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Può un uomo bianco etero cisgender essere femminista? Parla Lorenzo Gasparrini

Il femminismo deve essere radicale, altrimenti è capitalismo: nel suo pamphlet il filosofo Lorenzo Gasparrini traccia 27 code di paglia per altrettante tipologie di maschilisti

Ci scalderemo al fuoco delle vostre code di paglia è il pamphlet di Lorenzo Gasparrini, edito da D Editore

«Da quando sono studente» – racconta Lorenzo Gasparrini, autore del volume Ci scalderemo al fuoco delle vostre code di paglia, edito da D Editore e di recente uscita – «mi è parso chiaro come in accademia ci fosse un’opposizione politica ai discorsi femministi. Non si trattava di differenze di opinione o di argomenti d’interesse, li avrei compresi. Notavo un vero e proprio ostruzionismo a qualsiasi filosofia femminista. Questo mi ha indotto a volerne sapere di più, e a farne il mio campo di studi e di lavoro».

Antisessisti sì, ma femministi mai

Tra le varie ‘code di paglia’ che Lorenzo Gasparrini elenca nel suo libro, ce n’è una che riguarda gli ‘antisessisti sì, ma femministi mai’: quelle persone che «si comportano come femministə, agiscono come femministə, pensano come femministə o credono a molte cose condivise da tanti femminismi, ma detestano la parola femminismo, gli fa schifo».

Oggi il termine ‘femminismo’ spaventa «soprattutto per ignoranza», sostiene Gasparrini. «Malgrado il lavoro di divulgazione e diffusione di tanti gruppi di femministe, e malgrado la storia del femminismo italiano, vige il pregiudizio che il femminismo è ‘divisivo’, ‘estremista’, ‘un fanatismo’ e sciocchezze del genere. Molti ancora immaginano il femminismo come il corrispettivo femminile di ‘maschilismo’».  

Per l’autore la colpa di questa ignoranza è soprattutto della scuola, «che non parla mai di questi temi» e dei media, «che ancora raccontano le lotte femministe in maniera distorta e faziosa».

Lorenzo Gasparrini: non esiste solo un tipo di femminismo

In un’intervista sul sito Slow News, l’attivista e autrice statunitense Jessa Crispin sostiene che il femminismo deve essere radicale, altrimenti è capitalismo. La blogger intende dire che il femminismo non può essere morbido e conciliante con il potere, visto che il suo scopo è rivoluzionare la società nel profondo. 

«Il femminismo radicale ha una radice storica», spiega Gasparrini «che dev’essere considerata e rispettata, ma esistono molti più femminismi di quante polarizzazioni si vogliono fare. Immaginare tutte le rivoluzioni solo come ‘prese della Bastiglia’ fatte di sangue e distruzioni è un altro mito patriarcale che serve a immaginare le rivoluzioni come impossibili. Non è così».

Per Lorenzo Gasparrini anche gli uomini sono vittime del patriarcato

Lorenzo Gasparrini scrive di essere stato criticato in quanto ‘uomo bianco etero cisgender’ che parla di femminismo e di discriminazioni che non lo riguardano in prima persona. Secondo Gasparrini, però, «un femminismo dal quale mi posso sottrarre perché non mi riguarda in quanto uomo bianco etero cisgender, sarebbe un femminismo povero e inutile. Mi riguarda sia come attore di oppressioni di ogni tipo, sia come vittima di tutta una serie di ingerenze patriarcali nella mia vita che non ho scelto e che mi sono imposte. Non devo fare paragoni, ovviamente, ma neanche fare finta che il patriarcato a me non chieda un prezzo salato».

Parlare di femminismo fa diventare più ricchi?

Un’altra delle accuse che vengono mosse spesso alle attiviste femministe, e quindi anche a Gasparrini, è quella di sfruttare le tematiche femministe per arricchirsi. Oggi il femminismo è diventato un tema d’interesse globale e anche i social media e molte aziende hanno iniziato a interessarsi alla causa, con l’intento di monetizzarci sopra. L’opinione pubblica si è divisa in due macro-categorie: chi pensa che attivismo e guadagno dovrebbero essere slegati e chi ritiene, invece, che potrebbero e dovrebbero coesistere.

«Qualcuno immagina che facendo il formatore in azienda su temi femministi io mi possa permettere un jet privato o ville in giro per il mondo. Sarebbe il caso di piantarla con queste fantasie patriarcali. Assicuro che, per quanto possa essere pagato per fare ore di formazione a un pubblico prevalentemente maschile, che parte già molto prevenuto nei miei confronti e nei confronti di quello che dico, ‘arricchirsi’ per me significa altro».

