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Orsoni Venezia 1888 è l_ultima fornace storica della Laguna a produrre smalti veneziani e mosaici in foglia d_oro 24K, in oltre 3.500 tonalità di colore. Foto reportage Team Editoriale Lampoon Magazi
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‘Se vuoi fare mosaico, devi pensare mosaico’ – La fiamma viva del Made in Venice

Nella storia di Orsoni Venezia 1888, la produzione di mosaici in foglia d’oro e smalti secondo tecniche bizantine si fonde con sostenibilità, trapasso delle competenze e collaborazioni – la sua Biblioteca del Colore ospita i Maestri d’arte di Cartier

Lampoon intervista Riccardo Bisazza, presidente di Orsoni Venezia 1888

Riccardo Bisazza è presidente di Orsoni Venezia 1888, unica fornace a fiamma viva attiva nel capoluogo veneto che produce smalti veneziani e mosaico in foglia d’oro in oltre 3.500 tonalità, secondo le tecniche musive bizantine, e board director di TREND Group. Un luogo che ha scritto la storia di monumenti e luoghi di culto, come la Sagrada Família, l’opera simbolo di Antoni Gaudí. L’architetto spagnolo rimase folgorato da una creazione presentata all’Esposizione Universale di Parigi del 1889: si trattava di un pannello multicolore, il Pannello Storico, ad opera della realtà fondata un anno prima da Angelo Orsoni. Quel campionario di tessere di smalti e oro rappresentò una sorta di epifania per l’architetto spagnolo, che utilizzò gli smalti Orsoni per decorare la chiesa più nota di Barcellona. 

Orsoni Venezia 1888 – storia ed evoluzione fino all’ingressi in TREND Group

L’operato della fornace ha lasciato il segno su una lunga lista di costruzioni note in tutto il mondo, dalla Torre dell’Orologio della Mecca alla Cattedrale di Westminster, passando per la Basilica di San Pietro. Orsoni Venezia 1888 adotta fin dalla sua nascita le tecniche artigianali bizantine per produrre mosaico in foglia d’oro e smalti veneziani declinati in un ampio ventaglio di sfumature, tramite la fusione del vetro con il colore. La medesima educazione allo strumento è stata tramandata per generazioni, dentro e fuori la famiglia, affermando la fornace come un punto di riferimento mondiale nel campo delle decorazioni musive. Merito anche di un locale come la Biblioteca del Colore, luogo simbolo della fornace dove a riempire gli scaffali di legno sono migliaia di tonalità. Oltre tremilacinquecento, per la precisione.

Un processo di ricambio e trasmissione delle competenze che prosegue tuttora. Anche per preservare quel sogno chiamato Made in Italy: «Il Made in Italy è essenziale per chi lo fa. Non lo considero decadente. In tutti i mercati ha un suo valore. Certo, bisogna essere bravi a dimostrare di farlo. Noi, addirittura, facciamo il Made in Venice». Oggi la fornace fa parte di TREND Group, gruppo nato nel 2000 che opera a livello mondiale nella produzione di mosaico di vetro e in foglia d’oro, smalti veneziani e superfici in pietra ingegnerizzata di alto design connesso al mondo dell’architettura, del design e dell’haute couture. Lato Orsoni, è impegnato nella gestione delle fasi progettuali e nel conferire slancio crescente a una realtà unica del territorio nazionale tramite tecniche produttive e di progettazione 4.0. Le collaborazioni con architetti, costruttori e interior decorator fruttano progetti in più aree, dal design all’hospitality, dalle strutture sanitarie ai trasporti. 

Orsoni Venezia 1888 e TREND Group: le iniziative per tramandare il sapere artigianale

Il saper fare artigianale condivide con Venezia una certa fragilità, che costringe a una lotta contro il tempo e alla ricerca di nuovi equilibri tra risorse umane ed economiche a disposizione. La combinazione tra una realtà storica della città e il gruppo permette di guardare al trasferimento generazionale delle competenze con altri occhi, a partire da progetti in essere che mettono le basi per il futuro.

«Il gruppo ha una mentalità industriale, ma è riuscito a calarsi in una realtà artigianale» prosegue Bisazza. «Non è semplice perché cambiano i paradigmi e le regole del gioco. C’è una schiera di artigiani che oggi la vedono più lunga, e si impegnano a vedere quale potrebbe essere lo sbocco del futuro. Tralascio quelli che ormai non ce l’hanno in testa, e nel giro di poco tempo non ci saranno più. Un grosso problema, nella città di Venezia».

