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Acqua: l’elemento alla base della vita, ma anche dell’industria

I pericoli dell’acqua rilasciata dalle industrie tessili e l’importanza del recupero. Il caso pratese di Marini Industrie nel rispetto dei fiumi 

Crisi dell’acqua di Flint

Per più di un secolo, il fiume Flint, che scorre nel cuore dell’omonima città del Michigan, è stato utilizzato per smaltire i rifiuti delle industrie locali che insistono sulle sue rive: fabbriche di carrozze e automobili, laboratori di lavorazione della carne, segherie e cartiere. Il corso d’acqua ha ricevuto anche acque reflue grezze, scarichi agricoli e urbani. Con l’evoluzione delle aziende lungo il fiume, anche l’economia della città si è evoluta. A metà Ventesimo secolo, Flint, città natale della General Motors, ospitava quasi 200mila persone, molte delle quali impiegate nell’industria automobilistica.

Gli anni Ottanta misero un freno a quel periodo di prosperità – l’aumento dei prezzi del petrolio e le importazioni di automobili portarono alla chiusura degli stabilimenti e al licenziamento degli operai. La città si trovò in declino: la popolazione di Flint è calata a 100mila persone, la per lo più afroamericane, e circa il 45 percento dei residenti vive al di sotto della soglia di povertà. Quasi una casa su sei è stata abbandonata. 

Il Michigan e le vittime dell’acqua contaminata

Nel 2011 Flint, a corto di liquidità e con un deficit di 25 milioni di dollari, finì sotto il controllo statale. Il governatore del Michigan nominò un commissario per tagliare i costi. Tra le misure adottate, quella sull’acqua potabile: per i residenti arrivò da Detroit, ma temporaneamente dal fiume Flint, mentre si portava a termine una nuova condotta idrica dal Lago Huron. Poiché l’acqua del fiume era corrosiva, i funzionari non riuscirono a trattarla e il piombo contenuto al suo interno fece sciogliere i tubi obsoleti di migliaia di abitazioni.

I residenti iniziarono a lamentarsi del colore giallognolo, dell’odore e del sapore. Uno studio condotto l’anno successivo dai ricercatori dell’Università Virginia Tech rivelarono il problema: i campioni raccolti da 252 case indicarono che i livelli di piombo in tutta la città erano aumentati, con quasi il 17 percento al di sopra del limite consentito federale di 15 parti per miliardo (ppb). Si diffuse un’epidemia di legionellosi che uccise 12 persone e coinvolse almeno 87 persone tra giugno 2014 e ottobre 2015.

Inquinamento delle acque dei fiumi

La crisi idrica di Flint è un esempio di utilizzo sconsiderato delle acque dei fiumi. Per decenni i corsi d’acqua sono stati utilizzati come discariche dove smaltire i reflui delle lavorazioni industriali. I nostri fiumi, laghi, acque marino-costiere e falde sotterranee sono stati inquinati da scarichi contaminanti. Attualmente, ai pericoli del passato se ne sono aggiunti di nuovi: dalle microplastiche ai residui delle creme solari, dagli antiparassitari agli antibiotici. Secondo lo studio di Legambiente H₂O – la chimica che inquina l’acqua in Italia circa il 60 percento dei fiumi e dei laghi non è in buono stato e molti di quelli che lo sono non vengono difesi adeguatamente.

Su dati del registro E-PRTR (European Pollutant Release and Transfer Register), l’associazione ambientalista ha calcolato che dal 2007 al 2017 le industrie hanno sversato, secondo le comunicazioni fornite dalle stesse imprese, 5.622 tonnellate di sostanze chimiche nei fiumi. Sono 130mila all’anno le tonnellate di pesticidi utilizzati in agricoltura. Una quantità di principi attivi e fitofarmaci si ritrovano in acque superficiali, il 67 percento, e sotterranee, il 33 percento. Altro rischio sanitario deriva dai contaminanti nelle attività agrozootecniche: una ricerca pubblicata dalla rivista scientifica The Lancet nel 2018 rivela che in Italia avviene un terzo delle 33mila morti all’anno nell’Ue da infezioni da AMR (agenti resistenti agli antimicrobici). Nel 2019 l’Agenzia Europea del Farmaco ha sottolineato come ci sia un uso di antibiotici sproporzionato nei nostri allevamenti: 1.070 tonnellate all’anno, il 16 percento dei consumi in Europa.