L’inesistente emergenza del politicamente corretto

Un comico italiano, che cita senza fare il nome tra le ventisette code di paglia esaminate nel libro, ha detto in un’intervista: ‘Tanti miei colleghi cominciano ad averne le palle piene de ‘sto politicamente corretto’ e che ‘[il politically correct, ndr] sta diventando un po’ una patologia’. Gasparrini non è affatto d’accordo con questa tesi: «È una falsità sostenuta e raccontata proprio da chi non ha voglia né di confrontarsi con la complessità delle nostre strutture sociali, né di ammettere che dovrebbe aggiornarsi nel suo mestiere. Le dittature sono qualcosa di differente da soggettività che manifestano un problema esistenziale e sociale nella lingua condivisa. Mi sembra più dittatoriale la posizione di un famosissimo uomo ricco con un seguito di milioni di persone che pontifica di cose che non conosce».

La riscrittura delle opere del passato: un’emerita cretinata

In tv e sui media il politicamente corretto è applicato anche a tematiche Lgbtq+, femminismi, inclusività e comunità queer. Un esempio riguarda la riscrittura dei libri di Roald Dahl o i rifacimenti dei classici Disney o del cinema, riadattati alla sensibilità contemporanea. Per il filosofo femminista «sia modificare qualche edizione di classici del passato, sia riempire di ipocriti disclaimer quelle opere nate in altri contesti culturali è un’emerita cretinata. Lo si fa perché educare a sensibilità più impegnative e formare migliaia di persone – un pubblico – a vedere il mondo con occhi meno discriminanti è più difficile. Allora inventiamoci le edizioni fintamente edulcorate e le avvertenze prima dei contenuti discriminatori, costerà sempre meno che rendere il pubblico più capace di senso critico».

L’illusione del patriarcato che avvantaggia gli uomini

Molti detrattori del femminismo, come riporta anche Gasparrini nel suo pamphlet, sostengono che la società di oggi, in realtà, svantaggia anche gli uomini quando per esempio affida loro i lavori fisicamente più pesanti o quando li spedisce al fronte per combattere la guerra. Perché un sistema patriarcale, basato sul predominio maschile, dovrebbe svantaggiare anche gli uomini?

«Per poterli sfruttare. Il sistema patriarcale, come tutti i sistemi di potere verticistici, non svantaggia tutti gli uomini, ma la maggior parte, vendendogli dei contentini, delle illusioni irraggiungibili, creando gerarchie precise in modo che la maggior parte degli uomini, credendo di difendere la loro natura maschile, mantengano saldo quel sistema di potere che avvantaggia i pochissimi al vertice. I più si ammazzano di lavoro, non curano la loro salute, vivono malamente i loro desideri affettivi e sessuali, credendo che quello sia il loro destino. Non si chiama destino, si chiama patriarcato».

Il rispetto per le persone trans passa anche dal linguaggio

Pochi giorni fa Bruna, una donna trans brasiliana è stata presa a manganellate da alcuni poliziotti in servizio a Milano. In quel caso, ogni testata media e personalità politica ha definito la vittima con pronomi o appellativi diversi: c’è chi l’ha definita “uomo trans”, chi “donna trans”, chi solo “uomo”, chi si è riferito a lei solo al maschile, chi solo al femminile. Nonostante i corsi di formazione e le istanze dei movimenti e degli attivisti Lgbtq+, i media continuano quindi a non utilizzare – con o senza malizia – i pronomi e il genere corretto per le persone trans.

«Le persone trans vanno chiamate come loro vogliono essere chiamate. Bruna è una donna e va chiamata al femminile, come qualsiasi altra donna. I media non fanno fatica, perché si sono dati regole che seguono con oculatezza per molte altre categorie (minori, carcerati, ecc.). È diverso: i media decidono di non adottare queste accortezze perché non vogliono subire critiche da parte di un’opinione pubblica italiana per la maggior parte ancora transfobica e perché hanno rinunciato da tempo a qualsiasi responsabilità educativa nei confronti del loro pubblico».

Il movimento TERF: una minoranza a cui viene data troppa importanza

A proposito di odio verso le persone trans, negli ultimi anni la scrittrice J.K. Rowling è finita più volte al centro di bufere mediatiche per via delle sue posizioni transfobiche espressione del movimento ‘TERF’ (trans-exclusionary radical feminist). Per questo motivo, alcuni movimenti e alcune attiviste femministe hanno chiesto di boicottare i suoi libri e le sue nuove opere. 