«I percorsi formativi per noi sono una delle basi del gruppo» continua. «Si passa sia da percorsi di incentivazione, formazione e studio, per quanto riguarda il gruppo TREND, fino a arrivare all’artigianato di Orsoni. Qui non ci accontentiamo più di avere il classico affiancamento da bottega, dove una volta valeva (e vale ancora) il discorso “comincia a fare e sbaglia pure, che prima o poi impari”. Oggi ci sono degli strumenti di supporto (anche della Regione) e finanziamenti che permettono di poter avere figure professionali – chiamasi collaboratori, professionisti – che ci possono dare una mano».

La Scola del mosaico a Venezia

Tra le iniziative realizzate negli ultimi anni, la scuola formativa Scola: «Sta sotto il cappello di un progetto più ampio del gruppo TREND, che nasce un anno e mezzo fa con la creazione di spazi dedicati ad academy. Sempre affiancati da Regione (in quel caso Friuli-Venezia Giulia) si è creato uno spazio adatto alla prima formazione, first level entry delle persone selezionate. Non ci sono skiller, si va per persone fidate, con cui cominciare il training interno. Si ritrovano in un ambiente unico. Il piacere di lavorare in mezzo a tremilacinquecento colori non è paragonabile ad altri lavori più sistematici e ripetitivi. Il discorso della formazione è essenziale e continueremo a fare cambi generazionali. Sono in Orsoni da cinque anni, la conosco dal 2003, e difficilmente abbiamo avuto persone che se ne sono andate, se non per la pensione. Il tempo per l’affiancamento classico della bottega non è mancato, e ci ha permesso di continuare ad andare avanti. Senza questo lavoro, le aziende artigianali sono logicamente destinate a diminuire, perché non c’è impegno sul ricambio». 

Il percorso formativo di Orsoni Venezia 1888 con la Stazione Sperimentale del Vetro

«Abbiamo interpellato la Stazione Sperimentale del Vetro con i due ex direttori che si sono messi a disposizione come collaboratori per far crescere un ragazzo di vent’anni, Costantino, che non poteva avere uno stile, perché non esiste letteratura su questo. Quindi con loro abbiamo impostato un percorso di tre mesi sulla parte teorica e ora più sulla pratica, perché poi tutte quelle alchimie che si sono sempre fatte in Orsoni sono rimaste non dico segreti, ma cose talmente particolari che è difficile riuscire a copiare un processo fatto di tante esperienze vissute al di là delle cose scritte». 

Le tecniche di lavorazione artigianale rendono impossibile la contraffazione

Il bagaglio di tecniche secolari adottate unito alle conoscenze maturate con l’esperienza diretta dagli artigiani costituiscono le armi più efficaci con cui difendere un prodotto di alto design dal rischio di contraffazione: «È talmente sartoriale e fatto mano che chiunque vada a contraffare le cose fa fatica. Il nostro prodotto non è finito come possono esserlo borse o foulard. Fa parte di un progetto che prevede una installazione effettuata da un mosaicista specializzato, che valorizza il lavoro artistico fatto prima perché viene posato». 

«Abbiamo istituito anche corsi di certificazione, ed è importante per il cliente finale: sono dei master in posa dove poniamo sotto stress il posatore o quello che vogliamo certificare. Il nostro prodotto non è paragonabile al comprarsi una piastrella di ceramica o materiale da rivestimento. È qualcosa di molto più complesso. Si fa fatica. Aggiungi il lavoro dietro a 3500 colori, e creare il colore dal vetro trasparente aggiungendoci ogni dieci minuti dei minerali a infusione per raggiungere la tinta» spiega Bisazza. «Il processo di raggiungimento di tinta si chiama “assaggio del colore”. Ill maestro del colore vede come il colore sta venendo fuori, e quando giudica che sia pronto si va in produzione. Quindi non è un buttare in ricetta con la sicurezza che esca fuori qualcosa di simile». 

