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Finissaggio, tintura, lavaggio: processi che impattano sulle fibre naturali

Impermeabilizzazioni, tinture naturali e sintetiche, temperature alte o basse. Il capo finito è il risultato di operazioni, calibrate sul filato

Finissaggio tessile, significato

I finissaggi servono per conferire al tessuto caratteristiche di tipo funzionale, estetico e tecnico. Piero Sandroni, titolare di C. Sandroni & C., fondata nel 1951, base a Busto Arsizio, spiega: «Il filo per diventare tessuto subisce flessioni e piegature che ne stressano la fibra. Sono applicate sostanze oleose per evitare che si danneggi e per aumentarne la resistenza. Sono tolte in seguito, quando si ottiene il tessuto finale già tinto e asciugato. Per renderlo morbido si procede con il finissaggio. Una felpa di cotone deve essere garzata. La garzatura si ottiene facendo passare il tessuto su una macchina uncinata che gira velocemente e lo gratta in modo tale da estrarre del pelo. Questa sarà la parte garzata all’interno del capo. Il pile: si crea facendo passare la garza all’interno di macchinari a cesta». L’effetto superwash rende lavabili in lavatrice le lane colorate impedendone l’infeltrimento, quello idrorepellente genera impermeabilità e quello antimacchia oppone resistenza allo sporco. 

Lavaggio industriale tessuti

«Sono azioni meccaniche, termiche o chimiche, svolte singolarmente o in combinazione fra loro», prosegue Sandroni. La via meccanica modifica il tessuto in modo tale che acquisisca pelosità e sofficità, mentre il metodo chimico consiste nell’uso di ammorbidenti sintetici o a base naturale. Quanto ai lavaggi, vanno calibrati in base alle fibre. «Per le più delicate non si superano i 30 gradi, con acqua depurata e asciugatura in cesto. In alternativa, si procede con una temperatura più alta e si aggiungono sostanze chimiche per conferire, per esempio, un effetto di invecchiamento».

La canapa: «è da gestire con cura. La trattiamo di solito con acqua ossigenata e carbonato in modo tale da pulirla senza rovinarla. Si tinge bene anche con coloranti naturali e può essere ammorbidita sia con sostanze vegetali sia sintetiche. Attenzione ai finissaggi: li facciamo con il vapore per rendere il tessuto soffice, ma non andiamo oltre. Meno la si tocca meglio è». 

Tinture: colori chimici o colori naturali

«Tingiamo le fibre naturali come cotone, lino e canapa, e anche le miscele: viscosa-lana, cotone-seta, cotone-lana. Procediamo singolarmente su un’unica fibra, oppure su entrambe proponendo colori diversi per ognuna, in modo da creare un effetto contrasto. Lo scopo finale è avere risultati tintoriali armonici diversi», continua Sandroni. I colori possono essere sia naturali sia chimici. «I primi non tingono tutte le fibre allo stesso modo. Sono efficaci con la seta e con la lana, meno con le cellulosiche come canapa, lino e cotone. Hanno poca presa su viscosa e modal e non sono adeguati per fibre sintetiche come poliesteri e acrilici».

La colorazione data dalle piante tintorie può variare in base alla tipologia di filato. La stessa erba può risultare più chiara su una fibra e più scura su un’altra. Nella solidità della tinta entrano in gioco diversi fattori. Sandroni individua: il colorante vegetale, la sua origine (la stessa pianta tintoriale raccolta in due luoghi diversi può dare risultati differenti), il modo in cui è stato estratto, il mordente utilizzato – cioè una sostanza capace di fissare il colore – il modo in cui quest’ultimo è applicato (prima o dopo la colorazione), tempi e temperatura della tintura, lavaggi. 

Progetto Pastel e Fondazione Cariplo

Fra le ultime sperimentazioni nel campo delle colorazioni naturali c’è il Progetto Pastel, finanziato dalla Fondazione Cariplo e portato avanti dall’Università Statale di Milano: si concentra sull’uso delle antocianine, appartenenti alla classe dei flavonoidi. Si trovano in molti frutti e verdure di colore rosso – violaceo. Svolge in particolare una ricerca su quelle estratte dal tutolo del mais, cioè la parte interna della pannocchia. Sono di particolare valore, spiega Sandroni, perché secche e non allo stato liquido. Hanno meno probabilità di degradarsi. Il tutolo rappresenta una biomassa di scarto, che verrebbe buttata: il suo utilizzo per la colorazione naturale è un’occasione per evitare sprechi. La sfumatura è variabile a seconda del ph. Rossa se acido, blu se neutro. 