Un atteggiamento che rischia di essere controproducente: «la polemica ha senso se indirizzata verso un bersaglio politico, non verso quello letterario. Boicottare le opere di Rowling non serve a nulla, è già ricca – a proposito di arricchirsi – e famosa perché sa scrivere molto bene. Quelle che vanno boicottate sono le sue scritture politiche: non ha alcun merito particolare in quanto opinionista di questioni di genere o sociali, delle quali non sa esprimere nulla se non una posizione essenzialista e transfobica. Posizione che appartiene a tempi e luoghi per fortuna abbondantemente superati, e ormai riconosciuti come discriminanti e non ammissibili in un contesto democratico. Come sta accadendo in altre occasioni, il discorso TERF e il movimento che lo anima è riconosciuto come del tutto risibile, anche se spesso sostenuto da donne – e uomini- in posizioni sociali visibili, elevate e a loro modo potenti».

Le shitstorm non sono tutte uguali

Le campagne di boicottaggio e le gogne mediatiche sui social sono all’ordine del giorno. Gasparrini sostiene che le shitstorm non sono tutte uguali e che bisogna distinguere i casi in base alla posizione di potere e di privilegio occupati dalla persona al centro della gogna. Rischia di più quando si espone pubblicamente rispetto a una persona qualunque «perché può essere facile bersaglio di diverse discriminazioni, che possono sommarsi a formare una “tempesta perfetta” dannosa anche per la sua salute. Alzare una shitstorm contro una personalità politica che esprime posizioni discriminanti provoca precise conseguenze, ma che raramente colpiranno la sua salute mentale o fisica – spiega – mentre una shitstorm contro un’attivista femminista può provocarle conseguenze personali. Dovrebbe essere una considerazione sulle reali posizioni di potere a farci capire gli effetti di comportamenti sociali in rete, e farci prendere le decisioni sensate».

Schwa: il linguaggio inclusivo che spaventa i puristi

Nel pamphlet è presente in diversi punti lo schwa (ə), carattere dell’Alfabeto Fonetico Internazionale (IPA) utilizzato per un linguaggio il più possibile inclusivo e non discriminatorio, al centro di numerose polemiche. L’anno scorso il linguista Massimo Arcangeli ha lanciato una petizione che ha raccolto più di 23.500 firme, tra cui quelle di diversi studiosi, contro l’utilizzo dello schwa in ambito istituzionale o accademico. 

«Si tratta di una forma di ignoranza rispetto a problemi sociali seri. Spiace dover dire a tantə linguistə che hanno scambiato la causa con l’effetto, ma la proposta dell’uso dello schwa arriva da chi ha problemi sociali ed esistenziali enormi, e non da chi ha come primo problema modificare l’italiano parlato e scritto. Di quest’ultima cosa probabilmente non importa nulla a chi ha problemi di autorappresentazione nella lingua che parla, nella letteratura che legge, nei media che adopera. Che questa ignoranza sia conseguenza di non sapere cos’è il patriarcato e che conseguenze – anche linguistiche – provoca, è cosa nota. Dovrebbero interessarsene di più anche moltə linguistə».

Perché i maschilisti dovrebbero leggere questo libro

Questo pamphlet si rivolge esplicitamente agli uomini bianchi etero cis maschilisti, ma li critica anche molto aspramente, sostenendo che questa sia la categoria più refrattaria all’ascolto e al confronto, e che non vuole cedere di un passo sui propri privilegi. Perché, allora, dovrebbe convincersi a leggerlo?

«Ho scritto questo libro per avvertire molti uomini che la consapevolezza sociale su questi argomenti sta salendo, e non possono più fare finta di nulla. Possono anche non essere convinti di ciò, ma sarebbe comunque il caso di rendersi più responsabili».

Lorenzo Gasparrini

Lorenzo Gasparrini è nato a Roma nel 1972. Filosofo di formazione e specializzato in studi di genere, da anni è impegnato nella divulgazione del pensiero femminista, con un’attenzione particolare ai maschilismi. Conduce seminari, workshop e laboratori in università, centri sociali, aziende, scuole, sindacati, ordini professionali, gruppi autorganizzati. È autore di numerosi saggi, tra cui Non sono sessista, ma… Il sessismo nel linguaggio contemporaneo (TLON, 2019), Perché il femminismo serve anche agli uomini (Eris, 2020), e il suo ultimo pamphlet, Ci scalderemo al fuoco delle vostre code di paglia (D Editore, 2023).

Alessandro Mancini

Alessandro Mancini

Classe 1993, giornalista freelance e divulgatore culturale. Laureato in Editoria e Scrittura presso l'Università La Sapienza di Roma, tra il 2018 e il 2020 è stato direttore editoriale della testata online Artwave.it, specializzata in arte e cultura contemporanea. Scrive su diverse testate cartacee e online (Rolling Stone Italia, TPI, l’Espresso, RomaToday). Si occupa principalmente di cultura contemporanea, lavoro, diritti civili e disuguaglianze

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