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Crabyon, dai granchi al tessile: la fibra di cellulosa e chitosano biodegradabile

Simile al cotone, è utilizzato in medicina e nel tessile. Brevettato in Giappone, riconverte gli scarti dell’industria alimentare, trattiene l’umidità e aiuta le ferite a cicatrizzare. Si decompone come una foglia

Crabyon: una fibra tessile

Industria tessile e mondo animale. Uno dei binomi che ha scritto la storia del manifatturiero: dai manti di pecora per la lana al bozzolo delle larve di falena Bombyx Mori per la seta, l’uomo nei secoli ha sempre utilizzato per filare quello che già esisteva in natura. Così, dalla frantumazione dei carapaci di granchio nasce la fibra di Crabyon. Biodegradabile, antibatterica, anallergica ed emostatica, utilizzata nell’abbigliamento e nel settore medico, aiuta a convertire gli scarti dell’industria ittica. Il filato è una miscela di cellulosa e chitosano. La prima, derivante dal legno. Il secondo -bianco e poroso- contenuto in insetti come libellule, cavallette e coleotteri, nei funghi, nelle muffe e nel carapace di crostacei, in particolare dei granchi. L’idea nasce in Giappone, dall’azienda Omikenshi, fondata a Osaka nel 1917, ancora oggi proprietaria del brevetto sul procedimento di produzione. In Europa, l’unico filatore di Crabyon è Pozzi Electa, società italiana nata come azienda cotoniera. Oggi produce, tra gli altri, filati in canapa, acciaio, ottone e lyocell. Alla guida dei due stabilimenti del bergamasco, a Ponte Selva e Clusone, a cinque generazioni dalla loro nascita nel 1889, Bernadette Pozzi racconta che «quando la produzione di cotone è stata soppiantata da altri Paesi, abbiamo adottato una nuova filosofia, quella di una filatura propositiva, spingendoci verso forniture innovative e ad alto contenuto tecnico. Tra cui quella di Crabyon, che portiamo avanti da ormai circa quindici anni, grazie a un forte legame con i produttori giapponesi»

Pozzi Electa, la produzione di crabyon

Dal mondo vegetale, la base della nuova fibra. Spiega Pozzi: «Il Crabyon nasce con la macerazione di fibre di cellulosa, derivata da piante come il faggio e l’eucalipto, lavorate e impastate con sostanze che rendono la fibra nuovamente filabile. La base di viscosa nella produzione di Crabyon si modifica strutturalmente, miscelando cellulosa e chitosano. Il principio attivo, il chitin-chitosano, molto simile alla stessa cellulosa, entra a far parte della struttura della fibra, da cui non potrà più essere separato da azione esterne, come tinture, lavaggi o un uso prolungato dell’indumento». Dal punto di vista della composizione, la chitina è un polisaccaride naturale, prodotto biologicamente e in grande quantità dagli animali da cui viene estratto: è il secondo biopolimero più presente in natura dopo la cellulosa. Ogni anno, si stima che – mettendo insieme gli esseri viventi che la producono – si generano 50 miliardi di tonnellate di chitina. Di queste, sarebbero solo 150mila quelle utilizzate a fini commerciali.

Dettaglio della fibra di chitosano

Chitosano per i tessuti: a cosa serve

Il chitosano si ricava dalla chitina attraverso processi di deacetilazione. Come sottolinea Pozzi, «È naturale: si dice che un fiocco di Crabyon può anche essere mangiato. La lavorazione per arrivare al prodotto finito non modifica questa caratteristica, perché non sono utilizzati solventi chimici». Realizzato solo con materiale organico, il Crabyon è totalmente biodegradabile e non danneggia l’ambiente. Sepolto nel terreno, la decomposizione ha inizio tra le 2 settimane e i 2 mesi, tempo simile a quello della decomposizione di una foglia. Non ancora conosciuto alla pari di altre fibre, il Crabyon già nel 1997 è valso agli inventori giapponesi il premio del Consiglio di Promozione del Riciclo per il contributo al riciclo delle risorse: punto d’incontro tra ecosostenibilità, economia circolare e innovazione tecnica. Dagli scarti dell’industria alimentare proviene la maggior parte dei carapaci di granchi e crostacei reintrodotti nel processo produttivo che porta alla creazione di tessuti in Crabyon. Solo nel 2020, il Ministero dell’Ambiente giapponese ha calcolato che nel Paese sono state prodotte 27.6 milioni di tonnellate di rifiuti alimentari, tra cui quelle generate da risorse ittiche, che non sempre sono reimpiegate e sfruttate al massimo della loro potenzialità. Ancora oggi una buona parte degli scarti di pesci, crostacei e molluschi sono riversati direttamente nell’ambiente senza essere precedentemente trattati, oppure utilizzati per produrre fertilizzanti, bio-composti e nutrimento per animali. Con il Crabyon, sono entrati anche nell’industria tessile. 

