazio agli animali nelle nostre città: serve fare un passo indietro. Tornare alla natura, evitare l’uso delle auto, privilegiando la mobilità alternativa. Nel Regno Unito le volpi hanno le stesse chance di sopravvivenza sia in città che in campagna. «La causa principale della loro morte in città sono le auto – spiega Devas. Basterebbe limitarne l’uso per rendere la loro vita più semplice». Non si può pensare solo all’inquinamento dell’aria o dell’acqua: la luce artificiale confonde gli animali e le piante. L’invenzione della lampadina a incandescenza 140 anni fa ha cambiato per sempre i nostri cieli notturni, specialmente nelle metropoli. Per molti animali la luce artificiale crea confusione. A New York uno schermo luminoso confonde gli uccelli migratori che ogni anno attraversano Manhattan: sono confusi dalla sua luce e si schiantano contro di esso. Ogni mattina i netturbini devono pulire gli uccelli morti caduti alla sua base. 

Il gego Tokay

Le falene si sono evolute per volare verso fonte di luce distante: la Luna. Ecco perché si trovano spesso a girare intorno ai lampioni. Fredi Devas racconta: «C’è un animale che riesce a sfruttare la confusione di questi insetti: il Geco Tokay, diffuso principalmente nel sud est asiatico.  Ad Hong Kong c’è uno dei cieli notturni più luminosi del mondo. Dato che il geco Tokay è una lucertola che vive dopo il tramonto, è difficile immaginare che i suoi occhi possano far fronte a una luce così intensa, ma dalle loro pupille a fessura verticale lasciano entrare solo una piccola quantità di luce quando si trova sotto una lampadina e si spalancano al buio. L’altra caratteristica che rende i gechi Tokay così ben adattabili all’ambiente urbano è la loro presa fenomenale. Ogni zampa è rivestita con mezzo milione di peli microscopici, così piccoli da formare un legame molecolare con la superficie sulla quale camminano, quasi come un velcro a scala atomica. Dopo essersi evoluti per camminare sulle foglie bagnate nella foresta pluviale, i loro piedi si sono adattati bene a camminare sul metallo e sul vetro, rendendo i lampioni di Hong Kong un posto ideale per mangiare».

Enrico Alleva

Etologo dell’Università La Sapienza. È membro della Giuria per il conferimento del premio UNESCO – L’Oréal Italia: XIII, XIV e XV Edizione; Premio L’Oréal Italia per le donne e la Scienza, nell’ambito del progetto internazionale L’Oréal UNESCO For Women in Science

Fredi Devas

Documentarista e produttore della serie di documentari della BBC Planet Earth II

Alessandro Mariani

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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