Marini Industrie, Prato

Marini Industrie, azienda nata nel 1945 a Prato, realizza tessuti per le aziende della moda. La produzione tessile necessita di acqua, per cui si sono resi necessari accorgimenti sul suo utilizzo: «Non abbiamo ‘processi a umido’ all’interno dell’azienda, – spiega Francesco Marini, Designer e Innovation manager –, ma i tessuti che realizziamo sono rifiniti dai partner che si trovano nel cuore del distretto tessile di Prato. Sul fronte della gestione delle acque, l’approvvigionamento per gli usi industriali del distretto deriva da un impianto di depurazione centralizzato unico in Europa, denominato Gida: è in grado di erogare quasi 5 milioni di metri cubi all’anno di acqua riciclata, al servizio delle aree industriali grazie a un apposito acquedotto che si estende per 60 chilometri».

Gida – sistema di depurazione

Il sistema centralizzato di depurazione Gida è formato da impianti collegati con le utenze domestiche e industriali da un una rete fognaria. Il processo depurativo degli impianti è biologico a fanghi attivi: si realizza nelle vasche un sistema controllato, che riproduce in un ambiente artificiale gli stessi meccanismi biologici che si verificano in natura per la purificazione delle acque inquinate da sostanze organiche biodegradabili. Di fatto, mescolando uno scarico da depurare con dei fanghi attivi in cui è presente un’alta concentrazione microbica, si ha lo stesso processo di autodepurazione che avviene in natura, ma con una velocità delle reazioni rapida e uno spazio minore.

L’approvvigionamento di acqua per usi industriali e civili, effettuato in massima parte dalla falda idrica attraverso i pozzi, ha determinato l’impoverimento di questa risorsa, che da sola non è più in grado di soddisfare le esigenze collettive. È possibile affrontare la carenza idrica, evitando di dover scegliere, in futuro, fra consumi civili e industriali. Gida gestisce l’impianto di affinamento di acqua depurata dell’impianto di depurazione di Baciacavallo. L’impianto può produrre cinque milioni di metri cubi di acqua l’anno. Annualmente vengono prodotti circa 1,5/2,00 milioni di metri cubi. La rete di distribuzione di si estende per tutta la città di Prato e la zona industriale di Montemurlo, dove è situato lo stabilimento di Marini Industrie.

Gruppo Marini, sede dell’azienda tessile

Dopo più di 70 anni, l’azienda tessile ha cambiato sede, costruendo un edificio ex novo nella zona industriale di Montemurlo a Prato: «Abbiamo concepito il nuovo stabilimento, in cui ci troviamo da circa un anno e mezzo, come uno spazio aperto e attento all’ambiente e alle condizioni di lavoro. Contiamo su un impianto fotovoltaico che copre il 100 percento del fabbisogno energetico dell’azienda. I tessuti – realizzati con materie prime certificate – sono spediti in tutto il mondo con imballaggi in materiali riciclati. Con l’obiettivo di promuovere la mobilità elettrica, abbiamo dotato il parcheggio dell’azienda di stazioni di ricarica per auto e moto. Il nuovo stabilimento ha una conformazione che permette di utilizzare al massimo la luce naturale in tutti gli uffici e un giardino pensile con cascata, alimentata da un sistema di ricircolo». 

Il Consorzio Italiano Implementazione Detox

Il gruppo Marini ha aderito nell’ottobre 2016 al Consorzio Italiano Implementazione Detox (CID): «Dopo esser stati tra i primi in Italia a sottoscrivere questo il protocollo insieme a Greenpeace – accordo che ha consentito di ripulire la nostra supply chain, escludendo dieci famiglie di sostanze ritenute non idonee – abbiamo scelto di unirci in consorzio per rendere il percorso da intraprendere più chiaro grazie alla possibilità di fare formazione, di richiedere consulenze e di lavorare alla ricerca di nuove tecnologie. È la prima volta che Greenpeace, grazie al dialogo con il comparto moda, ha preso parte a un comitato scientifico come quello costituito dal CID». Questo impegno dell’azienda del rispetto dell’ambiente pone un quesito.

Alessandro Mariani

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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