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laboratorio di pelletteria a Louviers, Normandia
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Se il futuro è un’incognita, Hermès rimane certezza

Una costante serietà distingue Hermès, diversamente dalle altre case del lusso che rincorrono traffico digitale abbassando il proprio percepito. Onestà intellettuale nelle parole di Francesca di Carrobio

Lina Ghotmeh ha progettato la manifattura Hermès a Louviers

La manifattura Hermès a Louviers, in Normandia, è stata progettata da Lina Ghotmeh, architetto umanista nata a Beirut e basata a Parigi. Lo stabilimento presenta una pianta quadrata – come un’allegoria di un carré – organizzata intorno a uno spazio centrale, diventato la Place du Village. Presenta una cesura minima tra l’edificio e il contesto naturale che lo abbraccia. Gli alberi preesistenti sono stati il più possibile conservati, altri piantati ex-novo. Il paesaggista belga Erik Dhont ha partecipato al progetto con tecniche di recupero e scarico delle acque. Gli stabilimenti Hermès hanno rivitalizzato villaggi e città sparse nel ventre della Francia, offrendo lavoro agli abitanti e spesso impedendo lo spopolamento di un territorio. «I centri di produzione si collocano soprattutto in Francia, altri sono dislocati in Italia, stabilendo un legame tra i due paesi», racconta Francesca di Carrobio, dal 2004 Amministratore Delegato di Hermès in Italia e alla guida delle country anche in Grecia e Turchia. «I dipendenti e le realtà esterne collegate a Hermès, nella situazione di emergenza causata dal Coronavirus, hanno mantenuto integro il proprio salario. Niente cassa integrazione, decisione di Axel Dumas, attuale CEO della Maison e membro della sesta generazione della famiglia Hermès. Noi rispondiamo con un senso di responsabilità». 

Il grembiule bianco sancisce l’appartenenza degli artigiani, ne dichiara l’ingresso in una comunità. «Ognuno di loro – ce ne possono essere 250 in un atelier – realizza una sola borsa, dall’inizio alla fine, attraverso le fasi dell’intero processo. Questo approccio la renderà differente da ogni altra grazie a qualche dettaglio e all’estro di chi l’ha fatta. Tutte le tinture che utilizziamo sono ecologiche e non inquinanti. La pelle che serve a un unico artigiano per dare vita a una borsa, è calibrata per non creare scarti o sprechi inutili – l’eco sostenibilità vige da quando siamo nati, come selleria, nel 1837. Le carni rientrano nella catena alimentare. La ricerca si innesta sulla forza della tradizione, la arricchisce di contenuti. I nuovi carré sono stampati su due facce. Il carré, il foulard Hermès, è creato nel 1937. In origine era impresso con la tecnica lionese dei quadri di stampa. Da allora il processo era rimasto lo stesso – consisteva nel colorare una faccia per raggiungere l’altra per impregnazione. Ora il gioco consiste nel non attraversare la superficie serica, ma nello sfiorarla. È quella stessa seta impiegata per il classico carré, che non ha subito variazioni né di trama né di spessore. Un sortilegio delle equipe della Casa, come avviene per il duplice print monocromo e policromo del carré Della cavalleria favolosa, di Virginie Jamin». 

Lampoon: intervista a Francesca di Carrobio

Radici patrizie e infanzia trascorsa a Bruxelles, dove compie gli studi e si laurea, Francesca di Carrobio, nel 1987, a 24 anni, diventa responsabile dell’ufficio stampa Hermès Italia a Milano, una filiale inaugurata una settimana prima. È scelta personalmente dal Presidente Jean-Louis Dumas. «Nel 2005 – racconta – eravamo in tutto 3mila dipendenti, ora superiamo i 15mila. Il credo del marchio, impresso da Jean-Louis Dumas, uomo dotato di humor, con il quale ci si divertiva in ogni occasione, era che nel lusso occorre avere un controllo completo dell’immagine e della filiera. Una linea di pensiero perseguita tramite i legami con i fornitori, la produzione, integrata internamente – quasi l’80% è realizzato in casa – e il controllo sulla qualità. Amava ripetere che ‘un prodotto o è Hermès o non lo è’. Oggi, da Hermès, l’intelligenza collettiva corre sempre più rapidamente, accanto ai tempi dilatati da antica bottega in cui agiscono gli artigiani. Pierre-Alexis Dumas, il direttore artistico di Hermès, afferma che continuiamo a restare fedeli alla professione di fede enunciata da un catalogo del 1928: ‘La nostra tradizione è creare senza tregua’. Mi piace risolvere problemi – forse è merito dell’educazione che ho ricevuto, di quel senso di responsabilità e indipendenza che mi hanno inculcato i miei genitori e che condivido con le mie due sorelle, diverse da me, ma che sento affini. Come è accaduto con la crisi dei mercati finanziari del 2008, quando la situazione economica per noi si è volta in positivo con vendite record. Hermès è un mosaico familiare, ti senti una tessera organica, la parte di un tutto»