«Noi partiamo da un vetro cristallo trasparente che andiamo a colorare per fare la tinta. Nella stessa giornata facciamo anche quattro o cinque sei gradazioni di quel colore. Sono tecniche tramandate dai tempi bizantini, acquisite a Venezia ancora nel 1100, quando il vetro è arrivato a Venezia dalla Quarta Crociata. Oggi Orsoni è tenutaria. Tutti quelli che l’hanno fatto in passato non ce l’hanno più. Noi continuiamo a preservarlo e vogliamo tramandarlo con la formazione».

Sostenibilità tra Orsoni Venezia 1888 e TREND Group

TREND Group si impegna a valorizzare agli occhi di chiunque si addentri nel suo mondo la filosofia green della propria filiera localizzata, dalla comunicazione ai materiali, che soddisfano standard ambientali e di salute pubblica e concorrono al riconoscimento di crediti LEED, standard mondiale per le costruzioni eco-compatibili. I prodotti del gruppo contengono fino al 78% di materiali riciclati post-consumo.

«Il merito va soprattutto all’amministratore delegato Andrea Di Giuseppe, mio cognato. Con lui siamo andati negli Stati Uniti nel 2002, poi in Australia nel 2003. in quei paesi c’era già una forte sensibilità al green. Sia per ragioni prevalentemente di business, come nel caso gli USA, sia per un aspetto insito, come l’Australia» ricorda Bisazza. «L’intuizione di Andrea era di intraprendere fin da subito un percorso di green sustainability. Per far questo, l’Italia non era pronta. Non c’erano consulenti o aziende che potessero instradarti verso un percorso simile».

 «Siamo partiti dall’uso del vetro di riciclo, che si rifonde post consumer. Si trattava di andare a riformulare le formulazioni per raccogliere fino all’88% di vetro post consumo nei nostri prodotti. Parliamo di bottiglie del latte, profumi, fanali delle auto. Tutto quello che viene buttato in una campana, pulito, diviso in colori, noi lo maciniamo e lo usiamo in composizione dei prodotti. Poi si è passati al Life Cycle Assessment, e abbiamo iniziato a lavorare sui packaging, senza nastri adesivi, con la carta, niente elementi plastica. Questo tra il 2003 e il 2005, non nel 2020». 

«Le nostre linee si sono trasformate in eco friendly. Tutte quelle che avevano delle componenti che potevano essere sostituite, lo sono state. E ancora, ottimizzazione nella riduzione del consumo idrico, con lo studio di nuovi sistemi di filtraggio e drenaggio, e riutilizzo nei processi produttivi. In ultimo, l’uso della tecnologia Microban, azienda leader nella produzione di prodotti microbatterici, per far sì che certe nostre produzioni, nella fattispecie negli Stati Uniti, avessero un carico batterico molto basso. Questo ci ha permesso di sostenere ospedali americani e italiani, in termini di igienizzazione e antibattericità dei prodotti. Un processo avviato tanti anni fa, per riuscire a far sì che una filiera al servizio del gruppo TREND fosse certificata per offrire un prodotto ecosostenibile. Ci sono voluti anni, ma ci siamo riusciti». 

La storia del mosaico fino ai giorni nostri

Un periodo decisamente più lungo racchiude le varie tappe della storia del mosaico fino ai giorni nostri, Orsoni compresa. «Il vetro nasce nel 3000 a. C. Dall’uso del mosaico come materiale duro, i quindi pezzettini di mosaico che trovi nelle pavimentazioni di Pompei, si passa all’uso sulla parete, perché considerato decorativo. Ed esclusivo, perché ci si metteva talmente tanto tempo ad attaccare una tessera uno a uno che aveva un costo di manodopera elevato». 

«C’è poi un cambio che ha sviluppato Orsoni: non si andava più ad attaccare le tessere una ad una, ma a premontarlo su dei fogli per avere pose più veloci. Quindi diminuisce il prezzo, si allarga il mercato e si può andare a sviluppare mosaico. Come, ad esempio, negli anni Settanta sui grattacieli di Hong Kong, che erano tutti rivestiti di mosaico. Questo me lo raccontava il mio papà, e l’ho potuto rivivere nelle mie esperienze lavorative». 

