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Human Technopole raccoglie la sfida di Expo – la ricerca, l’Italia del domani

Il centro di ricerca Human Technopole, situato nell’ex area EXPO 2015, continua quello che l’esposizione universale aveva iniziato: aprirsi al mondo, per trasformare la città in una prima scelta

Qualunque città con la fortuna e la responsabilità di ospitare un evento di rilievo mondiale, si ritrova prima o poi a fare i conti con il tema delle rovine

Tra perdita di centralità e stati di semi-abbandono, è capitato in passato che strutture e aree deputate ad accogliere competizioni olimpioniche o affini invecchiassero male. Uno scenario che non tutti i contesti sono stati in grado di prevenire e gestire. Per Palazzo Italia, EXPO Milano 2015 è ormai un lontano ricordo, ma il padiglione italiano dell’esposizione universale ha scacciato i fantasmi della decadenza presentandosi sotto una nuova forma, e abbracciando una sfida differente. L’edificio è stato ristrutturato e trasformato nella sede istituzionale di Human Technopole, centro di ricerca che promuove l’innovazione nel settore sanitario e punta a migliorare il benessere e la salute delle persone. 

In conversazione con Maria Grazia Magro, Head of Strategy & Scientific Affairs di Human Technopole. In HT dal 2019, si occupa di gestire attività nei settori della strategia scientifica, della politica istituzionale e della gestione e amministrazione scientifica.

La genesi di HT ha lanciato un segnale alla comunità di Ricerca nazionale e internazionale, che oggi può rifarsi ad un campus in via di sviluppo, composto da cinque edifici (oltre al già citato Palazzo Italia, sono inclusi gli Incubator Labs, North-South Pavilion e South Building, pronto nel 2026) e aperto all’interazione, alla diversificazione e alla condivisione della conoscenza di profili scientifici di spessore.  

Mind – Milan Innovation District

HT è localizzato nel cuore di MIND – Milan Innovation District, distretto di innovazione che, oltre ad aver dato una seconda vita all’ex area EXPO, immerge il centro di ricerca in un’ampia rete di attività e progetti condivisi con le altre realtà presenti, quali IRCCS Galeazzi, Università degli Studi di Milano e Fondazione Triulza:

«Da quando siamo attivi nell’area – ovvero dal 2018/9 – siamo al fianco dei nostri partner MIND per sostenere le attività di MIND Education, un programma di iniziative che coinvolge studenti dalle elementari all’università tramite concorsi per le scuole, visite all’area MIND, call4ideas con le università di tutta Italia e molto altro» spiega Magro. «Insieme ad Arexpo, gestore dell’area, abbiamo lo scorso anno collaborato con Fondazione Feltrinelli al progetto Science for All – come la ricerca scientifica può migliorare il viaggio della vita. Un percorso fatto di workshop, seminari ed incontri con le scuole volto ad avvicinare i cittadini e gli studenti al mondo della ricerca scientifica».

Milano e la ricerca

L’esposizione universale del 2015 ha aperto un nuovo corso per Milano, città sempre più ricca di ambizioni culturali ed economiche, entrata a pieno regime in un processo di crescita da cui la ricerca stessa trae giovamento e slancio. Gli alti costi e la discussa vivibilità potrebbero disincentivare la scelta di viverci e formarsi presso i suoi centri e istituti?

«Personalmente trovo Milano una città viva e stimolante, con tantissima varietà. Camminando per strada mi capita di scoprire scorci inaspettati e di incrociare persone che parlano lingue diverse (e non si tratta di turisti!). In questi anni Milano ha puntato molto su due elementi a me cari: internazionalizzazione e scienze della vita, La Lombardia è un importante distretto europeo per quel che riguarda il settore life science, qui hanno sede alcune delle più importanti aziende del settore biomedicale e farmaceutico. La scelta quindi di creare in quest’area un nuovo quartiere dedicato a scienze, ricerca e innovazione non è casuale. Da EXPO 2015 in avanti Milano è diventata una città vivace, dinamica e molto internazionale. Per noi questo è un elemento di forte attrattività: a regime almeno il 50% dei dipendenti di HT arriverà dall’estero e dobbiamo poter garantire accesso a scuole internazionali e adeguati servizi di supporto per cittadini stranieri. Mi auguro che nei prossimi anni Milano continui ad essere una città accogliente e alla portata di tutti». 

