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D’Orica e il distretto italiano della seta a Nove, Vicenza

La seta emblema della circolarità: ogni scarto riutilizzato – fibroina per la seta, sericina per la cosmesi, la larva cibo per animali

Como città della seta

Dal Sedicesimo secolo Como è conosciuta come la città della seta. Dalla seconda metà dell’Ottocento (dopo la rivoluzione industriale) ha ottenuto il primato in Europa per la produzione e l’esportazione del filato – eppure, da oltre cinquant’anni, la seta in Italia non si produce più. Nel 2014 Daniela e il marito Giampietro Zonta, fondatori di D’Orica, scelgono la seta come filato da abbinare all’oro per la realizzazione di gioielli e manufatti personalizzabili. Nell’avviare il progetto, ricercano soluzioni per reperire e lavorare la materia prima nel territorio di appartenenza.

Lampoon  interview – Daniela e Giampietro Zonta, fondatori di D’Orica

«Arrivata in azienda, una mattina, è sorta in me la volontà di assemblare qualcosa di diverso. Avevo in mano del filato. Anche se il nostro tipo di clientela non dà valore al filo – quel che vuole è l’oro – ho iniziato a sperimentare. Con oro e filo ho creato tre o quattro prototipi, e li ho sottoposti al giudizio delle donne in azienda. Hanno approvato. Occorreva trovare un modo per rendere ‘made in Italy’ anche questa nuova produzione, per allinearla al resto». La coppia aveva varato la lana di cachemire, un filato che sulle prime pareva rispondere alle loro esigenze – e del quale sul territorio era presente un fornitore. La lana tuttavia poco si presta a essere indossata d’estate, nonostante si tratti di un materiale termoregolatore. La scelta è ricaduta sulla seta, la cui peculiarità, oltre alla resistenza, è la capacità di mantenere il fresco anche in estate. Materiale oggi impiegato soprattutto nel settore dell’arredamento (per realizzare tende o tappezzerie) e dell’abbigliamento, si apre la strada per l’utilizzo di questo filato nel campo dell’oreficeria.

«Serviva un filato che fosse paragonabile per pregio all’oro. Ci siamo rivolti al CREA di Padova, un centro bacologico. Si tratta dell’unico centro in Europa Occidentale che studia e conserva ilseme bachi. Abbiamo scoperto allora che la seta in Italia non si produceva più da oltre cinquant’anni». Il seme bachi è l’elemento di partenza della filiera serica. I bachi devono essere allevati a una temperatura e un’umidità specifica, e nutriti con foglie di gelso. Quando raggiungono lo sviluppo, formano il bozzolo. È da una proteina presente nel bozzolo che si otterrà il filo di seta con il processo di trattura.

Lavorazione della seta in filanda

Per realizzare questa operazione D’orica dall’unica filanda ancora esistente in Europa. Sono stati necessari due anni per mettere a punto l’intero processo produttivo, grazie alla preziosa esperienza di due persone friulane che per anni avevano lavorato in filanda i nostri ragazzi hanno imparato come fare la seta.  D’orica è riuscita a dare vita all’unica filiera serica italiana certificata. «Siamo riusciti a creare l’intera filiera sul territorio: il seme bachi viene incubato a Padova, i bozzoli vengono allevati nelle province di Padova e Treviso e la trattura viene fatta a Nove in provincia di Vicenza.  Della seta, puntualizza Giampietro Zonta, non si scarta nulla. «Dal bozzolo si ottengono due proteine: la fibroina, da cui si ottiene la seta, e la sericina, che può essere impiegata per prodotti cosmetici. La larva, invece, diventa cibo per animali. Gli escrementi dei bachi vengono riutilizzati come concime naturale». 

D’Orica – distretto dell’oro a Vicenza

Oggi, D’Orica conta 22 dipendenti, ed esporta il 92% dei suoi gioielli in oltre 25 Paesi del mondo. La sua nascita si colloca nel 1989, nel distretto orafo di Vicenza. D’Orica è stata la prima azienda orafa ad essere classificata come B Corp. Si tratta di una certificazione di sostenibilità attribuita dall’ente americano B Lab. Delle oltre 180 mila realtà che hanno fatto richiesta, 3000 sono riuscite a diventare B Corp, e solo un centinaio di queste si trovano in Italia. L’ostacolo nell’ottenere questa certificazione, per la famiglia Zonta, è stato dimostrare la provenienza dell’oro utilizzato nella realizzazione dei gioielli. Le banche con le quali collaborano, hanno provato che il 75% dell’oro utilizzato proviene da filiere sostenibili, che non sfruttano i lavoratori. L’obiettivo aziendale è di tracciare il 100% del metallo lavorato entro i prossimi due anni.

Altri requisiti che bisogna soddisfare per essere certificati come B Corp. Un’azienda non può limitarsi ad avere come proprio obiettivo il profitto, deve cercare di avere un impatto positivo sui propri collaboratori, sulla comunità in cui opera, e sull’ambiente. D’Orica collabora con le scuole del territorio – licei artistici e istituti professionali. Un esempio è stato il contributo del liceo artistico Canova di Vicenza: gli studenti, con la collaborazione del bio architetto Maurizio Signorini, hanno dipinto con temi naturali dei pannelli per l’isolamento acustico poi collocati all’interno dell’azienda, in modo da ridurre l’inquinamento sonoro da essa prodotto. Daniela ha commentato: «Ogni pannello rappresenta gli elementi della natura: è stato portato il mondo all’interno dell’azienda, in modo che le persone che lavorano all’interno godano dell’esterno». Il 48% dell’energia impiegata proviene da fonti rinnovabili, grazie anche all’impianto fotovoltaico collocato sul tetto dello stabilimento. Ad oggi, sono 147 le tonnellate di CO₂ risparmiate grazie all’approvvigionamento da fonti rinnovabili.

D’orica: sostenibilità

I signori Zonta con lo scrittore Alessandro Zaltron hanno pubblicato il libro Impresa (er)etica, parte della collana di Romanzi d’impresa® ideata dall’autore. Tutto il ricavato verrà devoluto alla fondazione composta da accademici e imprenditori, che avrà come finalità la formazione dei ragazzi sull’imprenditorialità a livello universitario e di scuole superiori.

Ilaria Aceto

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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