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Sesso, nudo, fotografia erotica: BadSeedZine, semi cattivi di una sessualità sana

I fondatori – Luca Matarazzo, Alessandra Pace e Marcel Swann – lo definiscono un ‘movimento’, più che una rivista. Per stimolare riflessioni sul gioco del sesso e sulla libertà dei corpi

BadSeedZine e la fotografia erotica, uno spazio contro la censura dei social

‘Il tuo profilo ha violato le linee guida della community’, l’account è stato disattivato. A Instagram il nudo non piace. Ancora meno quello erotico. «La dimensione social mi è sempre stata stretta. Sono arrivato ormai al nono account. Tutti gli altri, tra segnalazioni e censure, sono stati disattivati», racconta Luca Matarazzo, che il fotografo lo fa di lavoro. Per anni impegnato nel giornalismo con l’agenzia Fotogramma, poi principalmente nel commerciale, gli è sempre rimasto un prurito addosso. Appassionato di fotografia erotica, mancava un mezzo dove poter pubblicare liberamente un certo tipo di immagini. Che oltre al nudo dei modelli, raccontassero anche qualcosa di più. Il gioco della sessualità, il rapporto con il corpo – il proprio o quello dei partner. Dalla necessità di creare uno spazio in cui poterlo fare nasce il magazine BadSeedZine.

Luca Matarazzo, Alessandra Pace e Marcel Swann

Dietro al progetto ci sono tre fotografi: Luca Matarazzo, Alessandra Pace e Marcel Swann. Se si conta l’edizione 0, la rivista è adesso al terzo numero. Ai primi due ha lavorato anche Fausto Serafini. «Ci siamo conosciuti quando ancora su Instagram si poteva pubblicare qualcosa di più spinto. Facevo polaroid instax, avevo chiesto ad artisti che mi piacevano uno scambio di opere. Conoscevo Alessandra e Marcel dai social, però non avevamo mai lavorato. Ci era capitato di scattare qualche modello in comune, ma niente di più. Abbiamo capito che avevamo una visione simile di estetica fotografica», spiega Matarazzo. 

Nei numeri stampati finora, nessuno dei tre fondatori ha pubblicato foto proprie. Succederà nel prossimo, che sarà anche il primo monotematico, dedicato al pissing. La scelta di dare spazio ad altri artisti, racconta Marcel Swann, viene dalla volontà di «portare persone con la stessa visione ad avere un archivio. Un continuo movimento di ricerca e confronto. Spesso, le pagine Ig che diventavano cartacei non costruivano rapporti stabili con gli artisti. Mancava una rete di sostegno. Ancor di più per la fotografia estrema, che era rimasta senza spazi di ricerca liberi. Noi volevamo un canale di rappresentazione, ma volevamo darlo anche ad altri».

BadSeedZine – Un movimento, più che una rivista

La voglia di creare un network di libera espressione per il mondo della fotografia erotica porta i fondatori di BadSeedZine a definirla più ‘un movimento’ che una rivista. Lo racconta Matarazzo: «Quando abbiamo iniziato, ci siamo accorti del bisogno delle persone di riavvicinarsi a certe tematiche. Noi non abbiamo vissuto la rivoluzione sessuale degli anni Sessanta e ’Settanta. Siamo cresciuti con un altro tipo di riferimenti sessuali. Penso agli anni di Berlusconi, con una sessualità maleducata, sbattuta in televisione. Era molto esplicita, ma è come se si fossero fatti passi indietro di 10-15 anni. Tutto era un po’ più bigotto. Siamo cresciuti con un modello maschile che non piange, l’uomo in carriera. Erano anni in cui la pornografia era sì ovunque, ma le Vhs le trovavi nascoste, solo in alcuni posti, come se fossero un qualcosa di sporco. Abbiamo notato che le persone volevano raccontarsi. Nei primi anni di Instagram, ma soprattutto con Tumblr, si stava cercando di tirar fuori qualcosa. La piazza virtuale poi ha tentato di bloccare tutto: i social hanno interessi commerciali anche in Paesi dove la sessualità è tabù. Il vaso era esploso, se parli adesso di sessualità con i più giovani ti accorgi che è di nuovo tutto più libero. Non stiamo cercando di essere educatori sessuali, ma ci piace creare una riflessione sull’immagine. Riappropriarsi del gioco è fondamentale. Anche per questo abbiamo deciso di fare un numero sul pissing. È una pratica come un’altra. Piace a un sacco di gente». 

BadSeedZine, fotografia e arti visive

Nel 2017 viene stampato il numero 0 di BadSeedZine, grazie al crowdfunding. Quattro autori, un’artista a scelta, una tiratura di 100 copie. «Finalmente avevamo dato dimensione cartacea a un progetto un po’ più punk», ricorda Matarazzo. Due anni dopo arriva il numero 01, autofinanziato. Qua gli artisti sono sei e c’è spazio anche per il mondo dei manga. Nel 2022, sotto la realtà editoriale King Koala, vede la luce BadSeedZine 02. Cresce a 17 il numero di fotografi coinvolti. «Alcuni piacciono sia a me che a Marcel e Alessandra. Altri sono fonte di discussione. Ci fidiamo molto dei gusti estetici dell’uno e dell’altro, anche quando un fotografo non incontra esattamente l’occhio di tutti», spiega Matarazzo. 