Le cinque aree di ricerca di Human Technopole

Human Technopole opera su cinque aree di ricerca complementari: Genomica, Neurogenomica, Biologia Strutturale, Biologia Computazionale e Health Data Science: «La missione di HT è di migliorare la salute ed il benessere delle persone grazie a ricerca di frontiera nell’ambito delle scienze della vita» illustra Magro. «I nostri cinque centri di ricerca sono stati pensati per essere altamente interdisciplinari e finalizzati alla creazione di nuovi approcci di medicina personalizzata e preventiva». 

Perché si parla di medicina personalizzata? 

«Le nostre sequenze di DNA sono identiche al 99.9%, tuttavia il nostro aspetto, la nostra reazione a cibi, farmaci ed infezioni differiscono da individuo a individuo. Le malattie con una componente genetica come il cancro o il diabete non sono un’unica malattia, ma un insieme di malattie diverse, ciascuna con le proprie caratteristiche, fattori di rischio, cause e cure. La medicina personalizzata rappresenta un modo per fornire in futuro a ciascun individuo la cura più adatta, evitando terapie che possono essere inefficaci o addirittura dannose per i singoli pazienti».

«Abbiamo già avviato alcuni progetti congiunti con altri enti o ospedali di ricerca attivi sul territorio italiano. Per esempio, il progetto Moli-sani che prevede la caratterizzazione genomica completa dei partecipanti ad uno studio di popolazione in corso da anni e sviluppato dall’Istituto Neurologico Mediterreneo – Neuromed IRCCS, in Molise. Tra il 2005 e il 2010, lo studio ha reclutato oltre 24.000 persone con più di 35 anni residenti nella regione, i cui dati verranno ora utilizzati dai ricercatori di HT per individuare fattori di rischio o protettivi (ad esempio ambientali, genetici, biomolecolari) rispetto all’insorgenza di malattie cronico-degenerative, con particolare riguardo a cancro, malattie cardiovascolari e loro forme intermedie, tra cui ipertensione, diabete, dislipidemia, obesità e sindrome metabolica». 

Human Technopole – una panoramica dei primi tre anni di attività

«In questi tre anni, quindi, abbiamo lavorato duramente per porre le basi di un centro di ricerca che possa essere un’avanguardia non solo italiana, ma mondiale. Nonostante la pandemia, le attività di costruzione degli edifici di Human Technopole non si sono mai fermate. Al momento dell’insediamento del Direttore Mattaj nel gennaio 2019, HT partiva con 500mq di uffici: oggi ci estendiamo su 20.000 mq, tra uffici e laboratori. Abbiamo installato i cinque microscopi della facility di crio-microscopia elettronica e le prime macchine per il sequenziamento di nuova generazione nella facility di genomica. In secondo luogo, abbiamo implementato un intenso piano di assunzioni: tre anni fa eravamo in 13!» commenta Magro.

«Oggi possiamo contare su un organico di oltre 250 persone, tra ricercatori, tecnici, studenti di dottorato e amministrativi. Infine, la ricerca, la formazione e la divulgazione scientifica. Con un Istituto ancora non del tutto “a regime”, i nostri scienziati hanno già iniziato a pubblicare con la loro nuova affiliazione HT e stanno arrivando i primi riconoscimenti. A gennaio 2022, il progetto di ricerca sulla tiroide di una nostra ricercatrice, Francesca Coscia, è stato premiato con lo ERC Starting Grant, uno dei più importanti fondi di ricerca europei e altri importanti finanziamenti saranno in arrivo nei prossimi mesi. Abbiamo avviato la nostra attività di formazione scientifica a beneficio di ricercatori esterni ad HT, con due workshop già organizzati e diversi in previsione per il 2022. Per i giovani scienziati, abbiamo inoltre lanciato l’Early Career Fellowship Programme, borse di studio per finanziare l’attività di ricerca indipendente in Italia di cinque giovani ricercatori. La strada per portare l’istituto a regime è ancora lunga, ma siamo sicuramente molto soddisfatti dei risultati raggiunti fino ad ora». 