«Si ritrova poi un uso con materiali poveri di Carlo Scarpa o in altre applicazioni, perché l’accento del mosaico in una parete di cemento aveva un suo perché, un suo valore. Infine nei luoghi religiosi di prestigio, in alto o in basso, dai pavimenti della Basilica di San Marco fino alle cupole dorate. Oppure gli ultimi lavori che stiamo facendo tra Washington e la più grande Cattedrale Ortodossa al mondo, in Romania. Il mondo religioso ha abbracciato il mosaico d’oro. Orsoni è tenutaria di più di venticinque gamme, anche di smalti per santi e madonne. C’è una interpretazione del mosaico di architetti e interior decorator che vogliono impreziosire le case di clienti alto spendenti, perché il vetro in particolare con la giusta luce riflette vibrazioni di colore che altri materiali non hanno». 

Lucio Orsoni: Se vuoi fare mosaico, devi pensare mosaico

«Prendo una citazione di Lucio Orsoni: Se vuoi fare mosaico, devi pensare mosaico. Mi sono accorto che quando sono stimolato da delle immagini, le trasformo in mosaico» precisa Bisazza. «Quando vado a ragionare con persone che mi parlano di pixel, per me il pixel da quando sono nato è il mosaico. Per me è una logica conseguenza di quella che è una passione, perché da lì nasce tutto». 

«Un percorso che ho fatto, e che mi porta a dire che il mosaico non deve essere interpretato come oggi si continua a fare, come l’inserimento di una tessera quadrata, ma può avere sfaccettature molto più interessanti» continua. «Lo associamo tutti allo studio sui libri, ma per me è un materiale che non muore mai. Magari ha dei picchi, negli anni, dove è più o meno in voga, però il mercato che ha il gruppo e anche Orsoni è trasversale, con applicazioni di svariati tipi».

Il rapporto tra Orsoni e la città di Venezia

Emblematico del legame tra Orsoni e la città è il duraturo sodalizio con la Basilica di San Marco, che attinge alla fornace per i mosaici delle sue decorazioni musive: il quid in più rispetto al resto del mondo è l’effetto garantito dall’Oro San Marco, che soltanto Orsoni produce. La storia di quest’ultima è poi costellata di iniziative pensate per il tessuto cittadino artistico e sociale. È il caso della donazione nel 2021 di un mosaico da oltre cinquemila tessere all’ospedale Civile ai santi Giovanni e Paolo per omaggiare la tenacia e il coraggio del personale sanitario nella fase più critica della pandemia, o delle collaborazioni con la Biennale. Nell’ambito della Biennale Arte 2022, il progetto espositivo Padiglione Venezia porta infatti anche il tocco di Orsoni, con la presenza di crogioli firmati.

«Orsoni è l’unica fornace che può avere fuoco attivo a Venezia. Non ci troviamo a Murano, siamo proprio vicini al Ghetto» sottolinea Bisazza. «Questo ci carica di responsabilità non solo nei confronti dei soci che hanno acquisito, ma anche della città che ci rispetta, perché facciamo parte di quel gruppo di artigiani che vogliono ancora esserci e dire la loro in una città complicata». 

L’introduzione di un biglietto d’ingresso per visitare Venezia

È notizia recente l’introduzione di un biglietto d’ingresso per visitare Venezia, vittima di un turismo intensivo che mal si concilia con la vivibilità del luogo ricercata da residenti e lavoratori, e con l’impegno di custodire l’integrità della città stessa. «Persone che vivevano qui quindici, venti anni fa mi dicevano che era totalmente diversa» osserva Bisazza. «Sempre città universitaria e città d’arte, ma più ricettiva ai servizi ai cittadini. Adesso è totalmente cambiata» afferma Bisazza. «Non può essere una Disneyland italiana, con tutto questo afflusso di massa che va a gravare sulla città, che ha bisogno di continua manutenzione». 

Il desiderio è che Venezia diventi città sostenibile, «rivitalizzando zone che oggi sono ancora lasciate andare, con progetti realizzati assieme all’università per far sì che queste zone vengano abitate da studenti». In questo senso Orsoni è attiva con l’Università Ca’ Foscari, con cui collabora da ormai dieci anni in particolare sui temi dell’artigianato. Ma non è la sola realtà con cui si è aperto un tavolo di confronto: «Ci sono fondazioni, banche, investitori che considerano Venezia un patrimonio, e fanno sì che le Procuratie vecchie siano rimesse a posto e siano utilizzabili. Permettono di fare ragionamenti forti, non solo sogni sull’Arsenale».

