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Paulownia: legno, lotta allo smog e medicina

Interventi pubblici di piantumazione di Paulownia in Italia: a Varese, Padova e Ariccia si impiega la pianta che assorbe lo smog, si autorigenera, arriva a dodici metri in tre anni

In Cina, dove è nata, è simbolo di prosperità e felicità: per questo l’uccello della Fenice – tra tutte le piante – si posa solo sui suoi rami

In Giappone la chiamano Kiri, che significa ‘Vita’. Al suo arrivo in Europa, importata dalle navi della Compagnia Olandese delle Indie Orientali, a inizio 1800. A lungo nel vecchio Continente, l’albero di  Paulownia è utilizzato nei giardini privati e nelle grandi città – Parigi per prima – a scopo decorativo e ornamentale. Della Paulownia, a due secoli dal suo arrivo in Europa, se ne apprezzano le proprietà fisiche e chimiche: assorbe lo smog, si autorigenera, è l’albero che cresce più velocemente al mondo, ha proprietà antinfiammatorie.

Philipp Van Siebold, medico e botanico tedesco inviato in Giappone al servizio dell’esercito olandese, la importò in Europa. Durante la sua permanenza a Deshima, isola costruita dallo shogun Togukawa Iemitsu al fine di ospitare gli insediamenti commerciali dei Paesi Bassi, scoprì la pianta e, coltivandola nel suo giardino, rimase affascinato dalla sua rapida crescita. Rientrato in Europa si mise alla ricerca di qualcuno che potesse fornirgli i fondi necessari alla pubblicazione di una serie di manuali di botanica frutto della sua avventura orientale. Fu Anna Pavlovna, figlia dello zar Poalo I, poi moglie di Guglielmo II d’Olanda, ad accordarglieli. Per sdebitarsi, le dedicò il nome della pianta, con cui la conosciamo ancora oggi. 

Associata alla figura dell’uccello capace di rinascere dalle proprie ceneri dopo la morte, veniva piantata in Cina nei pressi delle case dalla popolazione, nella speranza di attirare l’uccello e assicurarsi prosperità

Oltre le leggende (i primi documenti sul suo utilizzo risalgono al 200 a.C.), è una delle sue proprietà fisiche ad accomunarla alla Fenice. Spiega il dottor Daniele Berruti – cofondatore e responsabile Ambiente, amministrazione e comunicazione dell’Associazione no profit Paulownia Piemonte: «Quando viene tagliata alla base, rasoterra, l’albero di Paulownia ricresce in maniera spontanea. È autorigenerante. Non ha bisogno di essere ripiantato appena viene tagliato. Con conseguenze sui fenomeni del disboscamento e della deforestazione».

Si utilizza il metodo del ‘taglio tecnico’: si seleziona il pollone più forte che cresce inglobando la parte di tronco rimasta dal precedente taglio, dando l’opportunità di riprendere il processo di arboricoltura senza dover acquistare nuove piante come avviene invece per altre specie produttrici di legno, come il pioppo, dove andrebbero rimosse anche le radici, comportando costi più alti e tempi più lunghi per le lavorazioni. Può arrivare a un’altezza di 30 centimetri in tre settimane, a sei metri entro il primo anno di vita e a dieci o dodici metri in tre anni. 

«Il legno di Paulownia è tra i più leggeri al mondo. Pesa circa 300 chili a metro cubo. È anche tra i più resistenti. La richiesta in Italia è cresciuta, e le industrie interessate a utilizzarla devono rivolgersi alle filiere internazionali, cinese e statunitense. La produzione nazionale, a oggi, non riesce a soddisfare la domanda». Un solo albero piantato può produrre più volte la stessa quantità di legno che altre specie riuscirebbero a offrire solo con la piantumazione di diversi alberi. Il legno di quest’albero ha un colore chiaro, che varia dal giallo-miele al grigio, apprezzato per il suo valore estetico, ma non solo. La particolarità sta nel fatto che si infiamma a 420 °C: brucia con difficoltà. Per questo è più sicuro di quello di altri arbusti e viene utilizzato per la costruzione di saune, bare, mobili, roulotte, strumenti musicali e case in legno.

La superficie di una foglia di Paulownia può arrivare a una grandezza di 75cm

È ricoperta da una peluria – il tomento – che assorbe le particelle di fumi, di inquinanti – come il pm10 – e di anidride carbonica nell’aria. Durante la fotosintesi, producono dalle tre alle quattro volte più ossigeno che qualsiasi altra specie di albero. Un ettaro di Paulownia è in grado di assorbire dalle 28 alle 32 tonnellate di CO2 all’anno. Ogni singola pianta, dai 32 ai 36 kg.

«Spesso le aziende decidono di compensare le emissioni di gas serra attraverso politiche di riforestazione scegliendo la Paulownia», continua Berruti. Sono stati avviati progetti pubblici nel 2020 a Padova e a Varese. Lo scorso settembre, con la collaborazione di Paulownia Piemonte, l’assessore per il Verde Laura Rogora ha avviato la messa a dimora di centodieci alberi. In Emilia Romagna, tra le specie scelte dei quattro milioni di alberi che andranno piantati in tutta la Regione, figura anche la Paulownia. Così anche tra quelli del progetto di forestazione Centomila Alberi che ha da poco preso il via in Piemonte. 

