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Lungo il Canale Villoresi, il mare dell’hinterland milanese

Da progetto agricolo nato durante l’Unità d’Italia ad avamposto di biodiversità vegetale e fauna ittica, oggi – come si è evoluto il Canale Villoresi dopo gli anni del degrado

Dove nasce il canale Villoresi

A 25 chilometri dal centro di Milano, in direzione Rho, generazioni di lombardi hanno avuto il loro mare, fra i campi e gli stabilimenti industriali: il Canale Villoresi. Localmente chiamato Canal Vilores oppure Rongion, è un canale artificiale lungo 86 chilometri che attraversa oltre venti comuni. Ha origine a Somma Lombardo, dove attinge acqua dal Ticino dalla diga del Pan Perduto in località Maddalena, e sfocia a Cassano D’Adda, nel Naviglio della Martesana, o in alternativa (nel caso di piene) nel fiume Adda. Irriga attualmente un bacino di 85mila ettari, mediante 120 bocche e rami secondari (estesi per circa 130 chilometri). Questi ultimi arrivano a 1400 contando anche i canali di terza grandezza.

È la prima opera di d’ingegneria idraulica della Lombardia, oltre che il secondo canale più lungo d’Italia, dopo quello Emiliano-Romagnolo. Già alla fine della Seconda guerra mondiale esso divenne un luogo di bagni per compagnie di ragazzi. Era un gioco scommettere con i soldati americani, lì insediati, di attraversare in apnea le bocche in mattoni rossi e cemento, per ricavarne qualche sigaretta o un pacco di chewing-gum. Percorrere a nuoto i circa dieci metri del tunnel che corre sotto la quota stradale, spesso ostruito da tronchi o carcasse, era una missione. 

Periferia milanese nel Novecento

Negli anni Cinquanta le sue sponde cominciarono a essere frequentate dalle masse. Divenenne ‘il mare dei poveri’, per chi non poteva permettersi una villeggiatura o nemmeno una giornata in piscina. Traversate al sole, quando si arrivava in bicicletta, con una radiolina gracchiante. Ci si buttava su un telo sull’erba. La spiaggia delle donne era separata da quella degli uomini. Ci si cambiava fra le siepi, e in mutande bianche ci si appendeva alle travi del ponte, con le gambe immerse nell’acqua. Si sentiva la forza delle correnti che qui passano. L’acqua è all’apparenza calma, trasparente nei giorni di sole. È fredda, e mossa da flussi. Difficile trovare appigli – le pareti sono verticali, in cemento liscio. Irregolare il fondo, che presenta abbassamenti da cui è difficile emergere. Sono acque che hanno visto giorni neri: annegamenti e incidenti dovuti alla forza delle correnti.

Qualcuno ricorda l’appellativo ‘bocche della morte’. Negli anni Settanta si dichiarò il tratto non balneabile, divenendo nei decenni inaccessibile e dimenticato. Fra gli anni Settanta e i Novanta, sono stati ripescati oltre trenta corpi. Si ritrovò il corpo senza vita di Dominic, un neonato di sette giorni, nell’agosto del 1999, incastrato sotto uno dei ponti. Era stato concepito da Ayla, giovane turca, e François, un ragazzo italo-francese sposato. Si trattava di una liaison. La coppia dalla Francia fuggì a Nova Milanese per evitare il confronto con le rispettive famiglie. Dominic nacque in Lombardia, ma nella notte tra martedì 27 e mercoledì 28 luglio. Lo rapirono dall’appartamento che la coppia occupava e lo buttarono nel canale Villoresi. I resti rinvenuti venti chilometri più giù, nei pressi di Masate. 