Crabyon: proprietà della fibra

Gli abiti e i tessuti a base di Crabyon mantengono caratteristiche, benefici e proprietà specifiche della fibra naturale contenente chitosano. Prima su tutte la funzione antibatterica e antimicrobica che, per milioni di anni, ha protetto i granchi da aggressioni patogene, grazie alla capacità di attivare la chitinasi e il lisozima, due enzimi che decompongono la membrana cellulare e inibiscono la nascita di batteri.  Nella pratica, è così che «Il Crabyon rimane fresco e impedisce ai tessuti di assorbire odori cattivi per lungo tempo, per questo è utile nella creazione di abbigliamento sportivo», spiega Pozzi. «Ma non solo: il chitin-chitosano conferisce anche caratteristiche anallergiche ed emostatiche alla viscosa. Tra i mercati più sensibili ai prodotti col Crabyon ci sono quindi quelli dell’intimo e di tutto ciò che riguarda sta a contatto con la pelle, del ‘bedding’ -pigiami, lenzuola, coprimaterassi – e quello del settore medicale». Da quando è stato presentato per la prima volta in Italia, al Bitec di Cernobbio del maggio 2002, diversi studi nel nostro Paese hanno analizzato i possibili benefici in medicina e farmaceutica della fibra di Crabyon su diverse patologie. I laboratori del dipartimento di microbiologia dell’Università di Modena e Reggio Emilia hanno indagato sulla funzione antibatterica del Crabyon, nei confronti dei due batteri maggiormente presenti nella flora microbica della cute, lo Staphylococcus aureus e lo Staphylococcus epidermidis, responsabili di ascessi e infezioni. Il Crabyon si è dimostrato capace sia di ridurne la proliferazione, che di annullarla completamente, uccidendoli.   

Collezione abiti All Birds nati dalla lavorazione della crosta del granchio

Dal processo di lavorazione del Crabyon si ricava una fibra ricca di oligomeri e glucosammina, molecole utili nella medicazione di ferite. Si utilizzato per creare pelle artificiale e lenti a contatto. Riesce a modulare la produzione di collagene, evitandone però una produzione eccessiva o irregolare, come succede durante la cicatrizzazione di una ferita cutanea. «Può essere usato in bende e calze curative per alcuni effetti collaterali di patologie come il diabete, che provocano ulcerazioni nella pelle dei malati. Oppure ancora per creare calze compressive elastiche per migliorare il ritorno venoso», spiega Pozzi. Una volta lavorato, un tessuto in Crabyon è simile a un cotone morbido. Negli indumenti sportivi, evita irritazioni causate dallo sfregamento dei capi sulla pelle sudata. Essendo anallergico, oltre che antibatterico, aiuta a curare dermatiti e altre irritazioni della pelle. La sua capacità di mantenere il livello di umidità è più alta che quella di ogni altra fibra. Questo lo rende adatto al contatto anche con pelli danneggiate o ipersensibili, prevenendone la disidratazione. 

Il chitosano nella tintura dei capi

Il chitosano aiuta anche la tinta dei tessuti, portando omogeneità alla colorazione e permettendo di utilizzare fino al cinquanta per cento in meno di coloranti. In fase di filatura il Crabyon può essere mischiato con altre fibre. La percentuale di chitin-chitosano può essere modulata dall’1 al 99%, a seconda del prodotto che si intende creare, anche in ragione della più o meno intensa medicalità che si vuole conferire al tessuto. Pozzi Electa, oltre a filare Crabyon viscosa al 100%, lo lavora insieme al micromodal, al cotone e al nylon 6/6. Allo stesso modo, può essere unito anche a lino e cotone. Il processo di lavorazione del Crabyon, tecnico e innovativo, è ad oggi più costoso di quello per la lavorazione di altre fibre utilizzate più comunemente e da più tempo. «I settori di mercato per cui si produce il Crabyon sono specifici. Ogni fibra è viva, ha le sue particolarità. Qui parliamo di un’invenzione ad alto contenuto tecnico – non si sovrappone a un filato. Per questo è più costoso: bisogna poterne mettere in risalto le caratteristiche. Questa fibra è interessante, ha già fatto un buon percorso dalla sua nascita ma la sua capacità di impattare sulla vita di tutti i giorni – per i suoi effetti medici e antibatterici – dimostra che c’è ancora da indagare».

IMMAGINI

Pozzi Electa – azienda di filatura cotoniera del bergamasco, fondata dalla famiglia Pozzi nel 1889.
Viale Renato Serra, 6,
20148 Milano MI

Giacomo Cadeddu

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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