Remember My Name 

Attraverso l’operato di Human Technopole, il valore generato dalle geografie di EXPO non è finito nel dimenticatoio. Una simile missione di recupero è stata riproposta da HT con la campagna social #RememberMyName: per impedire che anche il valore generato dalle persone di scienza si perdesse nel tempo, complice una scarsa copertura mediatica, si è ritagliato uno spazio per risultati di ricerca e nomi meno popolari, come Maria Gaetana Agnesi (1718-1799) o Barbara McClintock (1902-1992):

«La campagna di comunicazione #RememberMyName nasce a marzo 2020 con la volontà di raccontare le scoperte e le idee rivoluzionarie di scienziati e scienziate meno noti che con il loro talento, la loro competenza e dedizione hanno avuto un impatto fondamentale sulla vita di ciascuno di noi» evidenzia Magro. «Pensiamo per esempio a Rosalind Franklin che ha contribuito alla scoperta della struttura del DNA. O a Edward Jenner che oltre a coniare la parola “vaccino” fu il primo a condurre esperimenti scientifici sulle vaccinazioni. La campagna #RememberMyName ha voluto rendere omaggio e dare visibilità anche a tutte quelle donne che hanno dedicato la propria vita alla ricerca scientifica, ma sono cadute vittime del cosiddetto effetto Matilda: quando il risultato scientifico ottenuto da una donna, viene attribuito del tutto o in parte ad un uomo. Ne è un esempio Jocelyn Bell Burnell, autrice di numerose scoperte come le pulsar (stelle di neutroni) e i segnali emessi dalla loro rotazione. Una scoperta da Nobel che però venne assegnato al suo supervisore». 

«L’anno scorso» prosegue Magro «abbiamo inserito nel concorso per le scuole elementari e medie “A City in MIND”, la possibilità di vincere il premio speciale #RememberMyName che offriva agli studenti la possibilità di dedicare uno spazio all’interno di HT ad uno scienziato meno conosciuto. Sono risultati vincitori gli studenti della 3 A dell’Istituto Rizzoli di Pregnana Milanese con la proposta di ricordare Eva Mameli Calvino, prima donna a ricoprire la cattedra di Botanica in Italia (nonché madre dello scrittore Italo Calvino)». 

Una via per Rita-Levi Montalcini

A maggio 2021 si è tenuta la cerimonia di intitolazione delle prime tre strade di MIND. Tra queste, il Cardo, sede di HT, è stata dedicata al premio Nobel per la medicina Rita-Levi Montalcini (1909-2012). Una scelta che punta a sottolineare il contributo femminile tra ricerca e innovazione, ma che favorisce anche una riflessione esterna e interna sul divario che ostacola le scienziate in termini di riconoscimento. Nel capoluogo lombardo qualcosa comincia a smuoversi: presto di fronte alla sede dell’Università degli Studi di Milano di Via Festa del Perdono sorgerà una statua di Margherita Hack, che rimane comunque per ora la prima mai dedicata a una scienziata in Italia, dove la percentuale di luoghi intitolati a donne tra vie e piazze rimane esigua:

«La scelta di dedicare la nostra via a Rita Levi-Montalcini è sempre parte dello sforzo nato con #RememberMyName e portato avanti con i nostri partner di MIND e con il supporto del Comune di Milano. Abbiamo scelto infatti di avviare insieme un progetto di toponomastica per il nuovo quartiere milanese dedicato a scienza e innovazione. In Italia oggi solo il 5% delle vie sono intitolate a donne, ma noi vorremmo invertire questa tendenza. Il contributo femminile al mondo del lavoro in generale, e nella scienza in particolare, è troppo spesso sminuito o lasciato nell’ombra».

«Come istituto abbiamo un Gender Equality Plan che mira a combattere gli stereotipi di genere, ad incentivare le carriere in ambito STEM e a promuovere la leadership femminile» prosegue. «Oggigiorno c’è sicuramente molta più sensibilità all’interno della comunità scientifica sulle questioni di genere rispetto anche solo a dieci o quindici anni fa. È importante, tuttavia, che l’attenzione rimanga alta e non perdiamo l’occasione di continuare a migliorare e offrire opportunità sempre maggiori e migliori alle future generazioni». 

Scienza in discussione

La crescente consapevolezza sull’impatto di specifiche pratiche sull’ambiente e sull’organismo hanno mutato la sensibilità sociale e le prassi quotidiane di milioni di persone. Tuttavia, il radicamento di determinati sistemi produttivi e culturali rende difficoltoso intervenire sul presente e plasmare il quotidiano in tempi brevi e funzionali. Spesso la teoria si scontra – più o meno criticamente – con ideologie e situazioni contingenti e particolari. La voce della scienza, in tempi di crisi pandemica, è stata più volte delegittimata; lo stesso fenomeno viene vissuto sulla pelle della sostenibilità e dei diritti sociali. Indipendentemente dalla vitalità di una comunità scientifica che si propone di migliorare la qualità della vita, il pregiudizio può allontanare dall’inversione di rotta.