Che ruolo è destinato a giocare l’artigianato nel contesto veneziano? 

«La difficoltà che troviamo noi è che certe lavorazioni, specialmente in Orsoni, sono uniche. Non c’è una scuola. L’abbiamo creata noi per far sì di avere un ambiente dove le persone interne neo-assunte abbiano il tempo giusto per essere educate a quel tipo di lavoro» spiega Bisazza. «Noi entriamo in gioco con dei tavoli di discussione dove artigiano e artigianato potrebbero e dovrebbero avere più possibilità. Diamo spazio. Venezia città d’arte rimane, ma contorniamola di altre attività. Che non devono essere necessariamente legate alle maschere come centinaia di anni fa, ma sono lavori che una città dovrebbe avere, perché comunque Venezia attira. I servizi purtroppo sono sempre meno».

Orsoni Venezia 1888 e la digitalizzazione

Artigianato e digitalizzazione sembrano contrapporsi, come tangibile e intangibile. Ma l’apporto di TREND Group ha integrato l’attività della fornace con strumenti, progetti e prospettive capaci di trasmettere online il valore offline, visivo e tattile, delle creazioni di Orsoni. «Qui entra in maniera forte il gruppo. Avendo la fortuna di farne parte, beneficiamo di ottimizzazioni di competenze, ma anche di sistemi gestionali. L’artigiano di suo non ce l’ha. Lavora in Excel, per fare le fatture. Già averne uno ha aiutato a organizzarsi in una certa maniera. Per quanto riguarda la parte di esposizione al cliente finale, abbiamo dei software di proprietà che fanno sì che da un bozzetto si traduca l’espressione di mosaico, almeno visiva. Questi tool aiutano a presentarsi meglio e a far capire al cliente finale come sarà la sua parete, e cosa può diventare».

Il progetto Suoni dalla Biblioteca del colore

«In Orsoni è un percorso che abbiamo portato avanti con l’Università» continua Bisazza. «Orsoni è molto legato all’Università, tutte quelle a Venezia. Che si tratti di Ca’ Foscari Business School, che ha delle branche che vanno sul cultural, sia Iuav architettura, sia Accademia delle Belle Arti. Bene o male sono i tre pilastri su cui Orsoni si poggia. Ci sono una serie di progetti che l’università spinge. Ne abbiamo fatto uno dove abbiamo creato dei percorsi di poesie della biblioteca del colore. È il nostro spazio, tecnicamente un magazzino, quindi è sempre atto alla produzione. Ma è talmente bello che ci facciamo tante cose al pomeriggio e alla sera. Ospitiamo conferenze sul colore, che è una cosa che ci interessa». 

Tra queste, il progetto Suoni dalla Biblioteca del colore, realizzato in collaborazione con D20 Art Lab di Ca’ Foscari. «Ci sono spazi in biblioteca con delle scaffalature in legno, che hanno determinati colori. Il progetto è stato quello di invitare una poetessa, di sentire le nostre storie e trasformarle in poesia, di dargli un audio puntuale. Una postazione da una persona che ascolta una poesia, che penetra, perché è un bisbiglio». Gli audio in questione sono disponibili sul sito di Orsoni, nella sezione dedicata alla Biblioteca del colore.

Quanto in là può portarvi la digitalizzazione? «In quel caso l’innovazione è culturale, atta ad aumentare l’emozione della visita, per poi convertirla in vendita sui presenti. Di recente c’è un progetto che sta mandando avanti Ca’ Foscari con gli ITS, con ragazzi ancora più giovani, persone “vergini” in termini di formazione, a differenza degli universitari. Diretti da Ca’Foscari con il suo sistema di sviluppo, abbiamo iniziato a fare un virtual tour supportato da storytelling. Si è chiusa la prima fase di prototipazione, ora entriamo nella seconda di implementazione e andremo avanti sviluppando un open source che darà la possibilità anche a noi di aprire altre stanze. Lo scopo non è portare Orsoni fuori, ma aumentare l’emozione della visita con degli appunti di tecnologia. Questo aiuterà molto anche l’aspetto museale. La digitalizzazione è uno strumento che vogliamo utilizzare in maniera giusta, senza abusarne».