Ad Ariccia è stato deciso di piantare alberi di Paulownia contro lo smog

Non senza polemiche. Promosso dal candidato sindaco Emilio Tomasi, il progetto – parte del più ampio esperimento Ossigeno, patrocinato e finanziato dalla Regione Lazio – è stato criticato dal concorrente alle comunali Emilio Cianfanelli, perché per crescere la pianta avrebbe bisogno di una quantità di acqua più alta di altre specie, con conseguente spreco di risorse idriche.

«La disputa è più politica. Bisogna distinguere tra coltivazione per produzione di reddito e piantumazione in ambito urbano», spiega Berruti. «Se parliamo di reddito dobbiamo creare tutte le condizioni possibili per aumentare la produzione. Con poca acqua, la pianta crescerà più lentamente e non renderà il massimo profitto. In ambito urbano è sufficiente irrigarla una o due volte a settimana per i primi tre anni. L’apporto idrico va valutato sul lungo termine: se in 3 anni una Paulownia arriva a 10-12 metri, al terzo anno avrà bisogno di meno acqua rispetto ad altri alberi. Lo dimostra il fatto che un progetto di piantumazione di Paulownia è stato avviato a Baharia, in Egitto, nel Deserto del Sahara. Oltre a sottolineare come la pianta riesca a crescere in diverse condizioni climatiche, dimostra anche che il consumo idrico richiesto non è poi così alto».

Al di là della lotta all’inquinamento, per le grandi città ospitare la Paulownia è utile, secondo Berruti, «Anche per un fattore climatico. Gli alberi sono grandi, le foglie larghe: riesce a ombreggiare l’asfalto e abbassare la temperatura. A Parigi è presente in gran numero da secoli. A Torino ne stiamo piantando molte. Potrebbe essere un’opportunità per molti altri centri urbani».

In medicina in Cina, Giappone, Laos e Vietnam, da secoli è utilizzata a scopo terapeutico per combattere l’invecchiamento della pelle e prevenire la caduta dei capelli

Anche in Occidente gli studi ne confermano le virtù curative. Marcello Merlino, altro cofondatore di Paulownia Piemonte e facilitatore scientifico, spiega che «La Paulownia è utilizzata per curare le affezioni delle vie respiratorie superiori, perché naturalmente ricca di flavonoidi, composti antinfiammatori che è stato dimostrato agiscono sulla replicazione di alcuni virus nell’organismo umano. Tra questi anche il Sars CoV-1, del quale riesce a inibirne la proteasi, come è sottolineato in uno studio del 2013, oggi più attuale che mai nell’ambito delle ricerche per combattere il Covid-19, con cui il Sars CoV-1 condivide diverse caratteristiche».

I flavonoidi sono presenti in vari tessuti dell’albero di Paulownia: nelle foglie, nella corteccia e nei tessuti vascolari. Dai fiori della pianta si può estrarre una varietà di miele, più diffusa in Asia – dove la presenza della Paulownia è più radicata – e più rara in Europa. Come spiega Merlino, l’assunzione di questo miele potrebbe rivelarsi una sorta di antibiotico naturale, perché i flavonoidi presenti nelle diverse componenti della pianta vi rifluirebbero dentro creando così un prodotto naturale senza bisogno di lavorazione in laboratorio.

Prosegue Berruti: «Gli alberi sono fonte di nutrizione per l’allevamento animale. Dalle foglie, ricche di minerali come calcio, fosforo, zinco e ferro, si produce una farina il cui apporto proteico è molto alto. Proprio per l’alta concentrazione di proteine presenti, si può così dimezzare il quantitativo di alimento necessario a raggiungere l’apporto nutritivo richiesto. Migliora inoltre la flora intestinale dell’animale: si va a immunizzarlo, nutrendolo allo stesso tempo».

Viene considerata invasiva: un albero maturo produce in un solo anno venti milioni di piccoli semi alati che vengono trasportati lontano dal vento, rischiando di infestare terreni e alberi di altre specie. Esistono sei specie della famiglia della Paulownia: l’Elongata, la Fargesii, la Fortunei, la Taiwaniana, la Kauakamii e la Tomentosa. Quest’ultima, dice Berruti, l’unica a essere infestante. «Il problema dell’invasività della Paulownia è oggi un falso mito, ormai superato. La maggior parte delle piante oggi diffuse sono ibridi, cloni sterili ottenuti con la micropropagazione in vitro. Sono sicure e non infestanti».

Giacomo Cadeddu

L’autore non collabora, non lavora né partecipa, non riceve compensi né finanziamenti, da alcuna azienda o organizzazione che possa ricevere vantaggi economici o di sorta dalla pubblicazione di questo articolo.

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