Regolamento per la protezione da sostanze chimiche

«Per rispettare le norme ecotossicologiche è necessario fare riferimento al REACH», spiega Sandroni. Cioè il regolamento dell’Unione Europea adottato per migliorare la protezione della salute umana e dell’ambiente dagli eventuali pericoli derivanti dalle sostanze chimiche. Si applica a tutte: da quelle impiegate nei processi industriali a quelle di utilizzo quotidiano. È compito delle aziende – dice il regolamento – identificare i rischi connessi alle sostanze che producono e commercializzano all’interno dell’Unione. È in vigore dal 2007.

«Oltre a questo, aderiamo all’associazione Tessile e Salute», che si occupa di tutelare i consumatori di prodotti tessili. Svolge verifiche sui processi di lavorazione per accertarsi siano realizzati secondo norme di legge. «Noi comunichiamo le sostanze che usiamo. Se dovessero verificarsi casi di allergia o di sensibilizzazione veniamo avvisati e sospendiamo l’utilizzo di ciò che li ha causati. È in corso un monitoraggio stretto», continua Sandroni. L’azienda ha inoltre la certificazione ISO 9000 che impone un controllo della qualità secondo le normative e linee guida stabilite dall’Organizzazione internazionale per la normazione, organismo indipendente e non governativo cui aderiscono 165 membri. 

Trattamento impermeabilizzante dei tessuti

Sandroni sottopone capi d’abbigliamento e tessuti a diverse tipologie di trattamento impermeabilizzante. Esistono processi idrorepellenti o antigoccia, fino a ottenere una condizione superidrofoba – forma potente di idrorepellenza, analoga a quella che la natura propone con le foglie di loto, considerate quasi autopulenti. Altre sostanze arginabili sono gli oli o i grassi. In questo caso si ricorre all’oleorepellenza, ma anche al trattamento antimacchia e antisporco. Il primo caso è un insieme di oleo e idrorepellenza, il secondo è più articolato, dato che le macchie possono derivare da più agenti, non solo grassi o liquidi.

Sandroni cita le sostanze polverulente: terra, fango, sabbia, polveri sottili (il pm10 dell’atmosfera), farina, gesso e cemento. La solidità le porta a inserirsi nella porosità del tessuto aderendo alle cosiddette ‘fibrille’, cioè le componenti della fibra. Sempre nel campo dei trattamenti pulenti c’è il soil release, cioè di rilascio facilitato dello sporco durante il lavaggio. Un esempio sono i tovaglioli: non è possibile applicare l’antimacchia perché verrebbe meno la loro capacità di assorbire. Il soil release consente di renderli puliti senza cancellare la loro funzione. 

Emorepellenza, cioè l’impermeabilità al sangue

Un capitolo a parte è invece l’emorepellenza, cioè l’impermeabilità al sangue. È un trattamento specifico per le divise impiegate dal personale medico chirurgico e può essere più o meno intenso, a seconda del campo in cui l’indumento deve essere indossato. La variante più leggera prevede che eventuali macchie ematiche vengano trattenute e poi assorbite molto lentamente, quella più pesante punta invece a generare un vero e proprio effetto barriera, per evitare che il sangue del paziente entri in contatto con la pelle dell’operatore sanitario.

L’impermeabilizzazione, di qualunque tipologia sia, sta attraversando una fase di cambiamento verso l’ecologia: «Partecipiamo come consulenti esterni al progetto I-Tex. Abbiamo svolto alcuni test di laboratorio su una nuova sostanza che dà un effetto impermeabilizzante ai tessuti. Il processo è spesso condotto con l’impiego di fluoro, che ha un impatto inquinante. Si stanno studiando alternative», chiude Sandroni. «Era prevista la sospensione di questo elemento – il fluoro – nel 2021, ma non è stato possibile perché, per esempio per l’oleorepellenza non sono stati trovati dei sostituti adatti. C’è stato maggiore successo per la realizzazione di prodotti idrorepellenti, per i quali sono stati impiegati formulati nuovi, per ora in corso di brevettazione»

Piero Sandroni

Ingegnere chimico e dirigente dell’azienda, insieme con la sorella Maria Luisa che si occupa dell’amministrazione. Nata nel 1950 Sandroni & C. è specializzatasi nella ricerca di trattamenti innovativi per tessuti e substrati tessili di vario tipo. Svolge anche consulenza nel campo degli antibatterici e dei trattamenti protettivi idro ed oleorepellenti ad alte prestazioni.

Elisa Cornegliani

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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