La Biblioteca del Colore ha ospitato i Maestri d’arte di Cartier

«Quando hai a che fare con realtà uniche, l’azienda deve sapersi porre sul medesimo piedistallo» continua. «In questo modo si riescono a portare avanti collaborazioni. Cartier è un esempio in questo senso». La collaborazione con la Maison francese è stata celebrata ad aprile 2022, quando la Biblioteca del Colore ha ospitato i Maestri d’arte di Cartier per un evento espositivo congiunto che affiancava alla creazione di orologi e gioielli la dimostrazione del mosaico artistico e del micromosaico. Un modo per suggellare l’allineamento sul tema dell’artigianato, concepito come eccellenza da lasciare in eredità alle nuove generazioni.

Le collaborazioni di Orsoni Venezia 1888 con il mondo della moda

Proprio il mondo della moda ha bussato più volte alla porta di Orsoni: «Che si chiami Cartier, Louis Vuitton, Hermes, Armani, sono tutti curiosi di vedere il fatto a mano» spiega Bisazza. «Da un paio di anni queste aziende vogliono coinvolgere l’artigiano». È il caso di Mosaica, la borsa realizzata da Orsoni per Dior con duemiladuecento tessere in foglie d’oro da ventiquattro carati. Si tratta di una reinterpretazione della borsa Lady Dior, disegnata dall’artista italiano Fabrizio Plessi per celebrare Venezia: «Un elemento poco indossabile, ma iconico. Sono venuti da noi, e hanno capito che in Orsoni potevano provare ampie libertà sia di colori e ori che di tecniche».

Per Bisazza la solidità di Orsoni Venezia 1888 è tangibile proprio durante simili incontri: «Orsoni, avendo la fortuna di essere dentro a un gruppo, può permettersi di non essere sfruttato. Il mondo fashion è talmente veloce che puoi esserci oggi, ma tra tre settimane no» prosegue. «A me interessa essere una tavolozza a colori al servizio di designer, interior decorator, architetti, artisti. Il fashion viene di conseguenza. Possiamo permetterci di dire tanti no e pochi sì, perché siamo apprezzati e sponsorizzati dalla città». 

La fornace come luogo di lavoro

L’esperienza della pandemia ha ridisegnato gli spazi del lavoro, spingendo diverse realtà a rivedere i propri modelli. Si va oltre l’inclusione dello smartworking, di cui non tutti i settori possono beneficiare. «Il gruppo ha sedi produttive sparse per il mondo. Questo nel periodo del Covid non ci ha spaventato, l’e-commerce lo facevamo da sempre. Qui in primis abbiamo cominciato a definire che lo smart working è una gestione di un ufficio da casa il più possibile performante. Quando produci, o sei in un ambiente artigiano, il piacere è viverla, esserci. Abbiamo bisogno di confrontarci e vedere. È un lavoro non così programmabile e intuibile. Non posso dire da remoto a un maestro del colore ‘prova a fare così’». 

Guardando ai prossimi anni, sarà cruciale il tema della vivibilità, su cui fondare uffici più sostenibili

«Il piacere che vedo nelle persone quando vengono in fornace è tutto nelle reazioni. Ci dicono che siamo fortunati a lavorare in un posto pieno di colori, e ad avere a che fare con attività produttive. Questo per me è un punto vincente delle aziende che possono permetterselo di fare». La parola chiave, per Bisazza, è maestranze. «Il maestro è uno che ha imparato il mestiere. Questo è il piacere che vedo nelle persone quando vengono a farci visita», afferma Bisazza. 
L’automatizzazione crescente in cui siamo immersi ha disabituato l’occhio al fatto a mano e all’unicità del processo, dall’artefice al risultato. Aprendo le proprie porte al pubblico, la fornace restituisce un’esperienza distante anni luce dalla serialità: «Orsoni è aperta ai cittadini due mercoledì al mese gratis. Non vogliamo fare ticketing o altro. Sappiamo che quei visitatori probabilmente non compreranno mai Orsoni, stiamo parlando di borghesia. Il nostro è un target molto più alto. Quelli li raggiungiamo con altri canali. Io vedo però il feedback di chi entra e vuole implementare l’aspetto culturale di una realtà particolare. Apprezzano che continuiamo e a tener su questo saper fare senza decidere di automatizzarlo o portarlo fuori o sminuirlo. Qua si coltiva l’arte del fare».

Filippo Motti

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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