«Più che di bias, penso ci sia un problema di aspettative nei confronti della scienza. Aspettative che la pandemia ha solo ulteriormente accentuato e distorto. Da un momento all’altro scienza e ricerca sono finite sotto i riflettori di tutto il mondo. Tutti hanno voluto da noi risposte, previsioni, soluzioni. Ma il fascino del lavoro del ricercatore è proprio quello di doversi continuamente interrogare, di avere più dubbi e domande che certezze. Abbiamo visto come questo ha creato non poche frizioni nei mesi passati. La politica, le istituzioni, i cittadini hanno preteso dalla scienza risposte che non c’erano. Si son chieste soluzioni rapide e immediate a chi è abituato ad aspettare anni per un risultato. Mi piacerebbe vedere un’interazione diversa tra scienza e società: è indispensabile individuare una nuova modalità di dialogo che permetta all’una di comprendere e sostenere l’altra. Chi si occupa di scienza e ricerca deve farsi carico di un dialogo con i cittadini: una opportuna informazione scientifica è cruciale per spingere i cittadini a compiere scelte corrette per sé stessi e per la collettività».

ERC Starting Grant 

Ogni anno, migliaia di professionisti qualificati e giovani lavoratori cercano fortuna professionale all’estero, attirati da condizioni, prospettive e sfide che l’Italia non sempre garantisce:

«I dati degli ultimi ERC Starting Grant (i più importanti finanziamenti per la ricerca promossi dalla Commissione Europea) mostrano come, anche quest’anno, i ricercatori italiani siano in cima alla classifica per numero di borse di studio vinte. Tuttavia, il numero di borse assegnate a ricercatori attivi presso istituti italiani non è altrettanto alto. La formazione dei ricercatori italiani è quindi riconosciuta a livello internazionale, ma nel nostro Paese mancano spesso le risorse e le strutture per poter fare ricerca in modo competitivo». 

«Ci sono comunque molti segnali incoraggianti dal sistema ricerca italiano: ad esempio, che quest’anno l’Italia primeggi, a pari merito con il Regno Unito, per i grant Proof of Concept. Questi grant sono assegnati a ricercatori, già vincitori di un ERC, per aiutarli a gestire le prime fasi di commercializzazione dei propri risultati di ricerca. A dimostrazione del fatto che la ricerca svolta in Italia ha un elevato potenziale di trasferimento tecnologico, ovvero la capacità di trasformarsi in un beneficio tangibile per la società e che i ricercatori desiderano sfruttare questo potenziale.

La fenomenologia della cosiddetta “fuga di cervelli” non è da approcciare con superficialità:

«È innegabile che esistano delle difficoltà» spiega Magro «però non bisogna dimenticare che maturare esperienza all’estero è un elemento necessario nel percorso di formazione di uno scienziato e che i ricercatori non perdono fiducia nel sistema ricerca italiano e desiderano tornare non appena trovano le giuste condizioni». 

Il modello Human Technopole

Fare ricerca in Italia rimane una strada percorribile per molti. E non costituisce necessariamente un piano B, come sottolinea Magro in virtù dell’esperienza HT: «Tanti dei nostri ricercatori hanno scelto di venire in HT nonostante avessero in contemporanea offerte da università e istituti prestigiosi all’estero. I dati che arrivano dai nostri colleghi delle risorse umane dimostrano come, offrendo condizioni competitive a livello internazionale, l’Italia diventa un Paese molto attraente per il mondo della ricerca: nel 2021 abbiamo assunto oltre cento persone di 20 nazionalità diverse, con un’età media di 35 anni. Il 63% del nostro personale scientifico arriva dell’estero e per la maggior parte HT rappresenta la prima esperienza di lavoro in Italia». 

«La nostra ambizione è quella di diventare un centro competitivo a livello internazionale, al pari dei migliori centri di ricerca al mondo. Ci auguriamo che il modello HT possa essere un esempio virtuoso cui guardare per tutta la comunità scientifica». 

I modelli esteri e nazionali di Human Technopole

«Alcuni istituti europei a cui, per diversi aspetti, si ispira Human Technopole sono il Francis Crick Institute di Londra, l’EMBL con sede principale a Heidelberg, il Wellcome Sanger Institute vicino Cambridge, il Max Planck Institute for Cell Biology and Genetics di Dresda o il Centre for Genomic Regulation di Barcellona».

Filippo Motti

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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