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Materioteca di Prato: una textile library che archivia anche le sperimentazioni

Abiti da tessuti rigenerati, batteri per la tintura: Il Museo del Tessuto ha inaugurato la textile library, un percorso formativo per capire come ci vestiremo domani 

Laura Fiesoli presenta la textile library del Museo del Tessuto

Una collezione di tessuti creata con la collaborazione di 44 aziende del settore. Nello statuto del Museo del tessuto non c’è solo la preservazione di pezzi storici, ma anche la ricerca nel campo dell’innovazione tessile contemporanea: «questo elemento ci distingue dagli altri musei d’Europa, come il Musée des Tissus Lione o il Victoria and Albert Museum di Londra. Non documentiamo solo una storia chiusa». Il rigenerato appartiene alla tradizione pratese sin dal Medioevo: «per ottenere un filo di un dato colore – rosa quello che Fiesoli ci presenta – si devono calcolare tutte le percentuali di queste mischie, mettendoci anche materia nuova – come ad esempio il 18% di poliestere»

Dal marrone, rosa e bianco di cimose e altri tagli nasce il filo rigenerato: «Il bilanciamento consente di ottenere la resa. Si risparmia sulla tintura, uno dei momenti più impattanti del processo tessile». Il mercato per anni ha snobbato questo procedimento, oggi alla base dell’economia circolare. Il cardato è uno dei materiali adatti al riciclo, tra gli altri il cotone, il denim e materiali plastici come poliestere e nylon. «Conduciamo ricerche anche sulle plastiche marine e oceaniche convertibili in poliestere per uso tessile», afferma Fiesoli.

La materioteca, o textile library, è una libreria tessile che raccoglie materiali eco sostenibili

«A dispetto del greenwashing imperante altrove, la nostra è una raccolta critica e supportata da ricerche», commenta Filippo Guarini, direttore del museo. La sezione Contemporanea del museo ha raccolto, catalogato e digitalizzato oltre duecento campioni tra filati, tessuti, materie prime e accessori che approfondiscono l’ecosostenibilità e l’innovazione nella ricerca della materia prima. «Bisogna fare attenzione e distinguere tra sperimentazioni e prodotti già commercializzabili, che hanno passato i test per iniziare un percorso di produzione», afferma Fiesoli. I cardati rigenerati sono un esempio di circolarità che può arrivare fino alla fase di produzione industriale, anche se «la rigenerazione esclude il rifiuto, perché si decide dall’inizio come progettare un certo tipo di prodotto». Sono ancora in fase di sperimentazione i tessuti ricavati dai miceli: «Questa è una finta pelle ottenuta da un fungo», spiega Fiesoli inquadrando un tessuto che potrebbe sembrare a metà tra la pelle e lo scamosciato. 

La libreria contiene anche tessuti simili al paille, che si degradano velocemente nell’acqua

«Si può rendere il nylon e un elastomero biodegradabile. Questo eco-paille è già venduto ad alcune aziende di sportswear. Questi prodotti non rilasciano materiale plastico nell’acqua e sono biodegradabili anche in acqua marina», spiega Fiesoli. Sono in fase di produzione o sperimentazione alternative alla tintura chimica e industriale. «Si parla di tintura con batteri: si tratta di bioingegneria applicata», spiega Fiesoli mostrando due piccoli panni color carta da zucchero. «Si trasferiscono porzioni di dna di sostanze cromofore presenti in natura all’interno di colture batteriche che servono a tingere il tessuto. Questo significa produrre il colore senza colorante. Il colore tiene, i test lo dimostrano». Il costo è più elevato. «Il cardato rigenerato pratese è sul mercato a prezzi accessibili, che aumentano se aggiunto questo valore», spiega Guarini. 