Si sono poi ampliate ancora le contaminazioni con altre arti visive: fumetti, illustrazioni. Sempre a tema erotico. Altre arti che «faticano a trovare spazio», come dice Matarazzo. Nell’ultimo numero ci sono anche quattro tavole di Tom Bunk, una delle menti dietro gli Sgorbions, negli Stati Uniti Garbage Pail Kids. Qualcuno li ricorderà per le figurine arrivate in Italia a metà degli anni Ottanta. Bambini parodia dei Cabbage Patch Kids, sono «cattivi, sporchi, brutti, splatter»

L’estetica dei fondatori di BadSeedZine si è formata nell’amatorialità

«Nei numeri 01 e 02 – spiega Matarazzo – abbiamo messo in copertina lavori di gente che non fa fotografia per professione. C’è chi ci manda foto di coppia. Abbiamo voluto inserire anche loro. Persone varie ed eventuali che giocano con la fotografia. Hanno un approccio divertente al tema erotico-sessuale. Ragazzi che amano il sesso e la sessualità, magari gli piace scopare mentre si fanno guardare. Alcuni poi sono diventati nostri modelli. Trovo che ci sia qualcosa di molto diverso da un set con persone messe in posa. È un’altra realtà».

Oggi, BadSeedZine viene venduto online e in alcune – poche – librerie. A Milano lo tiene ad esempio Hoepli. «Nino, che gestisce il reparto di fotografia, è una persona illuminata. Ama avere pubblicazioni che non trovi da altre parti. Ha creato un network di fotografi indipendenti, è un po’ una figura di riferimento per Milano», dice Matarazzo. Il punto è che «è difficile portare in libreria questa rivista. Se si spiega il progetto, le persone lo capiscono. Vederlo e basta non è così immediato».

BadSeedZine – il Manifesto

Sul sito del magazine campeggia un Manifesto. Inizia ricordando al lettore che ‘non ci dev’essere alcuna vergogna per il genere umano’. Parla di ‘bad seeds’, ‘semi cattivi’ pronti a invadere ‘la città della finzione’ per poi ‘liberarla’. I ‘germogli’ di questi semi usciranno dal ‘cranio del cervo di fuoco’. A scrivere il Manifesto è Marcel Swann.  È lui che si occupa delle parti testuali del progetto: gli editoriali per la rivista e le didascalie che accompagnano le foto. Autore di testi rap – a livello «del tutto amatoriale», tiene a precisare – Marcel si definisce «un lettore compulsivo».  Non a caso il nome d’arte è un rimando a Proust. 

Per le didascalie, «una sorta di freestyle sgrammaticato», l’ispirazione è «la poesia colloquiale-surrealista nella sua corrente sudamericana, come quella di César Vallejo». Il Manifesto cuce insieme le parole pescando dal simbolismo esoterico. «Ascoltando molto metal e death metal, è un mondo che mi è vicino. Ne ho riadattato la simbologia per il nostro progetto: penso ci sia un senso di comunità che vada a unirci rispetto all’ottica di massa. Ci muoviamo in modo ‘underground’. Servivano spunti di riflessione in un magazine che non ha a che vedere con il simbolismo malefico e oscuro, ma che – come questo – si sviluppa sottotraccia»

Semi cattivi

«Vogliamo lanciare stimoli per insinuare nelle persone un dubbio, un qualcosa che cresca», sintetizza Matarazzo. Da un lato, c’è la semina della fotografia erotica, per togliere lo stigma che la circonda. Dall’altro BadSeed apre a riflessioni di altro tipo. Nel secondo numero ci sono due editoriali oltre a quello di apertura di Marcel Swann. Uno parla di politically correct. È firmato da Ray Banhoff, scrittore e fotografo. L’altro, scritto dalla linguista Yasmina Pani, è un’aperta polemica contro l’utilità dello schwa. 

«L’ondata attuale di politically correct nasconde lati beceri nei temi e nell’approccio più diffuso», dice Matarazzo. Il rischio è che si vada a «creare mostri invece che a trovare soluzioni. Si stanno producendo anticorpi di un sistema malato che stanno attaccando le parti giuste». Anche il lavoro di chi fa fotografia erotica «viene attaccato o visto con diffidenza. C’è chi dice che sminuisce il ruolo della donna, la oggettivizza». Per questo si è deciso di aprire l’ultimo numero con foto di uomini. Anche per chi cerca soltanto nudo femminile, «così inizia a capire che il mondo non va in un’unica direzione». La riflessione è però più ampia. «Molte persone non si concentrano sul contenuto, anche in fotografia. La cosa importante per noi è andare a fondo delle cose, viverle e respirarle. Lo stesso si può dire in riferimento all’editoriale sulla schwa. È un’opinione forte, non per forza condivisibile. Ma è uno spunto di riflessione. Perché non andiamo oltre? Trovo molto più importanti altre problematiche. Ci sono coppie gay che non possono adottare, solo per dirne una. Se uno si sente uomo, va benissimo così. Puoi dirlo. Oppure, se non ti va di dirlo, puoi anche arrabbiarti con chi te lo chiede. È un tuo diritto».

King Koala

King Koala è una realtà editoriale indipendente che fa capo a Jacopo Buranelli. Nata durante il lockdown, a Milano, si definisce una yard creativa focalizzata su una pubblicazione lenta di opere, tra cui quelle di Luca Matarazzo e Alessandra Pace.

Giacomo Cadeddu

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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