Canale Villoresi: breve storia su Lampoon

La storia del canale ha condizionato lo sviluppo dell’hinterland milanese. A Expo 2015 fu tra i protagonisti: con le sue acque furono alimentati lo specchio acqueo e le fontane della Lake Arena. Già nella seconda metà del Diciannovesimo secolo, sulla scia dello slancio per le opere pubbliche generato dall’Unità d’Italia, furono sviluppate soluzioni per irrigare le aree a nord di Milano, meno produttive di quelle a sud. Erano migliaia di ettari: distese non attrattive e poco fertili, caratterizzate da terreni troppo compatti e poco argillosi, non idonei alla coltivazione di grano e cereali. Su modello del Canale Cavour appena realizzato in Piemonte, tra i progetti proposti, nel 1862 prevalse quello dell’ingegnere Eugenio Villoresi, con la collaborazione dell’ingegner Meraviglia. I due ipotizzavano la contemporanea derivazione dai due laghi di Lugano e Maggiore. 

L’idea originaria. Si pensava a un canale navigabile, in linea con il Canal du Midì nel Sud della Francia, ma la proposta si ridimensionò per via dell’opposizione di alcuni proprietari terrieri, che temevano un eccessivo sviluppo manifatturiero dell’area (come poi è successo nel Novecento). Amante della natura, Villoresi (Monza, 13 febbraio 1810 – Milano, 12 novembre 1879) era già noto nell’ambiente scientifico italiano per essere stato uno dei fondatori della Società Agraria di Lombardia. Premiarono il suo intelletto e la lotta contro difficoltà tecniche, burocratiche ed economiche. Investì tutto il suo patrimonio personale, lasciando poco agli eredi. L’ingegnere non riuscì a vedere completata la sua concezione. I lavori non erano nemmeno iniziati.

Canale Villoresi: l’inaugurazione del primo tratto risale al 1884

Appena dopo la sua morte, avvenuta nel 1879, il figlio Luigi mantenne la volontà del padre e cedette la concessione alla Società Italiana per le Condotte dacqua, una società fondata a Roma nell’aprile del 1880, per fornire acqua per usi civici, agricoli e industriali. La società iniziò gli scavi nel gennaio del 1882 e già nel 28 aprile 1884 fu inaugurato il primo tratto di 45 chilometri, fino alle Dighe del Panperduto a Somma Lombarda, recentemente restaurate. Al 1886 risale il tronco sino al torrente Bozzente, nei pressi di Lainate, mentre il percorso finale, sino a Cassano d’Adda, fu completato nel 1891. Il progetto del collegamento con Lago di Lugano a Parabiago fu invece abbandonato. La regolazione del lago Maggiore, sempre progettata dall’ingegnere Villoresi, fu completata nella sua parte principale, ovvero la diga di sbarramento alla Miorina, solo durante la Seconda guerra mondiale.

Canale Villoresi oggi

Grazie all’irrigazione consentita dal canale, dopo circa cinquanta anni la produzione di frumento era passata da alcune centinaia di migliaia di quintali a oltre un milione. Quella di foraggio raddoppiata da un milione a più di due, con un forte incremento dell’allevamento del bestiame di conseguenza. Le previsioni dell’ingegnere si erano dimostrate corrette. A Milano, in piazza Leonardo Da Vinci, di fronte alla facoltà d’Ingegneria del Politecnico, c’è una sua statua. Ha un’aria pensierosa, con il capo chino e le mani dietro la schiena, ma osservandolo meglio sembra stia sorridendo. La sua opera ha aiutato a scrivere alcune pagine di storia del territorio che hanno contribuito allo sviluppo attuale, gettando le basi per lo sviluppo manifatturiero odierno.

Il fiume Ticino a Milano

Oggi il canale è parte del paesaggio storico-naturalistico del Nord Milano. Pur mantenendo ancora una valenza irrigua, ha assunto un valore nella difesa dell’ambiente naturale nelle zone urbanizzate che attraversa. Sono stati istituiti due parchi sovraccomunali per tutelare le attività agricole e l’ecosistema dalle speculazioni edilizie. Il canale Villoresi gode di biodiversità vegetale e di una differenziata fauna ittica, che arriva dal fiume Ticino. Durante le asciutte autunnali, viene effettuata una raccolta preventiva delle specie ittiche rimaste intrappolate nelle acque, che non potrebbero altrimenti sopravvivere. Il corso del canale è affiancato da una pista ciclabile che attraversa da ovest ad est la Città metropolitana di Milano e l’intera provincia di Monza e della Brianza.

Alessandro Fusco

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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