L’idea della materioteca nasce nei primi anni Duemila, ma si è concretizzata con un percorso archivistico e sensoriale dedicato a tutti i visitatori per soddisfare sia uno spunto formativo per gli studenti di moda, che educativo per il grande pubblico. Il progetto è stato finanziato dal Ministero dell’Istruzione e da donazioni private con un co-finanziamento triennale da 26 mila euro. Il contributo del Miur è arrivato per contribuire alla vocazione formativa del museo, che ogni anno (prima della pandemia), accoglie circa duecento classi di studenti. Il lavoro di catalogazione, archiviazione e ricerca del Museo avviene in sinergia con il territorio. Il distretto tessile pratese è il più grande d’Europa, con circa 7000 aziende nel settore moda, di cui 2000 solo nell’industria tessile. Le 44 aziende che hanno contribuito alla materioteca sono in gran parte locali e hanno investito in autonomia nella ricerca di soluzioni alternative ai processi produttivi tradizionali. «L’editing lo facciamo noi, visitiamo le aziende, capiamo come lavorano, decidiamo che cosa inserire nella nostra collezione per raccontare una storia»

L’ecosostenibilità del settore tessile-abbigliamento

L’ecosostenibilità del settore tessile-abbigliamento è più richiesta dal mercato, ma si tratta ancora di una nicchia, perché il sistema si regge soprattutto sulla logica del fast fashion. «Occorre lavorare sulle filiere corte, delineare gli impatti sociali: nel caso delle filiere distrettuali, questo rende possibile anche la redistribuzione del reddito», ha spiegato Valerio Barberis, assessore all’urbanistica del Comune di Prato. La conversione della filiera tessile richiede investimenti programmatici e non può prescindere dai grandi gruppi: «Aziende come Zara e H&M hanno trovato nel distretto pratese un interlocutore per la lana rigenerata. Attenzione alle produzioni che si concentrano solo sulle capsule collection, perché spesso hanno rilevanza solo sulla comunicazione», afferma l’assessore, che sta lavorando al documento Prato circular economy. «Abbiamo chiesto una serie di finanziamenti legati al Recovery Fund, per la traccia ambientale del prodotto, per il costo di smaltimento, l’iva sul riuso. Abbiamo anche previsto incentivi che possono essere messi in campo per la costruzione di nuovi macchinari 4.0»

Laura Fiesoli è responsabile della sezione Contemporanea del Museo del tessuto di Prato

Le aziende del distretto pratese, circa duemila, hanno posato la prima pietra verso il tessuto del futuro: «Abbiamo un distretto alle spalle, operante e attivo anche a livello internazionale. Siamo molto aperti alla collaborazione con questo mondo. L’esigenza è di fare ricerca in maniera strutturata di cose che abbiamo già fatto in passato, venendo incontro esigenze anche del mondo della formazione», afferma Guarini. Con le parole di Fiesoli: «Tutto si può fare, direbbe Frankenstein junior».

Mr & Mrs Clark, Ossie Clark and Celia Birtwell | Fashion and Prints 1965-74

Geometrie stilizzate, bouquet floreali e fantasie ispirate all’arte (dalle tappezzerie medievali ai Ballet Russes fino a tutte le avanguardie cubiste, pointillisme), il linguaggio di Ossie Clark ha definito la Swinging London con i suoi abiti fluidi. Partendo da un primo importante nucleo di abiti provenienti dalla collezione e archivio di Massimo Cantini Parrini, il Museo del Tessuto di Prato e la Fondazione Sozzani dedicano a partire da settembre 2022 un’ampia retrospettiva per raccontare la creatività di queste due figure. Rari capi provenienti dalle collezioni private di Celia Birtwell da Londra e Lauren Lepire da Los Angeles completano la ricerca museale.

Con il patrocinio della Camera Nazionale della Moda Italiana, la mostra sarà inaugurata il 16 settembre al Museo del Tessuto di Prato per arrivare a gennaio a Milano alla Fondazione Sozzani. Il percorso non presenta solo una serie di abiti con le stampe iconiche di Ossie e Celia, ma intende raccontare il contesto e l’evoluzione del designer, dalla boutique Quorum di Chelsea, frequentata dalla gioventù della scena londinese alle performance, tramite una serie di video, foto ed editoriali d’epoca, memorabilia, schizzi e riproduzioni dei disegni, fino a una video intervista con la stessa Celia Birtwell.

Emanuela Colaci

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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