Sposata e madre di una figlia, Francesca di Carrobio è attiva sul piano culturale

A Palermo possiede una casa nel quartiere della Kalsa. Ama questa città per il melting-pot di civiltà e le sovrapposizioni d’epoca, stilistiche e storiche che vi convivono. «Non riesco ad abituarmi – confida – alla precisione geometrica miscelata a un’emozione e all’uso sacrale dei materiali che Carlo Scarpa ha impiegato nel restauro museale di palazzo Abatellis, in via Alloro. Mi accade lo stesso davanti agli stucchi di Serpotta a Santa Cita e all’Oratorio di San Domenico, dove si trova il più scenografico dipinto di van Dick. I pavimenti cosmateschi e i mosaici bizantini della Martorana, l’esasperazione barocca e sensuale di Santa Caterina – la chiesa conventuale legata all’infanzia di Fulco di Verdura – e la Zisa, con gli echi della Balharm islamica. Piano City è una delle manifestazioni culturali palermitane che mi hanno appassionato. A Milano sono parte del Consiglio del Poldi Pezzoli e membro dell’associazione Amici del Museo». 

Fondation Hermès

La Fondation Hermès interviene sul tema educativo nelle scuole, mentre altri programmi specifici coinvolgono persone affette da disabilità, aiutandone l’integrazione tramite il lavoro. Come svelano gli short film della serie Empreintes sur le Monde, girati dal documentarista e regista Frédéric Laffont, non poche sono le realtà artistiche e artigiane, in tutta Europa ma anche in Giappone, che Hermès sostiene e che ha messo in grado di continuare ad esistere e portare avanti esperienze uniche e preziose. «È dalla cultura che bisogna ripartire. Nei nostri negozi si sono affacciati già in molti, alcuni su appuntamento, altri liberamente. Il filo tra noi e la nostra clientela non si è mai interrotto. Il traffico sta aumentando di giorno in giorno. Tutti sembrano sereni, quasi avessero voglia di riprendersi il loro tempo. In tutte le nostre boutique regaliamo una peonia, un gesto apprezzato. Segno di speranza e rinascita. Il tempo è il massimo lusso, lo abbiamo appreso durante questo periodo come mai prima».

Hermès Innovation in the making

Hermès si racconta di più e avvia una comunicazione più diretta con il cliente. Rinnovata anche la veste grafica e i contenuti del magazine Le Monde d’ Hermès, che riassume questa rivoluzione copernicana con un Atlante dei gesti connessi, imperniato sul valore del gesto innovatore, come, nella prefazione, sottolinea Pierre-Alexis Dumas. «Si scostano quelle cortine che hanno avvolto la realtà del marchio. Verranno raccontate le tecniche e i procedimenti, l’opera dei maestri e il quid che ha reso Hermès ciò che è. Una newsletter ci avvicinerà ai consumatori. Non abbiamo intenzione di abbandonare l’advertising sul cartaceo – lo prova il rinnovamento dell’house organ. abbiamo lanciato il nostro ‘métier’, La Beauté, con la collezione di 24 rossetti Rouge Hermès, richiamo all’indirizzo storico della maison a Parigi, 24 faubourg Saint-Honoré. Sono ispirati ai colori dei nostri carrées, custoditi dentro un astuccio disegnato da Pierre Hardy, direttore creativo calzature e gioielli del marchio».

Cesare Cunaccia

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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